Scienze Scienze Riccardo Oldani

Siamo disposti a pagare di più per il clima?

Siamo disposti a pagare di più per il clima?

L’emergenza climatica è tra i temi centrali dell’agenda europea e riguarda ogni attività umana, compresa quella vinicola. Ma quanto sono coinvolti i consumatori? Un esperimento condotto in Italia ha provato a verificare se siamo disposti a pagare un sovrapprezzo per compensare l’impronta carbonica delle bottiglie ordinate al ristorante. Con risultati che inducono a riflettere.

Il tema del cambiamento climatico è tra i più sentiti nel mondo occidentale e, in particolare, in Europa. L’Unione si è data per il 2030 un programma molto ambizioso di riduzione delle emissioni che alterano il clima, e in molti hanno indicato la pandemia di Covid-19 come uno spartiacque che ha indotto tutti i cittadini a ripensare ai propri modelli di vita in una direzione di maggiore sensibilità verso il pianeta. Il problema interessa anche i governi, nazionali e sovranazionali, che da tempo studiano strumenti per indirizzare i nostri comportamenti verso una maggiore responsabilità.

Un contributo climatico?

Tra questi, torna periodicamente in auge la tassazione sui consumi di prodotti “poco virtuosi”. La “sugar tax”, l’imposta sulle bevande edulcorate, di cui il governo ha appena varato le norme applicative (Gazzetta Ufficiale n. 125 del 27 maggio), ne è un esempio, mirato sugli aspetti della salute. Ma che cosa succederebbe se, per ipotesi, venisse introdotto un contributo per compensare le emissioni climalteranti generate dalla produzione di vino? I consumatori sarebbero disposti a pagarlo? E soprattutto ne capirebbero le finalità? In fin dei conti l’equilibrio climatico del pianeta è qualcosa di diverso dalla salute dei singoli individui e di comprensione molto meno immediata. E quindi, prima di pensare a introdurre strumenti di questo tipo bisognerebbe capirne l’efficacia.

Un esperimento naturale

Si è posto il quesito un gruppo internazionale di studiosi, coordinato da ricercatori del Dipartimento di Economia Agroalimentare dell’Università Cattolica di Piacenza, con uno studio molto interessante pubblicato sulla rivista scientifica “Ecological Economics” e disponibile online dallo scorso 23 aprile. Il gruppo ha individuato un ristorante nel Trevigiano che si è prestato a un test: proporre ai propri ospiti quattro diverse carte dei vini per condurre un esperimento “naturale”, cioè realizzato in una situazione reale e con persone ignare di farne parte. Un tipo di analisi assai difficile da progettare e organizzare e ben diversa dalle classiche indagini in ambito economico, basate su interviste e dichiarazioni di preferenza (o “stated preferences” come vengono definite dagli esperti).

cambiamento climatico

Le quattro diverse liste dei vini proposte durante l’esperimento dell’Università Cattolica di Piacenza. La quarta ha spinto i consumatori verso una scelta non in linea con la difesa dell’equilibrio climatico.

Quattro diverse carte dei vini

Le quattro carte pensate dai ricercatori proponevano tutte gli stessi vini, «individuati», spiega Claudio Soregaroli professore associato della Cattolica di Piacenza e primo autore dell’articolo, «tra quelli di aziende che adottano il disciplinare VIVA, pensato per valutare l’impatto ambientale, emissioni climalteranti comprese, del processo di produzione. Al di là delle etichette, identiche in tutte le quattro liste, cambiavano nelle varie proposte le informazioni fornite ai consumatori. In una carta, per esempio, è stato indicato soltanto il prezzo. In un’altra il prezzo e le emissioni di anidride carbonica. Nella terza il livello di emissioni e un prezzo modificato di conseguenza, quindi più caro per i vini con un livello più alto di emissioni. Infine, una quarta carta conteneva il maggiore dettaglio: nome del vino, prezzo di partenza, contributo per consumare le emissioni e prezzo finale maggiorato del contributo».

La risposta dei consumatori

Di fronte a queste opzioni come si sono comportati gli avventori del ristorante? Tre gli aspetti particolarmente interessanti.
«Il primo», dice Soregaroli,« è che l’indicazione delle emissioni di CO2 da sola non basta a indirizzare il consumatore. Se però questi individua una connessione tra prezzo più elevato e maggiore impatto sul clima, allora si orienta sui vini con minori emissioni di CO2. Ma di fronte alla quarta carta, quella in cui si indicavano tutti gli elementi che andavano a comporre il prezzo finale, compreso il “contributo” per compensare le emissioni, la risposta è stata di segno contrario; i consumatori alla fine si sono orientati verso i vini più cari, anche se erano associati a un più elevato livello di emissioni».

Vogliamo apparire virtuosi

Quali i motivi di questa scelta? «Non possiamo dirlo con certezza», risponde Soregaroli, «perché non era previsto che gli avventori spiegassero i motivi delle loro scelte. Spesso in test di questo tipo si propongono questionari ai partecipanti, ma noi non volevamo rivelare che nel ristorante era in corso un esperimento (protrattosi per alcuni mesi nel 2018, ndr). Inoltre, quando chi partecipa a un test deve spiegare le proprie motivazioni, spesso fornisce risposte condizionate da quello che viene definito “social desirability bias”». Cioè dalla tendenza a proporre un’immagine ideale di se stessi, di quello che si vorrebbe essere e di come si vorrebbe apparire di fronte agli altri.

Risultati indesiderati

«Abbiamo però ipotizzato due possibili spiegazioni», continua il ricercatore. «La prima è che abbiano scelto i vini più cari e con i valori più alti di emissioni perché, pagando il contributo ambientale sul vino, ritenevano di controbilanciare la loro scelta e di compensare così le emissioni. La seconda è che non abbiano capito il meccanismo del contributo ambientale proposto e che, pertanto, pagandone uno più elevato, fossero davvero convinti di fornire un sostegno maggiore alla lotta contro i cambiamenti climatici». Quale l’opzione più probabile? «Secondo noi la seconda, ma quello che interessa, in realtà, è che a volte istituire misure per stimolare un comportamento virtuoso può provocare l’effetto opposto a quello voluto. È quindi molto importante valutare bene tutte le opzioni e le implicazioni prima di introdurre un contributo o una tassa climatica sul vino o su qualsiasi prodotto alimentare».

Effetto di sostituzione

Anche perché un aspetto che spesso non viene considerato quando si adottano queste misure è il cosiddetto “effetto di sostituzione”. Se, cioè, decido di non acquistare più un prodotto perché lo ritengo dannoso all’ambiente o alla mia salute, con quale altro prodotto lo rimpiazzo? «Questo», spiega Soregaroli, «è un aspetto che ancora sfugge alle analisi e che abbiamo in programma di valutare con ricerche future. Se per essere virtuoso, infatti, il consumatore si spinge su prodotti che ritiene più rispettosi dell’ambiente, ma che in realtà non lo sono affatto, provoca, senza rendersene conto, un effetto contrario a quello voluto».

Sostenibilità nel tempo

E poi c’è anche il tema della sostenibilità nel tempo di un comportamento e di una proposta, altro tema su cui gli esperti dell’Università Cattolica di Piacenza intendono indagare. «Se il ristorante che frequento spesso», spiega Soregaroli, «mi segnala una proposta più virtuosa rispetto ad altre, tenderò a sceglierla una, due, magari anche tre volte di seguito. Ma a lungo andare sentirò il bisogno di cambiare e quindi dovrà aggiornarsi anche la proposta del ristorante».
Insomma, trovare gli strumenti per indurre a scelte ecosostenibili non è facile, per quanto la sensibilità al tema ambientale sia estremamente diffusa tra i consumatori. Il fine di ricerche di questo tipo è proprio di indagare i meccanismi che entrano in gioco nelle scelte dei consumatori, per fornire a chi deve decidere sulle politiche da intraprendere gli strumenti utili per valutare le opzioni più corrette.

Foto di apertura: l’Università Cattolica ha condotto uno su come i dati sull’impronta carbonica dei vini influenzino le scelte dei consumatori nei ristoranti. I risultati evidenziano che bisogna concepire un’offerta incentrata sui valori dell’ecososteniblità. © S. Schauberger

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© Riproduzione riservata - 12/06/2021

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