Una voce saggia per cambiare rotta

Una voce saggia per cambiare rotta

In un momento di crisi come quello che stiamo vivendo sarebbe importante che le organizzazioni di settore avessero una visione comune e omogenea della situazione e dei problemi. Senza passare da pessimismi eccessivi a ottimismi ingiustificati.

Il direttore Alessandro Torcoli affronta il tema nell’Editoriale del nuovo numero di Civiltà del bere (n. 4/2022) di cui vi proponiamo il testo in versione integrale.

C’è tensione nel settore. Stiamo andando (a fari spenti nella notte?) verso una probabile recessione e urge condividere soluzioni. Invece sembra che si sia aperta qualche frattura, che ci auspichiamo si rimargini rapidamente. Viaggiando per l’Italia, da una parte ascoltiamo produttori vinicoli presi da un pessimismo quasi contadino, tipico di chi alle prime avvisaglie di carestia profetizza l’apocalisse; all’opposto registriamo il proverbiale ottimismo dell’imprenditore nel cui Dna è impresso lo slogan “andrà tutto bene”.

L’interpretazione dei numeri

È abbastanza sensato immaginare che la realtà stia nel mezzo. E per superare le ovvietà e gli estremismi servono strumenti per comprendere il presente e pensare soluzioni future. Uno di questi potrebbe essere l’Osservatorio del vino, promosso da Unione Italiana Vini (Uiv) e Vinitaly. Eppure, nemmeno questo istituto sembra mettere tutti d’accordo, perché i numeri sembrano neutri, ma non lo sono affatto. Tutto dipende dalla loro interpretazione e da come questi vengono rilevati.
Il 7 novembre al congresso Wine2Wine il responsabile dell’Osservatorio, Carlo Flamini, ha presentato un’“Analisi congiunturale e obiettivi di settore”. Il messaggio è chiaro: si produce troppo vino, l’eccesso viene svenduto trascinando al ribasso quello di pregio.
«Si può pensare di agire sulla riduzione ragionata del potenziale», conclude. Sul momento, le strade suggerite per ridurre le eccedenze hanno trovato tutti d’accordo, finché qualcuno non ha fatto un passo in avanti per capire cosa ridurre e quali provvedimenti adottare. Il presidente di Unione Italiana Vini, Lamberto Frescobaldi è stato esplicito: «È urgente intervenire sulla riorganizzazione delle numerose Dop e Igp che vendono solo in parte quanto rivendicato e rivedere le norme che disciplinano la gestione di mercato dei vini a denominazione. Sarà inoltre importante agire sulla limitazione, senza deroghe, a 300 quintali per ettaro delle rese sui vini comuni, sottoponendo anche questi ultimi a controlli puntuali dato il loro peso non trascurabile sul totale».

Pareri e visioni differenti

Federdoc è d’accordo sulla riduzione delle rese o sul blocco degli impianti, meno sulle critiche al sistema delle Doc; Alleanza delle Cooperative teme che si chieda un sacrificio in termini di rese per ettaro.
Due giorni dopo, il coordinatore Luca Rigotti ha presentato uno scenario diverso, meno drammatico, in base al quale «la produzione a livello comunitario risulta al di sotto dei valori medi degli ultimi cinque anni e gli stock iniziali sono inferiori di un punto percentuale rispetto allo scorso anno. Non solo. I numeri del commercio estero, relativi al periodo gennaio-luglio 2022, rappresentano una situazione sostanzialmente stabile in termini di quantità». Niente eccedenza e una visione differente dell’export rispetto a quel che aveva suggerito l’Osservatorio, ovvero che «a tutto settembre le vendite sul canale retail in Germania, Usa e Uk presentano un profilo di forte criticità: sommati insieme, i tre segnano una perdita cumulata del -10% in volume, di cui -11% spumante e -9% vino fermo». E in valore i vini fermi sono a -6% negli Usa e -8% in Uk.

È necessaria una strategia comune

Sarebbe importante che le organizzazioni di settore condividessero, prima ancora delle politiche, almeno le analisi che intendono munirci di un navigatore per guidare nella notte “a fari accesi”. Da esterni, ci pare che l’Osservatorio abbia fotografato una realtà di cui raccogliamo testimonianze quotidiane.
Affermare che crediamo giusto proseguire sulla strada del “valore” sarebbe pura retorica, perché c’è un valore delle singole bottiglie vendute, da difendere e anzi innalzare, per il prestigio e per la redditività delle aziende, e c’è un valore sociale, di un prodotto che è sempre più elemento di attrazione dei territori, dove il vino rappresenta una scialuppa di salvataggio. Serve una regìa, in fondo, una voce autorevole che persuada tutti con la logica, per il bene di tutti, a seguire una certa strada, senza retorica, senza scorciatoie a favore di pochi, senza protagonismi. Una voce saggia. Speriamo di sentirla presto.

Foto di apertura: è necessario trovare la giusta direzione e puntare sulla cooperazione per uscire dalla crisi © D. Jans – Unsplash

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© Riproduzione riservata - 24/11/2022

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