In Italia In Italia Alessandro Torcoli

Sommelier, variazioni sul tema

Sommelier, variazioni sul tema

Il sommelier rischia una crisi d’identità?

Prosegue il dibattito avviato dal direttore Alessandro Torcoli lo scorso venerdì, nel suo editoriale dal titolo “Il sommelier rischia una crisi d’identità”. Di seguito riportiamo i commenti di alcuni lettori, tutti professionisti di settore.

Un giorno da sommelier

di Davide Buongiorno

Vi racconto il sommelier, dal punto di vista di chi lo ha fatto. La figura del sommelier, nel senso stretto, sta scomparendo e le varie associazioni di settore identificano questa figura come colui che conosce il mondo del vino, del cibo e delle bevande in generale e che con maestria riesce ad accompagnare il pasto. E quindi cosa significa?

Numerosi falsi miti

Questa definizione ha alimentato falsi miti ove il sommelier, termine inesorabilmente associato alla ristorazione, si presenta tutto impettito con giacchetta, tastevin e utensili misteriosi tanto da farlo sembrare un dentista con il suo grembiule ed il carrello dei vini che lo rendono talvolta un po’ ridicolo. Incuteva timore come un dentista che appena ti tocca, ti tocca anche il portafoglio… e sono guai! Una figura che anche dai colleghi in sala veniva vista con fastidio: è sempre al tavolo e non aiuta a far nulla e cammina su un tappeto volante che lo fa sentire superiore ai colleghi. Una figura talmente diversa che si sentiva sempre incompresa, spesso sola nella sua “immensa” conoscenza, dedita a lavori molto faticosi. 

Che cosa fa il sommelier

Il sommelier è un magazziniere. Il termine spesso viene abbellito, sostituito da cantiniere: bisogna muovere bancali di vino e le bottiglie, i cartoni non si spostano magicamente nelle celle. Celle che spesso fra l’altro vanno costruite a mano e lì il ‘sommelier’ diventa falegname… sì perché, siamo seri, non tutti i ristoranti hanno i mezzi per permettersi certe cose: acquistare i guéridon per il servizio o garantirsi la famosa allocazione di Romanée-Conti che da tre anni cerchi di portarti a casa. O magari ti dicono che preferiscono investire su piatti di servizio da cento euro l’uno. Il sommelier vive nella speranza, che poi diventa un sogno che si realizza quando meno se l’aspetta.

Prima di entrare in scena

Tornando ai vini, questi devono essere anche catalogati, etichettati e mentre li maneggia, il sommelier se li studia. Poi si pulisce (dalla polvere) e controlla le varie piccole ferite che si è procurato con le cassette di legno. In fretta in furia, sistema le postazioni di servizio dove estrarrà i tappi con maestria, asciuga gli ultimi bicchieri della notte precedente, sistema i vini a bicchiere e le frappose (i secchielli del ghiaccio per spumanti e bianchi, ndr) e forse mangia qualcosa al volo prima di pranzo; partecipa a un briefing e finalmente entra in scena

La speranza: vendere qualche bottiglia interessante

…ma se non trova terreno fertile (spesso) si annoia a versare i soliti vini, a portare bibite analcoliche o drink noiosi, corre su e giù come un matto (e nessuno capisce perché) e incomincia a domandarsi anch’egli che cosa stia facendo. Mentre è in sala pensa che in cantina c’è ancora da fare e ci sono diverse scartoffie da smaltire nel back-office. Forse nel pomeriggio riesce a incastrare un assaggio con un agente, a sedersi e studiare un po’ per l’esame Wset o Ais o o MS o per qualche concorso, ma deve fare delle scelte. La sera il rituale del pranzo si ripete, magari con più energia. Aumentano le corse tra cantina e frigo, i clienti sono più esigenti e speri di riuscire a vendere qualche bottiglia interessante. Magari riuscirai anche ad assaggiare un vino speciale. Come diceva un mio collega: “Candy for the kids”. Ma spesso sei troppo stanco per assaggiare come si deve.

Quando nasce la figura del sommelier

La figura del sommelier nasce nella ristorazione degli anni Sessanta, in quei ristoranti oggi ritenuti “classici” dove maître, camerieri e sommelier vestivano come la servitù di una casa nobiliare. Mi ricorda Gosford Park, uno dei miei film preferiti, dove il maggiordomo Jennings rappresenta quello che potrebbe essere oggi il food & beverage manager. La figura del sommelier era ben definita agli esordi dall’Ais (Associazione italiana sommelier, 1965), dall’Asi (Association de la sommellerie internationale, 1969), dalla Fisar (Federazione italiana sommelier albergatori ristoratori 1972), ma poi con gli anni Duemila le associazioni hanno preso a vendere con una certa facilità quel magico titolo (cha anche io ho preso nel 2006) ed è divenuto uno status.

Le nuove tendenze della carta dei vini

Nulla da dire, questa dinamica ha avviato un bel movimento nel mondo del vino. Sono cambiati il modo di comprare, informarsi, mangiare e la ristorazione stessa. I ristoranti di lusso, stellati, sono diventati più concreti (vedi il fenomeno Davide Oldani e tutto il movimento della nordic kitchen, la ricerca di sostenibilità economica e ambientale di molte catene di medio-alto livello in Gran Bretagna e negli Stati Uniti d’America) dove la selezione dei vini è sempre più contenuta (basta con le bibbie!), concreta, stagionale, locale o contestualizzata alla cucina di riferimento. Meno carte dei “copia e incolla” con i grandi nomi (o almeno non solo quelli), vini più semplici o meno scontati.

I nuovi professionisti del vino

E in tutto questo movimento il sommelier comincia a sbiadire e compaiono qualifiche come cellar manager, buyer, export manager, brand ambassador e anche gli influencer… Consideriamo che il mercato del vino è (o era) composto fino al 50% dall’horeca (molto probabilmente dal 2021 sarà solo 30%) mentre il resto del vino è acquistato da figure diverse dal sommelier. Penso a come si potranno distinguere in futuro i sommelier e propongo delle ipotesi:

  • Sommelier o maître o wine buyer nei ristoranti di livello medio-alto: spesso in Italia questi ruoli si sovrappongono, sono gli esperti della mescita con o senza “titolo”.
  • Sommelier nei grandi ristoranti o nelle catene: una figura che ha una conoscenza media dei vini e raramente ha un attestato.  Spesso è solo un “cameriere del vino”, un apribottiglie umano.
  • Wine buyer in Gran Bretagna, Stati Uniti e Asia per catene di ristoranti o alberghi: una figura che nel ristorante lavora raramente. Si occupa di acquisti, ha un passato nella ristorazione, possiede un attestato Wset, magari un certificato della Court of Master Sommeliers, possibilmente una laurea in business o marketing, ha una profonda conoscenza dei mercati o della contrattazione.
  • Buyer per la Grande distribuzione, per catene online o di negozi: raramente possiede un certificato da sommelier, ma più spesso ha una laurea in Economia e una buona conoscenza del mondo del vino.
  • Export manager o brand ambassador: la conoscenza del vino è relativa, ha studiato come e dove vendere, ha una laurea in lingue e molte conoscenze. È un esperto di networking.
  • Influencer… beh, questa è storia contemporanea. Spesso non ha nessun attestato, ma è mosso dalla passione (molti ex- sommelier si stanno muovendo in questa direzione). Con un colpo di genio strumentalizzano il vino a proprio favore, rivolgendosi direttamente ai consumatori.

Il vecchio ruolo del sommelier è superato?

La vecchia figura del sommelier che lavora sei giorni alla settimana, gira con il suo cavatappi come un pistolero ed è un “nerd” del vino che ti sa raccontare le sfumature di vini impensabili poco interessa al mercato globale nel 2021. Chi muove i numeri e influenza i mercati non è più il vecchio pinguino, ma una figura fresca e dinamica che sa comunicare il vino nell’era moderna. 
Il wine connoisseur (o influencer, brand ambassador, export manager, buyer, wine expert ecc…) è una figura misteriosa che con un bicchiere in una mano e il tablet dall’altra ti prende l’ordine, ti mostra un video della vigna, scrive appunti di degustazione, controlla i prezzi e infine si fa un selfie con te e la bottiglia in mano. Perciò possiamo dire… bye bye Sommelier.

Il nostro ruolo

di Mario Bevione

Caro Alessandro, ci tenevo a rispondere alla tua bella disamina sul ruolo del sommelier. Mi sono diplomato all’Ais nel 2004: al tempo facevo tutt’altro, ma da qualche anno il vino è diventato il mio lavoro. Dico “il vino” perché, secondo la tua corretta interpretazione, non posso definirmi sommelier: infatti il vino non lo servo, ma lo racconto (ai corsi Ais ma anche in altri contesti) e lo vendo. 

Sommelier “di fatto”?

E il come definirmi – anche ai parenti che chiedono quale lavoro faccia – è difficile. Io mi sento sommelier, non solo per il percorso fatto in Ais ma anche e soprattutto per quello che è venuto: viaggi, degustazioni, letture, studio e anche un master. E, nonostante mi reputi un professionista, non posso neanche avere da parte dell’Ais il pezzo di carta che lo attesti.

Un doveroso distinguo

Da qui l’urgenza, anche a mio parere, di una definizione corretta e soprattutto professionale per chi come me – e siamo tanti – si occupa di vino senza però servirlo al ristorante o venderlo in enoteca. Non solo per dare dignità alla categoria, ma soprattutto per distinguerla – ed elevarla, perdona la presunzione – da quella di chi, per passione, frequenta un corso e appende il suo bel diploma nello studio o in camera. Mi fermo qui, che sui danni fatti da neodiplomati o anche solo aspiranti tali potrei – potremmo – riempire pagine intere.
Spero quindi che il tuo scritto possa innescare non solo un dibattito ma anche un movimento che porti a una definizione non solo lessicale ma anche e soprattutto professionale.

Altri commenti brevi

Valentino Tesi

Un sommelier comunica il vino e tutto l’universo che vi sta dietro. Chi lo fa in una sala di ristorante conosce anche molto bene il servizio, la manualità, chi lo fa dietro una tastiera è forse più avvezzo all’informatica. Tutto ciò non cambia l’essenza (vino, cultura, comunicazione). Continuiamo a chiamarci sommelier, è un termine storico e affascinante

Cristina Mercuri

La differenza tra sommelier e esperto di vino è netta. È un peccato che questa divisione non sia chiara in Italia: tanti consumatori fanno corsi di sommelier, ma non hanno intenzione di fare sala, per loro sarebbe meglio il Wset, che ancora non è abbastanza conosciuto. In effetti, come dici tu, manca un nome per questi soggetti, anche se wine expert non è male.

Clizia Zuin

Un sommelier, oltre al servizio in sala e tutto quello che comporta, si trova a gestire e a far fruttare cantine da centinaia di migliaia di euro, ha conoscenze di marketing ed economia. Il 2020 ha trasformato molti di questi professionisti anche in consulenti, comunicatori…  Essere sommelier oggi significa davvero saper fare di tutto.

Angelo Di Costanzo

Sommelier è colui che pensa cose, ne fa qualcuna più del doppio, racconta frottole, mezze verità, talvolta con assolute convinzioni, prende pacche sulle spalle, parecchi calci, molti no, scrive, telefona, serve, sbarazza. Alternativamente frequenta un corso e diventa consulente. A riveder le stelle!

Francesco Bonfio

Egregio dottor Torcoli, ho letto con vivo interesse il suo articolo sui sommelier e il secondo pezzo con una selezione di commenti. Ho trovato molto attuale l’argomento, molto ficcante l’analisi e molto stimolante la tematica. Debbo dire che molta della mia attenzione viene anche dal fatto che la questione, per traslato, riguarda anche gli enotecari.

Ruoli che cambiano

Infatti da anni sono ricorrenti negli incontri fra noi di Vinarius le riflessioni su come stava cambiando il nostro mestiere, sulle modificazioni dell’ambiente nel quale operiamo, su come noi stiamo affrontando i cambiamenti dei costumi, della società, dei consumatori. In più, da anni abbiamo l’assillo di trovare una soluzione per elevarci rispetto agli altri, si sa che il termine enotecaro, come d’altronde enoteca, è termine generico e comune e chiunque è libero di utilizzarlo. E anche, sono anni in cui l’uso del termine professionalità è usato e abusato, di certo usato quasi sempre per riempire la bocca ma al quale quasi mai poi conseguono azioni per dare concretezza a questa parola.

La necessità di definire il ruolo dell’enotecaro

Poi, il 14 gennaio 2013 lo Stato promulga la legge 4/2013 che reca disposizione in materia di professioni non organizzate in ordini e collegi. E qui si accese la lampadina per risolvere o per lo meno intraprendere un percorso che portasse ad una soluzione al fine di dare una descrizione del profilo professionale dell’enotecaro di oggi e di domani, per stabilire regole che dessero rigore e concretezza alla nostra professionalità, per avere un “riconoscimento” dallo Stato, per portarci ad un livello superiore rispetto ad un “qualsiasi” enotecaro.

La nascita di AEPI

A novembre 2016 siamo stati in grado, con la determinante spinta di Andrea Terraneo, presidente di Vinarius, di costituire AEPI (Associazione Enotecari Professionisti Italiani) e dopo 20 mesi di istruttoria abbiamo ottenuto dal MiSE (cui la legge 4/2013 attribuisce i compiti di tutela e vigilanza) l’inserimento nell’apposito elenco presso quel Ministero delle Associazioni che rilasciano l’attestato di qualità e di qualificazione professionale dei servizi prestati dai soci. Fra i vari obblighi per l’associato deve rispettare voglio citarne tre a mio parere peculiari: a) abbiamo un codice deontologico; b) è obbligatorio l’aggiornamento professionale annuale; c) abbiamo aperto lo sportello del consumatore. Se è curioso, nel nostro sito www.enotecari.it trova tutto quello che è necessario sapere di noi.

Bene, tornando al suo articolo, anche noi enotecari non siamo più quelli che stanno solo dietro ad un banco a vendere bottiglie per quanto pregiate. Oggi noi teniamo corsi di degustazione, svolgiamo servizi di degustazione a domicilio, effettuiamo consulenze e perizie, svolgiamo degustazioni private a tema, comunichiamo i vini, i loro territori, la nostra professione in due parole si è arricchita di attività che prima non facevamo disvelando quindi una componente intellettuale alla nostra professione che prima non c’era o se c’era non era valorizzata. 

Certo, il nome “enotecario” non brilla per genialità, non è riconosciuto come “sommelier”, è solo il primo passo di un percorso lungo che però bisognava intraprendere.

Ecco, Dottor Torcoli, le volevo raccontare un po’ quello che abbiamo fatto, partendo dalle problematiche sollevate nel suo articolo, per dare una soluzione al nostro analogo problema.

In foto: il tenente Colombo alle prese con un sommelier negli anni Settanta

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© Riproduzione riservata - 11/12/2020

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