Silvia Barbaglia, paladina del Boca e dell’Alto Piemonte
Se volete conoscere i vini dell’Alto Piemonte andate a trovare Silvia Barbaglia, appassionata titolare della Cantina Barbaglia di Cavallirio, nel Novarese, ma anche delegata Fivi per il Nord Piemonte.
Classe 1985, grinta da vendere (che in questo periodo è più utile che mai), e un profondo amore per la sua terra. «Enologicamente parlando, il cosiddetto Alto Piemonte raggruppa tre province e sette denominazioni storiche a base di uve Nebbiolo», spiega la produttrice. «I miei vigneti si trovano in provincia di Novara, nella zona prealpina ai piedi del monte Rosa, che in linea d’aria dista una cinquantina di chilometri». Qui la Doc di riferimento è il Boca, ma c’è anche il Colline Novaresi.
Una storia geologica unica
«Il suolo è di tipo porfirico-vulcanico: ci troviamo infatti dentro alla caldera di un supervulcano fossile, esploso e collassato su se stesso intorno a 280 milioni di anni fa, quando le terre emerse erano ancora unite nella Pangea. In seguito allo scontro tra la placca africana e quella europea, che 50 milioni di anni fa ha portato alla formazione delle Alpi, alcune aree magmatiche sono riemerse in superficie. In particolare, noi ci troviamo nella “bocca” del grande vulcano rovesciato. E, come ripeto spesso a chi viene a trovarci, nei nostri vigneti non c’è pericolo di sporcarsi le scarpe di terra: il suolo è fatto di roccia di porfido, che si sgretola solo a prenderla in mano».
–
–
La terza generazione
La Cantina Barbaglia ha un’impostazione familiare. «Tutto è cominciato con nonno Mario, nel secondo Dopo Guerra. Alla fine degli anni Sessanta mio papà Sergio ha preso le redini aziendali e oggi io rappresento la terza generazione. In realtà per molti anni l’attività si è concentrata soprattutto sulla commercializzazione; dagli anni Duemila siamo tornati a produrre e imbottigliare».
In prima linea
Quali sono i ruoli? «Papà è un tipo selvatico che trascorre buona parte delle sue giornate in vigna o in cantina. Non ama stare in mezzo alla gente. Quando avevo 17 sono andata io a condurre una serata di degustazione al posto suo e, da allora, praticamente non mi sono più fermata. Raccontare i miei vini e i miei luoghi è quello che, più di tutto, amo fare, accogliendo i visitatori in azienda e partecipando a degustazioni ed eventi per il pubblico».
–
–
Una tradizione riscoperta
Barbaglia è tra le aziende simbolo della rinascita del Boca, una produzione d’eccellenza che oggi vive un momento di grande riscoperta da parte degli appassionati e dei connaisseurs. «Buona parte del merito è di Christoph Künzli, l’importatore svizzero che negli anni Novanta ha rilevato l’azienda Le Piane. È stato tra i primi a capire il valore e la grandezza di questo vino, dando un grande impulso alla tradizione vitivinicola locale, che rischiava di andare perduta perché poco remunerativa. Prima del boom economico qui erano tutti contadini e viticoltori. Progressivamente, molti decisero di abbandonare i campi per il lavoro in fabbrica, che garantiva una paga certa e un monte ore stabilito. Il Boca è un vino che ha bisogno di tempo. Dentro una bottiglia ci sono in media cinque anni di lavoro. Io adesso sto vendendo l’annata 2015…».
Le scelte in vigna
Gli ettari di proprietà sono 4,5, a cui si aggiunge un ettaro e a barbatelle, impiantate nel 2019. La vigna richiede una gestione rigorosa e non sempre facile. «I nostri terreni sono tra i più acidi d’Italia, con un pH intorno a 4.5. Il momento più delicato è quello della maturazione, tra ottobre e inizio novembre. Siamo in una zona piuttosto piovosa e non siamo certificati bio, ma lavoriamo con buon senso e rispetto per l’ambiente, usando solo concimi organici e limitando i trattamenti».
Vespolina, colore e speziatura
Il Boca Doc di Barbaglia – Nebbiolo più un saldo di Vespolina – fermenta in acciaio a 27-28 °C con una macerazione di circa 15 giorni e rimontaggi giornalieri. La maturazione avviene in botti di rovere per almeno 18 mesi. «Non tutti sanno che la Vespolina, tipica della nostra zona, è un lontano parente del Nebbiolo. L’unione di queste due uve è vincente. In particolare la Vespolina dona maggiore colore e una caratteristica speziatura di pepe nero». Freschezza, finezza e struttura per un rosso che ha un’aspettativa di invecchiamento minimo di 20 anni.
–
–
Monovarietali del territorio
Ma Silvia Barbaglia non produce solo Boca: «Ho deciso di vinificare separatamente tutte le principali varietà della zona, ovvero Nebbiolo, Croatina, Uva Rara, Vespolina ed Erbaluce. L’obiettivo è offrire una collezione di etichette che siano lo specchio del territorio». Il Nebbiolo, Colline Novaresi Doc colpisce per l’ottimo rapporto qualità-prezzo, rivelandosi un’alternativa più economica al Boca, ma non meno interessante sotto il profilo gusto-olfattivo. «L’abbiamo chiamato Il Silente e proviene da un’unica vigna appositamente dedicata, con suoli di origine fluvio-alluvionali».
Erbaluce anche passito e spumante
L’Erbaluce si dimostra la cultivar più versatile. «Detto anche Greco Novarese, è l’unico vitigno bianco locale». Il Lucino, Colline Novaresi Doc è il frutto di una pressatura soffice, con fermentazioni in acciaio a temperatura tra i 18-19 °C. Giallo paglierino con riflessi verdognoli, ha un bouquet delicato di erbe di campo e acacia. In bocca la sapidità è intrigante. «L’Erbaluce viene prodotto anche in versione passita, che abbiamo chiamato Gocce di luce, e spumantizzata, sia Brut che Dosage Zero. Le bollicine sono entrambe ottenute con Metodo Classico e la produzione, piuttosto limitata, ci permette di svolgere manualmente il remuage delle bottiglie».
Tag: Boca, Colline Novaresi, enogioventu, Nebbiolo, Silvia Barbaglia, Uva rara, VespolinaQuesto articolo è tratto da Civiltà del bere 2/2020. Acquista
Sei abbonato digitale o premium? Sfoglia la rivista o scarica il pdf
Vuoi abbonarti? Clicca qui
© Riproduzione riservata - 02/07/2020