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Raffaele Alajmo: la ristorazione. Piccolissime carte e bottiglie da collezione

Raffaele Alajmo: la ristorazione. Piccolissime carte e bottiglie da collezione

Raffaele e Massimiliano Alajmo sono i proprietari di uno dei templi stellati della cucina italiana, Le Calandre. Accanto al famoso locale di famiglia di Sarmeola di Rubano (Padova), i fratelli si sono impegnati anche in altre realtà: il Bar Ristorante Il Calandrino, il Ristorante La Montecchia e la gestione del Grancaffè & Ristorante Quadri di Venezia.

Ho iniziato la mia professione di ristoratore facendo prima il cameriere per poi diventare sommelier nel ristorante gestito e diretto da mio padre e mia madre, Le Calandre. Ho cominciato ad avere a che fare con il vino per pura passione, solo per il piacere di acquistare, conservare e poter in futuro proporre vini ai miei clienti al loro momento di giusta beva. Compravo solo ciò che mi piaceva andando anche contro il gusto e le tendenze. Con il tempo ho preso coscienza che ciò che non piace a me può piacere a qualcun altro e che quindi la mia carta dei vini avrebbe dovuto allargare le sue vedute, sempre mantenendo fede ai principi di qualità da me stabiliti. Non avevo nessuna attenzione sul ruolo importante che esercita il vino nel bilancio aziendale; un altro passo in avanti per me è stato quindi comprendere che un’azienda di ristorazione deve trarre margini sia dal food sia dal beverage e che necessita perciò di una gestione e di una pianificazione acquisti-vendite del vino molto attenta e precisa.



Alajmo

Raffaele Alajmo

Come siamo cambiati? Referenze quadruplicate

Per provare a capire dove saremo nel 2020 con il vino farei prima un’analisi di come si è evoluto il settore in poco più di 20 anni. Un ventennio orsono o poco più, con quattro o cinque rappresentanti del vino potevo tranquillamente soddisfare ogni richiesta d’acquisto per la carta dei vini; non esistevano tutti gli stili o le filosofie di vinificazione che oggi si trovano sul mercato: vini frutto, vini naturali, “triple a”, vini “parkerizzati”. Il mondo della finanza non era ancora entrato pienamente nel vino, ma aveva solo compiuto i primi passi al suo interno. Per i ristoratori il vino era una delle due fonti di reddito. Oggi, invece, noi ristoratori non siamo più in grado di quantificare il numero di rappresentanti che chiede appuntamento al nostro sommelier responsabile; il vino è oggetto d’investimento e di speculazione e per la nostra categoria, se non gestito con attenzione, può diventare una voce negativa di reddito.
Più di 20 anni fa per il mercato del vino Russia e Cina non esistevano. Oggi, invece, quei popoli sono grandi bevitori delle nostre etichette e, soprattutto, di bottiglie rare e prestigiose. In Europa, l’abbattimento delle frontiere e la libera circolazione delle merci ha influito molto sull’attività degli importatori ufficiali e ha permesso la nascita di numerosi microimportatori, oltre ad aver facilitato l’acquisto diretto intraeuropeo; prima non c’era la moneta unica e i prezzi avevano ancora un senso.

Prezzi alti e vini inacquistabili

Oggi il mercato è viziato da un’eccessiva domanda da parte di nuove terre del vino, da vini di ogni nazione e da vini che ogni sommelier amerebbe comprare e accudire nella propria cantina. L’eccessiva domanda ha reso inacquistabili alcune di queste bottiglie, o meglio, le ha rese invendibili nei ristoranti se non a prezzi che al ristoratore non coprirebbero l’investimento. Si aggiunga anche che il lievitare dei costi ha favorito l’avvicinamento del cliente finale alle Cantine o ai grandi distributori; è nato un settore di nicchia nella vendita del vino molto simile al mercato bancario top dove i grandi istituti attraverso il private banking si prendono cura dei clienti più facoltosi e importanti con un trattamento personalizzato eliminando ogni rapporto con agenzie e sportelli.
A conferma di questo fenomeno troviamo la larga diffusione in Oriente del corkage o droit de bouchon, che viene applicato dai ristoratori a tutti coloro che desiderano bere il vino della loro cantina privata. Ogni guida sui ristoranti riporta la disponibilità o meno da parte del locale di servire bottiglie “private” e a quali condizioni economiche vengono offerte. Il prezzo applicato per il corkage in Oriente varia dai 15 ai 30 euro per ogni bottiglia stappata.

Serve semplificare e chic per pochi

Nei prossimi 10 anni m’immagino una ricerca da parte dei ristoratori di vini che diano loro la possibilità di divertirsi, far divertire i propri ospiti, ma salvaguardare il loro margine. I ristoratori dovranno impegnarsi per trovare vini “loro” che abbiano un doppio valore aggiunto: per sé e per i commensali. A seconda del livello di ristorante si potrà anche trovare una certa ricerca archeologica del vino, con profondità d’annate che da sole daranno il valore aggiunto ai prezzi che dovranno essere applicati.
Mi immagino che i vini importanti diventeranno sempre più pezzi da collezione, bottiglie d’incredibile pregio da bersi solo in case private o in cene riservate. Il loro ruolo nelle carte dei vini sarà a doppia funzione: per il ristoratore sarà solo una forma di prestigio, la certificazione di possedere una cantina di rilievo; per le Cantine sarà importante avere i vini nelle carte dei ristoranti, perché queste stesse faranno da vetrina e certificheranno il pregio e il valore aggiunto. Pochi o pochissimi clienti potranno stapparli.
Nei prossimi 20 anni tutto questo avrà anche un punto d’arrivo e il mark up attuale che i vini top generano sarà destinato a fermarsi e a scendere. Allora gli interessi della finanza si sposteranno verso altri obiettivi. I grandi produttori resteranno grandi, ma faticheranno a far rientrare nelle carte dei ristoranti le loro referenze, perché saranno prodotti destinati a essere imbottigliati ma che pochi avranno il coraggio di bere. Saranno riservati a una piccola cerchia di multimilionari. Immagino una riorganizzazione degli importatori, spariranno gli improvvisati. Immagino la chiusura di molte Cantine realizzate da chi ha deciso di investire nel vino ma che del vino è interessato solo al teorico rendimento (e che oggi per salvare la faccia dice di farlo per hobby senza riguardo al profitto). Immagino che resteranno solo le aziende in cui chi produrrà vino lo farà principalmente per esprimere un proprio pensiero e non per mettere a punto un liquido con particolari caratteristiche di acidità, residuo secco, estratti di glicerina, alcol e con l’ambizione di una recensione e quindi di una soddisfazione economica. Immagino la scomparsa delle carte dei vini attuali e la nascita di piccolissime carte libere dalle micro-collezioni che rispecchino l’animo del ristoratore e che possano accompagnare bene la cucina proposta con cinque bollicine, cinque bianchi, cinque rossi e cinque dolci, quanto basta per fare altrettanti abbinamenti a livelli differenti. Poco magazzino, scelta assolutamente personale del ristoratore, margine sotto controllo e, perché no, una gara tra i produttori a fare meglio per entrare nei primi cinque. Immagino più coerenza, più pulizia, più ordine e rispetto sia per il vino sia per chi l’ha sempre amato.

Cosa aveva detto Gian Luigi Morini del San Domenico

«…Chi sarà restato sulla terra dovrà misurarsi con una tendenza che vedo in continua crescita, quella di mangiare di meno, ma meglio. Ugualmente si pone molta attenzione sulla qualità dei vini e tanto meglio se di prezzo contenuto. E il vino come sarà nel 2010? Mi chiedo se potranno esistere nella nostra galassia un altro Incisa della Rocchetta, un altro Tachis, capaci di costruire un vino così grande. La fantasia mi fa immaginare un nuovo vino, quello che tanti hanno desiderato e mai nessuno è riuscito a realizzare».

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© Riproduzione riservata - 10/10/2011

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