In Italia In Italia Riccardo Oldani

Sangiovese e Cesanese per rinnovare il Governo

Sangiovese e Cesanese per rinnovare il Governo

Il Governo all’uso toscano non ha niente a che vedere con le elezioni regionali appena concluse. È un metodo antico che prevede l’uso di uve appassite per produrre un Chianti di più facile beva. Caduto in disuso e ora recuperato da alcune cantine, è stato oggetto di un interessante studio che ha portato alla definizione di due nuovi protocolli di vinificazione.

No, le elezioni regionali appena tenutesi non c’entrano nulla. Il “Governo all’uso toscano” non ha niente a che vedere con l’amministrazione di un territorio, ma con quella delle cantine. È una pratica antica basata sull’aggiunta di mosto da uve appassite al vino che ha appena terminato la fermentazione, avviandone quindi una seconda che si prolunga fino a primavera. Già citato alla fine del Settecento, il Governo fu poi “istituzionalizzato” dal barone Bettino Ricasoli, uno dei padri del Chianti moderno. Lo prevede tuttora il disciplinare del Chianti e del Chianti Classico, è però caduto in disuso, salvo essere rispolverato soltanto di recente da qualche produttore, secondo procedure alquanto variabili.

Un progetto articolato sul Governo all’uso toscano

Ma c’è un modo per realizzare un Governo a regola d’arte, in grado di dare risultati misurabili e ripetibili? Sul tema ha lavorato un gruppo di ricerca delle Università della Tuscia e di Pisa, insieme con la Cantina Vignaioli del Morellino di Scansano e con l’Arsial, l’Agenzia regionale per lo sviluppo e l’innovazione dell’agricoltura del Lazio. Coordinato dal professor Fabio Mencarelli, il team ha lavorato per diversi anni a un duplice progetto che ha poi dato vita a un articolo scientifico da poco pubblicato sulla rivista Food Chemistry, dal titolo: “Management of high-quality dehydrated grape in vinification to produce dry red wines” (“Gestione di uve appassite di alta qualità in vinificazione per produrre vini rossi secchi”).

cantina morellino vindelfattore
Il Vin del Fattore dei Vignaioli del Morellino di Scansano è il primo prodotto commerciale nato dalla ricerca dell’Università della Tuscia

Il progetto partito dal Morellino di Scansano

Che cosa hanno fatto i ricercatori toscani? È il professor Mencarelli a spiegarcelo. «Nell’ambito del progetto SosWine finanziato dalla Regione Toscana siamo stati coinvolti per una serie di aspetti legati all’appassimento delle uve, vinificazione e viticoltura di precisione dalla Cantina Vignaioli del Morellino di Scansano. Da tanto tempo mi interesso di appassimento delle uve e produzione di vini passiti. Dato che la cantina stava lavorando a un suo “Governo”, abbiamo pensato di studiare le tecniche di appassimento, realizzando una cella apposita».

La parallela sperimentazione sul Cesanese laziale

«A lungo avevo seguito questi temi a stretto contatto con i produttori dell’Amarone. Quindi è stato gioco facile trasferire su questo progetto molte conoscenze sviluppate in Veneto», prosegue il professore. Contemporaneamente, anche nel Lazio veniva proposto un progetto all’Arsial per sviluppare un “governo” basato su uve Cesanese, che ha portato a realizzare un primo esperimento di vinificazione nella cantina Casale della Ioria, e poi nell’azienda L’Avventura, nel cuore della Docg Cesanese del Piglio.

Uve in appassimento nella cella realizzata a Scansano per il progetto sul Governo all'uso toscano
Uve in appassimento nella cella realizzata a Scansano per il progetto sul Governo all’uso toscano

Due metodi diversi di Governo all’uso toscano

Partendo da queste premesse, che avevano portato alla produzione di vini molto interessanti, hanno preso corpo due diversi protocolli di vinificazione innovativi. In qualche modo, questi sistemi codificano due diversi modi di realizzare con le uve principi dei territori in questione, quindi Sangiovese e Cesanese, vini rossi simili per tipologia ai “Ripassi” veneti, che tanto gradimento stanno riscontrando sul mercato.

Attenzione all’appassimento delle uve

«In particolare abbiamo deciso», spiega Mencarelli, «di non utilizzare il Governo classico, ma di impiegare le uve di appassimento in due modi diversi. Specifica attenzione, in entrambi i casi, è stata posta alla fase di disidratazione delle uve, accuratamente controllata. Il processo messo a punto a Scansano prevede un appassimento delle uve Sangiovese in cella di appassimento, che vengono vinificate a secco, come se si trattasse di un Amarone.

Un Governo “alla rovescia” per il Sangiovese

«In un primo test abbiamo effettuato un taglio tra il vino secco iniziale e il vino da uve appassite. In un secondo test, realizzato l’anno successivo, abbiamo messo in fermentazione il mosto da uve appassite. Raggiunta una certa gradazione alcolica, ogni 5 gradi di alcol, abbiamo aggiunto una parte di vino secco di partenza. Abbiamo insomma operato alla rovescia rispetto al Governo classico, in cui si aggiunge il mosto di uve appassite in fermentazione al vino secco», precisa Mencarelli. «Abbiamo quindi ripetuto il processo fino a raggiungere la gradazione alcolica ottimale».

La cantina sperimentale della Regione Umbria a Orvieto, gestita dall’Università della Tuscia, dove sono state eseguite le vinificazioni dei vari protocolli di Governo all'uso toscano
La cantina sperimentale della Regione Umbria a Orvieto, dove sono state eseguite le vinificazioni dei vari Governi

Scelta più classica per il Cesanese

Diverso il discorso per il Cesanese. «Con questo vitigno», prosegue Mencarelli, «abbiamo sviluppato un Governo un po’ più classico. Abbiamo appassito le uve in cella di appassimento, le abbiamo pressate e aggiunto il mosto, solido e liquido per il 15% o il 30% al vino secco iniziale. Abbiamo quindi aumentato la percentuale di uve appassite immesse nel vino di partenza rispetto al Governo tradizionale ma, soprattutto, abbiamo pigiato le uve».

I risultati in entrambi i vitigni

I due metodi hanno dato risultati un po’ differenti, ma in ogni caso molto interessanti. Per quanto riguarda il Cesanese, un risultato importante è stata la mitigazione del classico sapore minerale, un po’ metallico, tipico del vitigno; il sentore è praticamente scomparso, rendendo più morbido il risultato finale. Il metodo messo a punto per il Sangiovese ha consentito di spingere la frazione aromatica su gusti simili a quello del Ripasso; rotondi, ma al tempo stesso strutturati, che incrementino la facilità di beva del Sangiovese.

L’esterno della cella di appassimento realizzata a Scansano
L’esterno della cella di appassimento realizzata a Scansano

Progetti futuri delle Università della Tuscia e di Pisa

I risultati sono stati apprezzati dai produttori e già utilizzati per vini in commercio. La ricerca si inserisce in un lavoro pluriennale, iniziato da oltre quindici anni da Mencarelli e dal suo gruppo all’Università della Tuscia. Ora lo studioso si è spostato da un anno all’Università di Pisa, sua università d’origine, dove continua il lavoro su direzioni consolidate. Tra queste, per esempio, studi mirati per eliminare, usando anche l’ozono sulle uve raccolte, lo “smoke taint”, il difetto prodotto nei vini dall’impiego di uve portate a maturazione in zone soggette a incendi, come l’Australia o la California.

Marcatori aromatici specifici per ogni metodo d’appassimento

Un altro lavoro molto promettente, ci dice Mencarelli, «è l’identificazione di alcuni marcatori aromatici che permettono, anche valutati sensorialmente, di risalire ai metodi impiegati per l’appassimento. Per esempio al sole, in fruttaio, in alta montagna, al livello del mare o con una vendemmia tardiva. Strumenti che consentono anche agli operatori di agire in appassimento in funzione degli aromi del vino passito che si vogliono ottenere».

Scopri gli ultimi progetti di ricerca e studio universitari in ambito enologico nella sezione dedicata +

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© Riproduzione riservata - 30/09/2020

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