Scienze Scienze Riccardo Oldani

Simbiosi, un modello da seguire per l’agroalimentare

Simbiosi, un modello da seguire per l’agroalimentare

Basta uscire da Milano una ventina di chilometri in direzione sud, verso Pavia, per arrivare a Giussago e avere un’idea di come dovrebbe essere l’agricoltura del futuro. Qui, ha la sua sede Simbiosi, azienda ospitata da un comprensorio di oltre 1.000 ettari. Un vero e proprio laboratorio dove nascono tecnologie per un utilizzo del suolo ecosostenibile e impostato sull’equilibrio energetico, idrico e carbonico.

Simbiosi non è nata in un attimo, come tante nuove filosofie agroalimentari che vorrebbero per l’Italia solo prodotti di nicchia, altissima qualità e prezzi irraggiungibili. Arriva da un’idea del 1995 di Piero Manzoni, a lungo manager nei settori dell’energia e della trasmissione di potenza. Manzoni si chiese come trovare nella filiera agroalimentare un equilibrio in grado di contrastare il cambiamento climatico, la perdita di biodiversità e la continua generazione di scarti inutilizzati.

Simbiosi
L’Innovation Center Giulio Natta, a Giussago (Pavia). Qui Simbiosi sviluppa tecnologie e metodi per una nuova agricoltura incentrata sulla biodiversità del suolo e il massimo utilizzo delle risorse.

Confronto con le università

«Una volta», spiega Manzoni, «tutto il processo della produzione di cibo, dal campo alla tavola, era concepito come un ciclo in cui gli scarti venivano utilizzati per tornare ad alimentare il suolo. Oggi non è più così; non è un caso, pertanto, se circa il 33% del territorio destinato all’agricoltura sul nostro pianeta è improduttivo o è sul punto di diventarlo». Ragionando su questo aspetto Manzoni ha avviato una serie di iniziative, culminate ora con la costituzione di Simbiosi, dove trovano piena applicazione.
«Abbiamo iniziato chiedendo aiuto a tre università di Milano, Pavia e di Wageningen, nei Paesi Bassi, per ricostruire i modelli di equilibrio del suolo su cui si basava l’agronomia di un tempo». Uno sforzo accompagnato dallo sviluppo di nuove tecnologie per assicurare comunque costanza e resistenza dei raccolti, riduzione dei trattamenti, più elevata biodiversità del suolo, uso razionale dell’energia e sequestro dell’anidride carbonica.

Fasce di protezione

«Il risultato», commenta Manzoni, «è una realtà in cui la fertilità del suolo è aumentata di tre volte rispetto alla situazione precedente; la biodiversità è cresciuta di quattro volte, la qualità delle acque è incomparabilmente superiore. Abbiamo deciso di sacrificare il 10% del terreno coltivabile per dar vita a quello che abbiamo chiamato “environmental field margin”; fasce poste ai margini degli appezzamenti costituite da zone boscate, radure inerbite e zone umide, che periodicamente lasciamo tracimare per inondare i campi di riso, coltivato nell’azienda. Il risultato è stato un ritorno di specie animali, uccelli, anfibi e insetti, che contrastano naturalmente le specie nocive».

Servizi e tecnologie

La ricostituzione di un equilibrio ecologico gestito dall’uomo ha avuto effetti benefici non solo sull’attività agricola ma anche sulla popolazione residente. Questo in forma di servizi ambientali che si traducono in un raffrescamento del microclima, migliore comfort, consumi energetici ridotti.
«Abbiamo voluto realizzare tutto questo», dice ancora Manzoni, «in un’area periurbana, guardando al futuro. Per il 2050 infatti si prevede che la popolazione del pianeta supererà i 10 miliardi; e sarà concentrata all’80% nelle città, con tutta una serie di problemi legati all’approvvigionamento di cibo e di energia». Ne sono nate varie tecnologie e brevetti. Per esempio per trattamenti del suolo che vengono inoculati per aumentarne la biodiversità; e non invece somministrati dopo aver rivoltato le zolle e, in questo modo, liberato anidride carbonica in atmosfera. Oppure soluzioni come l’iChiller, ottimale per tenere i prodotti a temperature controllate di poco sopra gli 0°C ed estremamente utile in processi come quello di produzione della birra o dei vini bianchi, perché a bassissimo consumo energetico.
Un’altra soluzione sviluppata è una blockchain ambientale, attraverso la quale il produttore (e quindi anche la Cantina) può comunicare al consumatore non solo la tracciabilità del prodotto, ma anche le performance raggiunte nel risparmio di energia e riduzione delle emissioni o dei consumi idrici. In altre parole nel suo impegno per la sostenibilità.

Consulenze per ottimizzare le risorse

E qui veniamo all’attività principale di Simbiosi. Che non è la produzione agricola ma, dice ancora Manzoni, «lo sviluppo di servizi e consulenze per altre aziende agricole che spesso sono finanziati direttamente da noi e quindi a costo zero per i beneficiari». In questi casi Simbiosi rientra dell’investimento con i risultati degli interventi proposti e con gli incentivi nazionali; un po’ come avviene per le Esco (le Energy Service Company).
«In realtà», spiega ancora Manzoni, «il nostro intervento non è solo sugli aspetti energetici. Lavoriamo sull’ottimizzazione nell’utilizzo di tutte le risorse a disposizione dell’azienda agricola, per cui amiamo definirci come Resco, Resources Service Company».
Le tecnologie e i metodi adottati a Giussago si sposano non soltanto con le esigenze di realtà agricole in zone peri-urbane o per-industriali, ma anche con quelle in aree lontane dalle città e anche con le necessità della viticoltura. Una visitina a questo piccolo paradiso alle porte di Milano potrebbe quindi rivelarsi fortemente evocativo anche per chi lavora le vigne e produce il vino.

Foto di apertura: così l’intervento di rinaturalizzazione avviato da Piero Manzoni ha trasformato il terreno agricolo su cui opera Simbiosi. Nel 1996 il “deserto agricolo” che si presentava all’epoca, nella foto grande l’attuale assetto del territorio.

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© Riproduzione riservata - 08/06/2022

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