Ragazzi, a tavola!

Ragazzi, a tavola!

Una minaccia incombe sul mondo del vino, e non si tratta dei dazi Usa. È la crociata degli “orgogliosamente sobri”, che non fa distinzioni fra la cultura del bere e fenomeni come il binge drinking. In ballo, però, c’è molto più di un calice di vino.

Sono molte le preoccupazioni per il vino italiano nello scacchiere internazionale. Si teme soprattutto la mossa del cavallo (il presidente Trump), che minacciando i dazi ha generato il panico tra i produttori europei, specialmente italiani. I risultati potrebbero essere disastrosi, considerando che gli Stati Uniti sono il primo mercato per il vino tricolore, dopo quello domestico. Ciononostante, in queste settimane ci ha colpito maggiormente una minaccia ben più profonda, culturale, dietro l’angolo.

È iniziata l’era degli “orgogliosamente sobri”

Peccato che ci abbia lasciato pochi mesi fa il filosofo contemporaneo che più si è speso in difesa del vino quale fondamento della nostra civiltà, l’inglese Roger Scruton. Infatti, avremmo volentieri chiesto un suo commento in risposta al nascente movimento degli “orgogliosamente sobri”, avviato da alcune influencer e star hollywoodiane che, annoiate dalle solite foto di loro stesse dietro al tumbler di un banale Long Island, hanno deciso di proporre ai loro follower e fan, un nuovo modello, basato su uno stile di vita sano, cioè senz’alcol. Il messaggio è chiaro: “astenersi è cool”. Attenzione, perché non si tratta di dissuadere i coetanei dal binge drinking, cioè dal bere per stordirsi. Si propone di abbandonare il cliché che bere in generale sia figo (traduzione italiana di cool). Così le sigarette sono uscite dal cinema, e sono passate dalle labbra dell’affascinante Bogart a quelle dei serial killer.

Sotto attacco c’è il vino (e non solo)

Ma vino e tabacco, ci permettiamo di dire, non sono la stessa cosa. “Il vino è la civiltà occidentale”, conclude Scruton nel suo saggio Bevo, dunque sono e almeno i legislatori europei dovrebbero tenerlo a mente. Se dagli Usa arrivano gli “orgogliosamente sobri”, nell’Europa settentrionale proibiscono il vino (la pubblicità, ad esempio, oltre al libero commercio inibito dai monopoli). Da noi, invece, si pubblicano interviste come quella rilasciata il 20 gennaio sul Corriere della Sera dal chirurgo epatico Luigi Rainero Fassati che dichiara di essere astemio dal giorno della laurea.

Il ruolo della famiglia

Per carità, Rainero Fassati lamenta giustamente che non si fa prevenzione e non si rimarca a sufficienza che gli alcolici sono la prima causa di morte tra i 16-22 anni e la seconda tra i 22-30 e che il binge drinking aumenta di 70 volte la probabilità rischi di un’epatite fulminante con coma. Secondo il chirurgo, la colpa è dei genitori: “È morta la famiglia”, infatti solo l’1-2% dei ragazzi seguiti dai genitori si ubriaca. Un dato difficile da credere (sembra fin troppo basso), ma fosse anche meno positiva l’influenza della presenza genitoriale nel contrastare gli abusi, forse ciò è dovuto proprio al fatto che i figli, a tavola coi genitori, imparano a bere.

Tutti a tavola! Un’occasione di scambio e di confronto

La frase suona come una provocazione, ma non la è: sarebbe importante tornare a dedicarsi del tempo a cena. Riconquistiamo almeno questa, dopo aver disgregato gli altri momenti conviviali. È il luogo in cui i figli si confrontano con gli adulti di riferimento, vengono educati all’affettività, al rispetto dell’altro, imparano anche a mangiare e a bere, a scegliere con gusto, a non esagerare. Cancellare la voce “vino” dal lessico famigliare non porterà solo alla chiusura delle aziende vinicole e di questo giornale (con una nuova rubrica sul tè, in ogni modo, ci prepareremo al futuro), ma minerà una delle parti più belle della nostra civiltà, il piacere della tavola e dello stare insieme, perché non c’è autentico convivio senza vino, dalla notte dei tempi.

Meno influencer, più Carl Brave per tutti

E allora, in questo vento avverso, dimentichiamo le influencer americane e sorridiamo invece al popolare rapper romano, Carl Brave, che in molte sue canzoni, come cammei, cita vini e vitigni: Chardonnay, Barolo, Gewürztraminer, Merlot… e lo fa con normalità, come parte della vita quotidiana, senza l’enfasi di Vasco che ci dava appuntamento come le star a bere del whisky al Roxy Bar. Orgogliosamente vinoso.

Questo articolo è tratto da Civiltà del bere 1/2020. Se sei un abbonato digitale, puoi leggere e scaricare la rivista effettuando il login. Altrimenti puoi abbonarti o acquistare la rivista su store.civiltadelbere.com (l’ultimo numero è anche in edicola). Per info: store@civiltadelbere.com

Tag: , , ,

© Riproduzione riservata - 14/02/2020

Leggi anche ...

I 10 errori da evitare (e che ho commesso) per diventare Master of Wine
I commenti di Alessandro Torcoli
I 10 errori da evitare (e che ho commesso) per diventare Master of Wine

Leggi tutto

50 anni di Civiltà del bere. Protagonisti per una volta ancora
I commenti di Alessandro Torcoli
50 anni di Civiltà del bere. Protagonisti per una volta ancora

Leggi tutto

Abbattiamo il Tafazzi che è in noi
I commenti di Alessandro Torcoli
Abbattiamo il Tafazzi che è in noi

Leggi tutto