Scienze Scienze Riccardo Oldani

Si può misurare l’astringenza?

Si può misurare l’astringenza?

Un team internazionale di ricercatori ha preso in rassegna i vari studi fatti nel mondo per trovare nei vini un parametro misurabile in grado di rivelare in anticipo quanto possono essere astringenti. Una risposta arriva da una branca della fisica, la tribologia, che studia gli attriti causati dai materiali, anche liquidi.

Uno dei trend più seguiti attualmente nel campo della ricerca sui prodotti alimentari mira a mettere in correlazione parametri fisici misurabili in un alimento o in una bevanda con le percezioni a livello organolettico. Per quanto riguarda il vino, un aspetto considerato importante è l’astringenza, cioè quella sensazione di secchezza e ruvidezza tra la lingua e il palato che si produce dopo la deglutizione. Se allappa troppo la la bocca un vino è considerato difettoso, o comunque non buono. È naturale che per i produttori sia importante capire che cosa generi questa sensazione e perché.

Che cos’è la tribologia

Un aiuto in questa direzione può provenire dalla tribologia, un branca della fisica che studia gli attriti, la lubrificazione e l’usura. Se applicata alla nostra bocca, la tribologia prende in considerazione la complessa rete di interazioni che si stabiliscono nel cavo orale tra la saliva, i cibi solidi, i liquidi e le superfici della lingua e del palato. Una sorta di compendio delle ricerche fatte finora in questa direzione è stato realizzato da un gruppo internazionale di studiosi, afferenti alle università del Cile, di Erlangen, in Germania, e di Stony Brook, negli Usa, con il contributo di una società che produce strumenti di misurazione. Il lavoro è accessibile, in lingua inglese, su una rivista estremamente specializzata, “Advances in Colloid and Interface Science”, con il titolo, tradotto in italiano, di “Correlazioni tra astringenza del vino e misure fisiche – La conoscenza attuale e le direzioni future” (qui il link).

Meccanismi ancora oscuri

Gli autori spiegano che ancora non è stata formulata una precisa descrizione di ciò che accade in bocca quando si percepisce una sensazione di astringenza. Esistono però tre diverse ipotesi. La prima è che aggregati di tannini e proteine intacchino il sottile strato superficiale di saliva che ricopre la lingua e il palato, esponendo i tessuti. Una seconda idea è che si formino aggregazioni di precipitati di tannini e di proteine. I precipitati sono fasi solide di sostanze che si separano da una soluzione liquida. Nel caso dell’astringenza la loro presenza potrebbe esercitare attrito tra lingua e palato, determinando il senso di allappamento. Infine, la sensazione sgradevole potrebbe nascere dall’interazione tra tannini liberi presenti nel vino e le membrane cellulari dei tessuti che compongono la cavità orale. Un altro ruolo importante sembra inoltre ricoperto dai legami chimici che si creano tra alcune proteine della saliva e i polifenoli dei vini.

L’attrito è la causa

Il concorrere di tutti questi fenomeni chimici che avvengono in bocca, in gradi che gli scienziati devono comunque ancora determinare, si traduce comunque in un fenomeno fisico che è alla base del senso di astringenza, cioè la frizione, l’attrito tra lingua e palato. Una soluzione proposta per verificare a priori se un vino può essere allappante è quindi misurare il suo coefficiente di frizione, o COF. Operazione relativamente semplice, perché esistono strumenti di utilizzo industriale sviluppati allo scopo e facili da reperire sul mercato e da utilizzare.

Si cerca un indicatore chimico dell’astringenza

I primi esperimenti di questo tipo, che risalgono al 2016, utilizzarono allo scopo una soluzione di vino e saliva ottenuta da donatori. In seguito si è provato a utilizzare una soluzione di laboratorio per simulare la saliva, ma con risultati, spiegano gli autori dell’articolo, non pienamente convincenti. Così come non è stato possibile, finora, trovare una correlazione precisa tra i valori del coefficiente di frizione misurato in un vino e i suoi contenuti di tannini, che permetterebbe di evitare test di laboratorio tribologici e di trovare un indicatore puramente chimico dell’astringenza.

Obiettivi futuri

È stato comunque fissato un punto fermo. Esiste una correlazione diretta e dimostrata tra l’astringenza di un vino e il suo COF, misurato su una soluzione con saliva umana. Non è facile però ottenere donatori di saliva né grandi quantità di questo liquido organico. Per cui ora ai ricercatori si apre una strada ben precisa; trovare un surrogato sintetico della saliva da utilizzare in soluzione con il vino per effettuare le misurazioni necessarie. Non ci vorrà molto per arrivarci. In definitiva, comunque, perché tutta questa fatica? È chiaro. Capire già nelle fasi iniziali della produzione se un vino è destinato a essere astringente può essere estremamente utile per i produttori, per trovare correttivi di cantina a prodotti che rischierebbero di rivelare il loro difetto soltanto in bottiglia, con notevoli danni alle vendite e all’immagine.

Foto di apertura: studi recenti dimostrano che esiste una diretta correlazione tra l’astringenza di un vino e il valore del coefficiente d’attrito misurato su una soluzione tra quello stesso vino e saliva. © C. Masterson – Unsplash.

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© Riproduzione riservata - 06/10/2021

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