Tra le tecniche di frollatura, questa comporta tempi più lunghi e un maggior dispendio di energia. Ma in cambio aumentano il valore del taglio, l’eleganza e la finezza gustativa. E come nel vino, anche nelle carni grazie all’affinamento si sviluppano aromi profondi, nocciolati e terrosi.
L’articolo fa parte della Monografia Affinamenti
(Civiltà del bere 3/2022)
La parola frollatura è oggi sulla bocca di tutti come la carne a cui pure si riferisce. A dir il vero, per estensione, può adattarsi perfino al pesce con varietà alle quali si addice come il dentice o proposte gastronomiche estreme. Sulla carne, oltre che sdoganata, la frollatura è oggi anche di moda. Si usa la terminologia inglese dry aging che aiuta a intuire immediatamente il suo significato. Si tratta né più né meno di una maturazione e serve a rendere la carne più morbida e più complessa al gusto.
A pensarci bene, non è molto dissimile dall’invecchiamento del vino in barrique. Non a caso il processo è strettamente legato alla qualità della materia prima, alla durata dell’affinamento, alla temperatura del medesimo e così via.
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