Scienze Scienze Riccardo Oldani

Tracciare il vino con la scienza e la tecnologia

Tracciare il vino con la scienza e la tecnologia

Dall’analisi degli isotopi alla blockchain si moltiplicano studi e iniziative per assicurare al consumatore la provenienza di un vino e metterlo al riparo da frodi e contraffazioni. Ecco le ultime novità in materia.

L’ultima conferma arriva dall’Università di Modena e Reggio Emilia: gli isotopi dello stronzio possono essere indicatori molto fini della provenienza e dell’autenticità di un prodotto alimentare e di un vino. In questo caso ad essere esaminati sono stati campioni di Aceto balsamico tradizionale di Modena (Abtm) e di Aceto balsamico di Modena (Abm). Il primo è una Dop, ricavato da mosto cotto e invecchiato per anni, il secondo è una Igp e si produce da mosto cotto e aceto lasciati maturare due mesi.

Indicatore preciso

Le analisi, pubblicate in un articolo sulla rivista scientifica “LWT – Food Science and Technology”, hanno evidenziato due aspetti. Il primo è che l’Abm di diverse annate non mostra differenze significative tra i prodotti di annate diverse, a dimostrazione che le materie prime utilizzate sono le stesse e della medesima provenienza. La seconda evidenza è che il rapporto tra gli isotopi dello stronzio (87Sr e 86SR) distingue in modo preciso i due prodotti e può essere quindi usato come strumento analitico per distinguerli.

Un rapporto significativo

Dell’utilizzo del rapporto tra i due isotopi 87 e 86 dello stronzio per la tracciabilità si dibatte da anni. Intanto, spieghiamo bene che cosa sono questi atomi, che appartengono allo stesso elemento, avendo lo stesso numero di protoni, ma che differiscono per il numero di neutroni e, quindi, per la massa. Ogni elemento può avere vari isotopi, presenti in natura in diverse percentuali, e a volte caratterizzati da proprietà differenti. Lo stronzio, per esempio, annovera quattro isotopi, ma soltanto due, l’87 e l’86 appunto, hanno interesse in ambito alimentare. Perché, a tale fine, è interessante calcolare il rapporto tra questi due atomi? Il meccanismo è relativamente facile da capire. Dei due isotopi, l’87 è radiogenico, cioè proveniente dal naturale decadimento radioattivo del rubidio 87, mentre l’86 è stabile. La quantità relativa di stronzio 87, definita dal suo rapporto con lo stronzio 86, è un fine indicatore di quanto antiche siano le rocce, e quindi il terreno, di una determinata area. Il ciclo di questo elemento, inoltre, fa sì che le piante lo assorbano come nutriente in una concentrazione tale da replicare in modo fedele i valori misurati nel substrato. Insomma, il rapporto tra i due isotopi resta costante nel terreno di una determinata area di produzione, nelle piante che crescono su di esso e in tutti gli alimenti derivati, che si tratti di vino, formaggi, carni.

L’autenticità dei Bordeaux

Ci sono moltissimi esempi di studi condotti sul vino basati sulla misurazione del rapporto tra i due isotopi dello stronzio. Nel 2019, per esempio, una ricerca condotta su 43 Bordeaux prodotti da importanti Châteaux ha mostrato valori tanto simili tra loro da poterli considerare come una vera e propria impronta digitale, capace di stabilire un rapporto diretto tra il contenuto delle bottiglie e il territorio di provenienza e mettere quindi produttori e consumatori al riparo da eventuali frodi o imitazioni.

Una ricerca che prosegue

Ma non tutto è risolto, perché ulteriori studi vanno realizzati per capire l’impatto delle attività umane nell’alterare il rapporto tra i due isotopi, sia nel terreno sia negli alimenti dopo i vari passaggi di lavorazione. Lo stesso problema si presenta quando a essere utilizzati come indicatori del legame tra territorio e vino o prodotto alimentare sono altri elementi, come idrogeno, ossigeno o carbonio e altri, scelti tra i più diffusi nei suoli. Anche con queste sostanze sono stati condotti studi per determinare l’origine geografica dei prodotti tipici, con risultati significativi, ma mai risolutivi. Insomma, il metodo degli isotopi funziona, anche grazie a metodiche di analisi sempre più precise e sensibili, ma non è ancora in grado di porre un sigillo definitivo al tema della tracciabilità.

Ecco perché si pubblicano con grande frequenza studi in materia, che cercano di aggiungere qualcosa alla già grande quantità di informazioni in possesso degli scienziati.

Digitale e blockchain

Ma c’è un altro fronte in cui ricerca e tecnologia si uniscono per fornire strumenti in grado di determinare senza errori l’identità di un vino e rendere quindi impossibili le frodi: è quello della geolocalizzazione unita alla blockchain. Ne abbiamo già scritto (per esempio qui), ma il tema è sempre più attuale, anche perché stanno cominciando a comparire le prime soluzioni commerciali. Una di queste è il sistema Entrust/Enseal, sviluppato da una società australiana fondata dal produttore Jeffrey Grosset. La blockchain è, in sostanza, un registro contabile digitale condiviso, in cui si registrano le varie scritture e non possono essere modificate, perché altrimenti tutti potrebbero facilmente accorgersene.

Il concetto di Enseal è che nella sua blockchain i produttori registrino tutte le attività connesse a un determinato vino, come il giorno e il luogo di raccolta delle uve, l’inizio della produzione, l’imbottigliamento, la distribuzione. I tappi a capsula (per il momento, ma si sta studiando come applicare il sistema ad altre chiusure) contengono un chip che registra nella blockchain anche il momento in cui si apre la bottiglia.

Basta un QR code

Un’altra soluzione simile è VinAssure, lanciata da una software house Usa, eProvenance, che registra nella blockchain tutti i passaggi nella catena di approvvigionamento abbinandoli a un determinato vino. In questo modo è possibile risalire a chi ha coltivato l’uva, chi ha fatto la vendemmia, chi la vinificazione e l’imbottigliamento, fino alla distribuzione e alla vendita, in modo da ricostruire passo passo tutto quanto è avvenuto nella filiera, anche la temperatura di conservazione del vino. Leggendo un QR Code sull’etichetta chiunque, dal produttore al consumatore, può accedere ai dati registrati ed essere sicuro che la bottiglia giunta a destinazione contenga ciò che è stato prodotto all’origine.

Foto di apertura: © M. Petric – Unsplash

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© Riproduzione riservata - 23/06/2021

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