Scienze Scienze Riccardo Oldani

In Val Tidone un laboratorio aperto per la viticoltura sostenibile

In Val Tidone un laboratorio aperto per la viticoltura sostenibile

La scienza al servizio dei cittadini. Accade in Val Tidone, dove il centro di ricerca OPERA sta diffondendo soluzioni pratiche, semplici e facilmente applicabili per ridurre la contaminazione delle falde acquifere in viticoltura.

Parlare ai viticoltori di contaminazione delle falde acquifere è un autentico tabù. Chi si avventura in questo delicato territorio rischia di venire etichettato quasi come un traditore, un nemico del vino e di un prodotto che è tra i vanti dell’agroalimentare italiano. Eppure il problema esiste davvero, non è un’invenzione. E spesso lo riesumano, in ambito comunitario, le lobby nordeuropee sostenitrici dei superalcolici, che non hanno mai abbandonato la proposta di accise obbligatorie comunitarie sul vino, anche in virtù del suo impatto ambientale, estendendo un modello di tassazione già adottato in Scandinavia, Irlanda e Regno Unito.

Citizen science, la scienza per i cittadini

Di fronte a questa situazione esistono due strade: negare il problema e fare finta di nulla oppure adottare un approccio manageriale e individuare le “best practices” nella gestione, cioè processi virtuosi adottati dalle aziende vitivinicole (o agricole in generale) per ridurre al minimo i possibili impatti sull’acqua di falda e sull’ambiente in generale. È questa seconda via che, da una decina d’anni, sta percorrendo OPERA, un centro di ricerca e think tank dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza, nato come osservatorio europeo per l’agricoltura sostenibile e poi trasformatosi in un gruppo operativo attivamente impegnato in un tipo di ricerca oggi definito come citizen science. Una scienza che non cala dall’alto sulle persone, ma che adotta processi partecipativi, in cui gli attori sono coinvolti, sia nella stessa attività di ricerca che nella condivisione dei risultati.

Il caso della Val Tidone

Che cosa ha fatto in particolare OPERA sul tema del vino e della contaminazione dell’acqua? Ne abbiamo parlato con Ettore Capri, docente della Cattolica e direttore del centro di ricerca. «Abbiamo concentrato le nostre attenzioni sull’area della Val Tidone, in provincia di Piacenza», ci spiega, «una zona a conduzione quasi esclusivamente viticola, che secondo un modello classico in Italia conta un gran numero di viticoltori e produttori, quasi 500, con un’età media tra 65 e 68 anni. Si tratta di persone che danno tutto per la loro attività, sono veramente impegnate nel fare il meglio per il loro territorio, depositarie di una solida tradizione. Sono anche molto convinti di fare le cose per bene e di conoscere il loro mestiere meglio di chiunque altro».

Collaborazione innanzitutto

«Non si può andare da loro con il dito puntato, come in passato ha fatto un certo tipo di ambientalismo vecchia maniera, e accusarli di inquinare il territorio», continua Capri. «L’approccio giusto, invece, è mostrare loro i dati, studiare il loro modo di lavorare e cercare di capire quali aspetti della loro attività possano involontariamente provocare un impatto, per poi proporre soluzioni alternative, semplici e facilmente applicabili».


Esempio di “demo-farming”: una stazione didattica per i viticoltori in cui trasferire buone pratiche per la sostenibilità della filiera

Un lavoro ben documentato

L’approccio seguito da OPERA ha prodotto numerosi articoli scientifici e la definizione di un processo applicabile a ogni tipo di coltura, non solo a quello della vite. La rivista scientifica “Science of The Total Environment” ha pubblicato vari “paper” che documentano l’intenso lavoro fatto. In un articolo pubblicato sul numero di settembre, per esempio, si trovano i dati di una prima valutazione sulla presenza di pesticidi nelle acque di falda della Val Tidone. Un secondo testo in pubblicazione sul numero di dicembre della stessa rivista ha analizzato più nel dettaglio le situazioni.

Step by step, il progetto pluriennale

«Ne è emerso un quadro», dice Capri, «che ha evidenziato non solo una bassa contaminazione diffusa delle acque sotterranee, ma anche situazioni localizzate di contaminazioni, o perfino di inquinamento “puntuale”, cioè effetto di pratiche evidentemente non corrette effettuate in zone ben precise». Il lavoro si è protratto nel tempo. «Nel primo anno abbiamo condotto i rilevamenti», dice Capri, «nel secondo abbiamo spiegato i dati ai viticoltori, coinvolgendo anche l’Agenzia Regionale per la Prevenzione Ambientale dell’Emilia Romagna (ARPAE), il Consorzio Fitosanitario di Piacenza e una ong, l’Associazione Pace Cibo Sano, in modo da dare sostanza e autorevolezza alla nostra comunicazione e coinvolgere gli operatori. Nel terzo anno, infine, i viticoltori hanno adottato una serie di best practices da noi suggerite e ne abbiamo studiato l’impatto».

Gli effetti postivi

Le soluzioni adottate sono state diverse, sia per ridurre il cosiddetto runoff, cioè il dilavamento, tipico di zone collinose come la Val Tidone, che tende a concentrare gli inquinanti in alcuni punti, sia per modificare le procedure di lavaggio dei mezzi agricoli e delle cisterne usati per il trattamento dei vigneti. A questo scopo sono state create anche due stazioni di “demo-farming”, dimostrative, per mostrare ai viticoltori come procedere. I risultati, descritti in un terzo studio in uscita a febbraio 2021 su Science of The Total Environment, sono stati significativi. Se dalle analisi iniziali dell’acqua di falda c’erano 153 casi di contaminazione, 38 dei quali con valori superiori a quelli consentiti per alcune sostanze, in quelle successive all’adozione delle best practices i casi si erano ridotti a 69, con soltanto 9 valori oltre i limiti consentiti.

La sostenibilità come processo educativo

«Tutto questo dimostra», dice Capri, «come la sostenibilità in viticoltura si ottenga attraverso un processo educativo e l’adozione di attività partecipate, non attraverso direttive calate dall’alto». È un approccio estremamente innovativo, che OPERA sta raccomandando a livello europeo non solo per la viticoltura, scelta inizialmente come caso applicativo per la brevità della sua filiera, ma per tutto l’agroalimentare. Lo testimoniano anche l’avvio, nell’ateneo piacentino, di un master di primo livello sulla gestione e sostenibilità dei servizi di ristorazione, e il lancio di due progetti analoghi a quello in corso sul vino anche sulla filiera dell’olio e del pesce.

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© Riproduzione riservata - 11/10/2020

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