Scienze Scienze Emanuele Pellucci

Una zonazione per valorizzare i vini dell’Etna

Una zonazione per valorizzare i vini dell’Etna

Nonostante abbia ottenuto per prima in Sicilia la Doc (1968), grazie alla sua antica tradizione viticola, solo negli ultimi anni l’Etna è diventata però una zona ambita dai produttori e conosciuta dagli enofili. Una riscoperta, iniziata nei primi del Duemila, che anno dopo anno ha visto tornare i verdi vigneti allevati ad alberello lungo le pendici del vulcano a fare da contrasto alla nera terra lavica, fino a spingere qualcuno a definirla il nuovo Eldorado siciliano. Al di là degli aspetti qualitativi dei vini bianchi e rossi che qui si producono utilizzando i vitigni autoctoni Carricante da un lato e Nerello Mascalese e Nerello Cappuccio dall’altro, è indubbio che un testimonial d’eccezione come il vulcano attivo più alto d’Europa sta giocando un ruolo importante nella conoscenza di questi prodotti.

Un'immagine della nona edizione di Sicilia en primeur

SICILIA EN PRIMEUR – Un interesse per la vitivinicoltura dell’Etna molto forte, come si è visto anche di recente in occasione della nona edizione di Sicilia en primeur, che ha richiamato a Castiglione di Sicilia una folta rappresentanza della stampa internazionale di settore. Un personaggio di spicco come Giuseppe Castiglione, ex assessore regionale all’agricoltura ed oggi presidente della Provincia di Catania, ha ricordato come all’inizio del terzo millennio la scelta di riportare la viticoltura sull’Etna era una vera scommessa. Oggi si contano almeno 600 ettari di vigna e dalle cantine escono, al momento, oltre due milioni di bottiglie di vini a Doc e a Igt.

ZONAZIONE VINICOLA PER VALORIZZARE IL TERRITORIO – Un decennio di impianti di nuovi vigneti, di recupero di antiche viti sopravvissute alle estirpazioni del passato, la costruzione di nuove e lo sforzo dei produttori di comunicare all’esterno i loro vini. Nel mezzo anche un’utilissima zonazione viticola, la prima della Sicilia, che, ha ricordato Attilio Scienza, «non è solo un contributo alla conoscenza delle risorse naturali dei suoi polimorfi ambienti, ma un modo efficace per applicare con passione questa conoscenza». L’indagine, completata nel 2011, ha preso in considerazione 20 vigneti di Nerello e 13 di Carricante nella fascia che circonda l’Etna tra i 250 e 1.000 metri di altitudine. Quattro le linee programmatiche: recuperare identità, valorizzare le diversità, individuare una tipicità e spostare l’attenzione del consumatore dal vitigno al territorio. «L’obiettivo finale», ha sottolineato Scienza, «è l’affermazione del gusto siciliano e non internazionale, altrimenti saremmo fuori gioco».

La città di Taormina (Messina) con lo sfondo sfumato del vulcano Etna

POSIZIONE E MATURAZIONE FANNO LA DIFFERENZA – A seconda delle altitudini e delle esposizioni, i vini dell’Etna, pur essendo prodotti con gli stessi vitigni classici, possono avere caratteristiche abbastanza diverse. In effetti tra le aziende produttrici, sia tradizionali locali e sia quelle che hanno scelto questo particolare habitat per fare vini altrettanto particolari, non c’è un’unica tendenza. Chi punta su prodotti giovani, freschi, delicati e chi invece preferisce mettere in commercio vini, rossi soprattutto, con alcuni anni di maturazione alle spalle. Oltre alle varietà autoctone nei vigneti etnei sono presenti anche, seppure in piccola misura, varietà internazionali, e tra queste chi ha dato finora i migliori risultati è il Syrah.

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© Riproduzione riservata - 02/05/2012

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