In Italia In Italia Matteo Forlì

Vignaioli indipendenti, un ritratto in numeri firmato Nomisma

Vignaioli indipendenti, un ritratto in numeri firmato Nomisma

Sostenibili, orientati a produzioni di qualità e in prima linea nell’enoturismo. Ma anche in difficoltà nella gestione dei costi e frenati dalla burocrazia. L’identikit degli associati di Fivi tracciato da Nomisma Wine Monitor.

Spesso interpreti della ricchezza ampelografica italiana, in molti casi gestori di attività riqualificatrici del territorio e, altrettanto di frequente, in prima linea sui temi della sostenibilità e capaci di offrire risvolti positivi a livello socio-occupazionale. Ma che ancora incontrano criticità nella gestione dei costi e l’efficienza aziendale, complici i freni della burocrazia. È il ritratto dei Vignaioli indipendenti che emerge dalla ricerca realizzata da Nomisma Wine Monitor sul modello di Fivi (la Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti). Un paradigma che, dice la società di ricerca specializzata, descrive «una filiera totalmente integrata, dalla vigna alla cantina, alla commercializzazione dei propri vini» che rappresenta una ricchezza per il settore vitivinicolo, a sua volta «un indiscutibile punto di forza per il Sistema Paese». Ma che ancora incontra difficoltà nella gestione dei costi e dell’efficientamento dell’organizzazione aziendale

Ricerca su 1.700 associati

Nell’identikit tracciato da Nomisma, che ha raccolto i dati su 1.700 produttori associati a Fivi, il tipico rappresentante della categoria dispone in media di una superficie coltivata poco maggiore di 10 ettari di vigneto, produce 75 tonnellate di uva per la vendita, ogni anno, di 38 mila bottiglie. E vende il suo prodotto a un prezzo medio a bottiglia più che doppio rispetto alla media italiana: 7,7 euro contro 3,6.
L’Italia resta il mercato di elezione dei produttori Fivi e l’Horeca il canale principale, ma si guarda anche oltre confine: il 71% esporta i suoi prodotti e un altro 23% dichiara l’intenzione di entrare sui mercati esteri nei prossimi anni. E se gli Stati Uniti rappresentano oggi l’orizzonte principale, anche altri mercati extra-Ue, secondo la ricerca, sono destinati ad assumere un ruolo sempre più strategico per il segmento, in particolare quelli dell’area asiatica.

Sostenibilità, un tema sentito

Anche il tema della sostenibilità, ambientale ed economica, è rilevante per le imprese aderenti a Fivi. Il 71% delle intervistate ha realizzato azioni di sostenibilità ambientale (packaging, contenimento dei consumi di acqua e di emissioni), un 24% lo farà nei prossimi due anni. Metà delle imprese è biologica e un 20% è certificato sostenibile.
Una leva di sviluppo e integrazione economica utilizzata dai produttori Fivi, rimarca Nomisma, è quella dell’enoturismo: otto aziende su dieci offrono servizi per gli enoturisti (visite guidate con degustazioni). I ricavi derivanti da queste attività incidono per il 23% sul fatturato complessivo dei vignaioli, contro una media nazionale del 18%.
«L’81% dei vigneti coltivati da questi produttori», specifica inoltre Denis Pantini, responsabile di Nomisma Wine Monitor, «si trova in collina e in montagna, rispetto al 60% della media italiana, vale a dire in quelle aree interne sempre più soggette a spopolamento e a rischio idrogeologico. Zone dove, per altro, l’uva da vino rappresenta una delle poche produzioni agricole ancora in grado di dare reddito a chi la coltiva».
Una vitivinicoltura che ha anche risvolti sociali: il 30% dei lavoratori è impiegato a tempo indeterminato (contro il 10% della media italiana in agricoltura), un 28% è di origine straniera (19% la media italiana) e il 33% è donna, a fronte del 26% della media dell’agricoltura italiana.

Costi, calo dei consumi e concorrenza: le sfide

In conclusione, il modello socio-economico dei Vignaioli Indipendenti, annota ancora Nomisma, «offre un importante contributo alla tenuta e valorizzazione del vino e dei territori vinicoli del Bel Paese». «Tuttavia, le sfide che gli stessi produttori hanno davanti sono tante e complicate e, se non adeguatamente affrontate, rischiano di mettere in crisi l’efficacia di tale modello». Per un produttore Fivi su due, infatti la gestione dei costi e l’efficienza dell’organizzazione aziendale (messa a dura prova dai cambiamenti climatici e dalla difficoltà di reperire manodopera) rappresentano le sfide più difficili da vincere, così come l’evoluzione dei consumi e l’inasprimento della concorrenza, in particolare di quei vini più economici che in momenti di congiuntura negativa, come quella attuale, rischiano di penalizzare i prodotti di qualità.

Appello alla semplificazione

«Le difficoltà per essere superate necessitano di risorse e un supporto importante potrebbe derivare dai fondi Ocm», riprende ancora Nomisma. Restrizioni e vincoli burocratici disincentivano tuttavia l’accesso da parte delle piccole aziende e solo il 14% dei soci Fivi ha potuto beneficiare negli ultimi due anni dei fondi destinati alla promozione.
«Alla politica, in Europa e in Italia», è l’appello lanciato dal presidente di Fivi, Lorenzo Cesconi, «chiediamo semplificazione, snellimento burocratico, innovazione normativa a favore della micro, piccola e media impresa, e soprattutto una strategia chiara nella politica vitivinicola, che deve sempre di più essere orientata alla sostenibilità di produzione, alla qualità e non alla quantità, alla creazione di valore».
«Colgo in questa ricerca tanti spunti utili a formulare istanze da portare alle istituzioni europee, in primis la necessità di rendere accessibili a tutti i vignaioli, anche i più piccoli, ogni misura di sostegno, come ad esempio gli aiuti alla promozione in Paesi terzi», è l’eco di Matilde Poggi, presidente Cevi (Confederazione europea vignaioli indipendenti). «Abbiamo visto da questo studio come le piccole aziende che Fivi rappresenta non accedano a questa misura, pur avendo una buona propensione all’export».

Foto di apertura: © G. Acuna – Pexels

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© Riproduzione riservata - 20/11/2024

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