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Quel pizzico di emozione che danno le parole del vino

Quel pizzico di emozione che danno le parole del vino

Il giornalista Cesare Pillon ci conduce in un viaggio nel tempo per scoprire l’origine della parola Affinamento, termine che oggi designa la fase di evoluzione del vino dalla fermentazione alla commercializzazione in bottiglia (ma che più propriamente dovrebbe indicare la parte terminale della Maturazione, quella che il vino trascorre in vetro).

Il tema affrontato più a fondo sul n.3/2022 di Civiltà del bere, che gli dedica una monografia, è l’Affinamento. Con questo termine si designa attualmente l’evoluzione del vino da quando il mosto ha completato la fermentazione fino alla commercializzazione del prodotto in bottiglia. È difficile dare un nome a questa fase perché è più o meno articolata a seconda della tipologia; difatti dura pochi giorni per i Novelli, mentre per i rossi più ambiziosi si protrae anche per quattro o cinque anni. Qualunque sia la durata, tuttavia, è sempre di fondamentale importanza perché, come spiega il Dizionario Treccani, durante il suo corso avviene “l’insieme di fenomeni fisici, fisico-chimici, biologici, ecc. che concorrono a migliorarne e perfezionarne le proprietà organolettiche”.

In passato si diceva Invecchiamento

È difficile trovare un termine che esprima la complessità di questo intreccio di fenomeni e il salto di qualità che determina nel vino. Difatti il vocabolo adottato fino a 50 anni fa non avrebbe potuto essere più diverso da quello attuale: era Invecchiamento. E Invecchiamento era la formula con cui tutti i disciplinari delle Doc dell’epoca prescrivevano un soggiorno in botte per il loro vino. Tutti d’accordo, quindi. Eppure, nonostante il generale consenso, quel termine era inesatto e improprio, tant’è vero ch’è caduto in disuso con insolita rapidità. A metterlo fuori gioco è stata la valenza semantica negativa assunta dal concetto stesso di Invecchiamento nel momento in cui s’è compreso che la nobiltà di un vino non risiede nella vecchiaia ma nella longevità, cioè nella capacità di sfidare le ingiurie del tempo restando giovane.

Poi divenne Maturazione

È stato allora, circa una trentina d’anni fa, che il vocabolo Invecchiamento è stato sostituito da Maturazione, che al di là di ogni convinzione personale si direbbe la parola più adatta per descrivere ciò che avviene in qualunque tipologia di vino quando la trasformazione delle sue caratteristiche organolettiche gli permette di realizzare appieno le proprie potenzialità. Come mai, allora, non è stata adottata definitivamente? Perché, nel frattempo, nel mondo del vino italiano s’è fatta strada un’altra convinzione: per scegliere le parole con cui si raccontano i propri vini è consigliabile fare come i francesi; buona parte del loro successo è dovuta al modo affascinante con cui sanno presentarli. Non hanno bisogno di esagerare, e perciò le parole che usano non possono mai essere enfatiche: devono essere esatte ma positive, convincenti, possibilmente vibranti, meglio se danno anche qualche emozione.

E fu la volta di Elevazione

Sotto questo profilo, Maturazione è una parola esatta, positiva perché non evoca la vecchiaia e l’approssimarsi della morte, però non provoca neppure emozioni. E questo spiega perché, nel periodo in cui l’entusiasmo per i successi ottenuti dai Supertuscan faceva percepire la barrique come una bacchetta magica per ottenere qualità, si tentò di sostituire Maturazione con una parola molto più emozionante, Elevazione (dal francese élever), usata fino allora per definire il periodo trascorso dal vino nella piccola botte di rovere francese. Troppo emozionante, però; è la stessa parola che definisce, durante la Messa, l’innalzamento del calice verso il cielo, gesto che simboleggia la trasformazione del vino nel sangue di Dio. Evidente il rischio che suonasse irriverente e dissacrante, soprattutto in Italia, dove la religione cattolica è più presente, con il Vaticano, che in ogni altro Paese.

Infine… Affinamento

È così che si è arrivati a scegliere la parola Affinamento come sinonimo di Maturazione. In realtà l’Affinamento è solo la parte terminale della Maturazione, quella che il vino trascorre in vetro, dopo essere stato imbottigliato. Ma ha prevalso lo stesso perché è riuscito a estendere man mano il proprio significato fino a diventare l’equivalente di Maturazione, con il vantaggio di una maggiore intensità emotiva. Ma la stagione delle scelte non ha mai fine, per cui l’Affinamento ha dovuto vedersela anche con l’Affinazione. Non sono entrambi derivati dal verbo Affinare? Sì, ma Affinazione ricorda anche foneticamente la depurazione dalle impurità mentre Affinamento fa subito pensare alla raffinazione della qualità: ecco perché ha vinto, almeno per ora.
Chi l’avrebbe mai detto? Anche le parole hanno una storia e dei conflitti segreti su cui vale la pena di indagare. Anche perché testimoniano la profondità di una lingua che spesso maneggiamo con troppa leggerezza.

Foto di apertura: © W. Heidelbach – Pixabay

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© Riproduzione riservata - 12/08/2022

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