Food Food Alessandro Torcoli

Si è spenta la stella di Sirio

Si è spenta la stella di Sirio

Sirio Maccioni è morto. Si è spenta una stella della ristorazione newyorchese, forse la più luminosa per gli italiani che guardavano all’America.

Attenzione, intenzionalmente non scriviamo della ristorazione italiana a New York, perché Sirio Maccioni aveva raggiunto l’empireo vero, divenendo l’ombelico della mondanità stelle e strisce, passando per un’idea internazionale, sofisticata e diciamo pure francese della cucina. Tanto che qualcuno lo chiamava affettuosamente Siriò.

Mossa astuta la sua, in un momento in cui le insegne tricolore erano identificate con gli spaghetti meatballs, o giù di lì. I ristoranti italiani, negli anni Settanta e Ottanta, quelli della riscossa del nostro vino nel mondo, erano quelli cantati da Billy Joel, che da cantautore sensibile ha saputo ritrarre con struggente precisione l’atmosfera dell’epoca. Una sua canzone si intitola proprio “Scenes from an Italian restaurant” e inizia così: “A bottle of white, a bottle of red. Perhaps a bottle of rose instead”.

Sirio Maccioni, da Montecatini a Le Cirque di New York

Invece Sirio no. Ma quale bianco o rosso… Nato a Montecatini, sede non casualmente di un importante scuola alberghiera e località che visse i fasti delll’accoglienza grazie alle sue Terme, Sirio Maccioni aveva viaggiato per formazione (Amburgo e Parigi), aveva lavorato sulle navi da crociera e, sbarcato a New York, era diventato un’istituzione come maître del ristorante The Colony. Aveva dunque frequentato l’Alta Cucina (il cui modello era quello d’Oltralpe) e intendeva giocarsi la carta migliore sulla scena della più dinamica città del mondo. Il 24 marzo 1974 (casualmente, quando usciva la prima copia di Civiltà del bere, ndr) Sirio Maccioni accese l’insegna del suo “Le Cirque”, incoraggiato da William Zeckendorf, proprietario dell’hotel Mayfair.

le cirque ristorante
L’interno de Le Cirque, il ristorante cult di Sirio Maccioni a New York

Ambasciatore del vino italiano di qualità

Il suo si rivelò alla fine un cavallo di Troia, ed è per questo che la cucina italiana e forse soprattutto l’enologia italiana gli devono tanto: dapprima nelle sue liste di vini pregiati (altroché “bianco o rosso”) accanto ai blasonati francesi che facevano brillare gli occhi agli squali della finanza si trovavano le prime etichette italiane d’alto livello. Tutti i produttori e i venditori di vini italiani di alta qualità volevano entrare nella lista di Sirio. Inoltre, dai piatti squisitamente francesi (celebre la sua crème brûlée) nel tempo aumentò la percentuale di italianità.

L’incontro a Vicenza nel 2003

Intervistato alla Fiera di Vicenza nel 2003 (l’articolo è apparso su Civiltà del bere nel dicembre dello stesso anno), dove fu ospite d’onore in una memorabile cena di gala firmata “Le Cirque”, ammise: “Le Cirque è un ristorante di New York e rappresenta gusti e tendenze di questa insuperabile metropoli. Ma in verità in esso c’è tanta Italia. Qui vengono venduti 50 chili di tartufo e ci sono porcini che in stagione arrivano dall’Abetone e c’è l’ineguagliabile radicchio di Treviso”. E naturalmente, negli anni è aumentata la quota di vini italiani.

Sirio Maccioni controlla la realizzazione della sua celebre crème brûlée
Sirio Maccioni controlla la realizzazione della sua celebre crème brûlée

Il successo di Sirio Maccioni in tre grandi intuizioni

Imprenditore arguto, furono tre le sue grandi intuizioni. Primo, il tramonto del “menu completo”, così Le Cirque tra i primi si fece conoscere per il menu “à la carte”. Secondo, una gestione manageriale e precisa del ristorante (“Mi sembrava incomprensibile al Colony”, ci disse, “che i clienti non prenotassero per un orario definito. Colpì molto il nostro nuovo stile e la puntualità con cui prendevo le prenotazioni: tre turni ben precisi”). Terzo, l’importanza del “circo”, appunto (“L’ho chiamato così perché quando lavoravo in Francia sentivo spesso l’espressione c’est comment un cirque, che significa divertimento”, ci disse).

Le Cirque, il palcoscenico più ambito di Broadway

Ma è anche un altro il motivo per cui il format e il nome del suo ristorante erano perfetti negli Stati Uniti degli Anni Ottanta e Novanta: circo, come luogo di esibizione, e complici l’arredamento scenografico e l’idea di riservare un tavolo in cucina per i super vip (tra i primi al mondo! Un’altra geniale intuizione dunque…), andare al circo di Sirio era l’occasione più ghiotta per mettersi in mostra, al centro del palcoscenico più ambito di Broadway. Non c’era star di Hollywood, o politico di fama mondiale che non passasse dal circo di Sirio: Kissinger, Nixon, Reagan, Giuliani; Stallone, De Niro, Al Pacino… Un sussidiario degli Anni Ottanta, davvero.

Sirio Maccioni insieme a Pino Khail (a sinistra), fondatore di Civiltà del bere
Sirio Maccioni insieme a Pino Khail (a sinistra), fondatore di Civiltà del bere

Salutiamo un’epoca ormai chiusa

Ai figli, che hanno seguito le sue orme nel mondo della ristorazione, vanno le nostre commosse condoglianze. A noi resta il ricordo di un’epoca ormai chiusa, dopo la scomparsa di tanti personaggi che con Sirio avevano portato in alto l’immagine del vino italiano negli Usa, come Lucio Caputo, ad esempio, o il nostro fondatore Pino Khail, che aveva organizzato grandi serate con Maccioni, tra le quali quell’indimenticabile hommage à Sirio nel 2003 a Vicenza.

Foto in apertura: Sirio Maccioni con il figlio Mauro a Vicenza nel 2003

Tag: , ,

© Riproduzione riservata - 21/04/2020

Leggi anche ...

Formaggi d’Italia: il Marzolino porta con sé il gusto delle erbe nuove
Food
Formaggi d’Italia: il Marzolino porta con sé il gusto delle erbe nuove

Leggi tutto

Viaggio nella materia prima (4): dove nasce il sapore inconfondible dell’agnello
Food
Viaggio nella materia prima (4): dove nasce il sapore inconfondible dell’agnello

Leggi tutto

Formaggi d’Italia: le due anime del Bitto
Food
Formaggi d’Italia: le due anime del Bitto

Leggi tutto