Scienze Scienze Riccardo Oldani

Vino e mal di testa? Tutta colpa delle ammine biogene

Vino e mal di testa? Tutta colpa delle ammine biogene

Un difetto abitualmente attribuito all’aggiunta di solfiti, secondo gli studi della Master of Wine neozelandese Sophie Parker-Thompson, è invece causato da sostanze metaboliche come l’istamina, la putrescina o la tiramina. Per inibirne lo sviluppo basterebbe una piccola aggiunta di solforosa prima della fermentazione alcolica. Un’evidenza scientifica che ha aperto un acceso dibattito tra esperti e produttori.

E se la solforosa non c’entrasse per nulla? Se non fosse affatto la responsabile dei mal di testa o di altre reazioni, come rash cutanei o nausea, che finora le sono stati attribuiti nei casi di intolleranza al vino di cui soffre una percentuale ridotta (il 10%), ma pur sempre significativa, di consumatori? Il dubbio c’è sempre stato tra gli addetti ai lavori, anche se sotto traccia, più che altro perché gli studi clinici attribuiscono all’anidride solforosa (SO2) effetti a carico del sistema respiratorio e non cefalee.

ammine biogene
La Master of Wine neozelandese Sophie Parker-Thompson, autrice di uno studio sui rapporti tra solforosa e contenuti di ammine biogene nel vino che sta facendo discutere

Uno studio che fa discutere

Ora però l’argomento è diventato di attualità nel mondo del vino per effetto degli studi di Sophie Parker-Thompson, esplicitati in un breve trattato (scaricabile a questo link) che le è servito come tesi conclusiva per diventare a tutti gli effetti Master of Wine. Il titolo del suo lavoro, “What is the relationship between the use of sulphur dioxide an biogenic amine levels in wine?” pone un quesito retorico. Parte cioè dalla domanda di quale sia la relazione tra l’uso di anidride solforosa e i livelli di ammine biogene nel vino per sostenere non solo che, in sostanza, non esiste; ma anche che sono queste ultime molecole, tra cui l’istamina, la putrescina, la tiramina, a essere le vere responsabili dei mal di testa di cui si soffre dopo il consumo di certi vini.

Sostanze cattive note da tempo

Le ammine biogene sono conosciute per causare questi effetti negativi dopo il consumo di tutta una serie di alimenti, in cui si producono per effetto dell’azione di certi batteri. Si formano in seguito a una normale attività metabolica e se superano certi livelli possono essere tossiche e fastidiose, oltre a indicare la perdita di qualità dell’alimento (del resto, il termine putrescina con cui è nota una di queste sostanze, dice chiaramente di che cosa stiamo parlando). Si sa da sempre che non fanno bene, se la loro presenza è eccessiva; eppure tutta una serie di fattori, osserva Sophie Parker-Thompson, ha portato a individuare nella solforosa il capro espiatorio.

La solforosa le combatte

Il lavoro della Master of Wine neozelandese è stato ripreso in varie sedi. Pure dalla nota esperta Jancis Robinson nel suo blog (per esempio qui), anche perché le sue conclusioni non si limitano a quanto vi abbiamo appena riportato. La ricerca si spinge oltre e come spiega la stessa Parker-Thompson, «ha evidenziato che una piccola aggiunta di anidride solforosa al mosto prima che inizi la fermentazione alcolica, in una dose di 30 parti per milione, è sufficiente per rendere l’ambiente ostile ai batteri che producono le ammine biogene. Questa sola azione consente poi al winemaker la libertà stilistica di impiegare tecniche che sono sempre state identificate come favorevoli all’aumento delle ammine biogene, come la fermentazione malolattica, la macerazione sulle bucce e la maturazione sui lieviti».

Il paradosso dei vini low SO2

Emerge quindi una verità paradossale. I vini senza solforosa aggiunta, nati proprio per evitare l’insorgere dei tanto fastidiosi mal di testa, in realtà sarebbero proprio quelli con i livelli più elevati di ammine biogene; e, quindi, quelli più in predicato di causare proprio quelle reazioni che vorrebbero evitare.
Parker-Thompson però precisa una cosa, anche alla luce di una serie di polemiche sorte nel corso del dibattito sul suo studio. Il cui scopo non è polemizzare contro chi produce vini “naturali”, uno stile molto di moda oggi, ma semplicemente mettere in risalto il ruolo negativo delle ammine biogene, che è facile tenere sotto controllo con un semplice intervento in fase di vinificazione (l’introduzione di minimi quantitativi di solforosa prima della fermentazione alcolica).

Tanto lavoro ancora da fare

«Quello che ha motivato il mio studio, in prima istanza», scrive Parker-Thompson, «è l’assenza di dati sui contenuti di ammine biogene nella sempre più folta categoria dei vini a zero o basso contenuto di solforosa, così come la mancanza di osservazioni sugli effetti che hanno i tempi di introduzione della solforosa sullo sviluppo di queste sostanze nel vino. Le mie analisi hanno indicato che i vini a zero o basso contenuto di solforosa contengono i livelli più elevati di ammine biogene», su valori definiti dalla studiosa “preoccupanti”.
In realtà di studi da fare ce ne sono ancora molti, anche perché l’ecosistema che caratterizza l’evoluzione dei vini è estremamente complesso e i rapporti ed equilibri tra sostanze ancora da indagare nel dettaglio.

Non esistono soluzioni definitive

Ma il lavoro della Parker-Thompson ci mette in guardia su un semplice aspetto; attenzione a proporre e proclamare soluzioni definitive per questo o quel difetto del vino. Qui parliamo di un prodotto talmente complicato, e con così tanti passaggi nel processo di produzione, che richiede ancora un enorme sforzo di comprensione e conoscenza. La verità in tasca, nell’intricato mondo del winemaking, non ce l’ha nessuno.

Foto di apertura: © L. Bieri – Pixabay

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© Riproduzione riservata - 10/11/2021

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