Scienze Scienze Riccardo Oldani

Quanto sono diversi i rossi italiani

Quanto sono diversi i rossi italiani

Uno studio che ha riunito vari gruppi di ricerca enologica in Italia ha confrontato per la prima volta 110 vini rossi monovarietali della Penisola, prodotti da 11 vitigni, per tracciarne una sorta di carta d’identità. Ne sono scaturiti ben cinque articoli scientifici che contengono indicazioni importanti non solo per gli accademici, ma anche per i produttori e per i professionisti del settore.

Un grande sforzo congiunto che ha unito esperti di sei università italiane (Torino, Bologna, Padova, Trento, Verona e Napoli Federico II) oltre alla Fondazione Edmund Mach. L’analisi dettagliata di composizione, colore e caratteristiche chimiche di 110 vini rossi monovarietali della Penisola ottenuti da 11 vitigni: Aglianico, Cannonau, Corvina, Montepulciano, Nebbiolo, Nerello Mascalese, Raboso Piave, Primitivo, Sagrantino, Sangiovese e Teroldego. Cinque articoli pubblicati su alcune delle più importanti riviste scientifiche del settore. Sono questi alcuni numeri di un complesso studio finanziato dal ministero della Ricerca nell’ambito dei PRIN, i progetti di rilevante interesse nazionale, che costituiscono uno dei più importanti ed efficaci canali di supporto alla ricerca nel nostro Paese.

Dati attesi e inattesi

La nostra attenzione su questo complesso lavoro si è accesa durante una delle nostre ricognizioni nella letteratura scientifica più recente. Sul numero di maggio 2021 della rivista “Food Research International” ci ha attratti un titolo in inglese che tradotto in italiano suona così; “Diversità dei vini rossi italiani: uno studio sui parametri enologici, colore e indici fenolici”. Leggendolo, ci hanno colpito alcuni dati. Per esempio che il Primitivo è il rosso con il contenuto alcolico più elevato del gruppo, mentre la Corvina è, all’opposto, il meno alcolico. In media i nostri vini rossi presentano un valore del 13,9% in volume, a testimonianza della loro “forza”.

Le caratteristiche di tenore alcolico, estratto secco totale, acidità titolabile e pH desunte dai ricercatori in seguito all’analisi degli 11 vini rossi monovarietali oggetto della ricerca

Dall’acidità ai fenoli

Per quanto riguarda l’estratto secco i dati ottenuti variano notevolmente per i singoli vitigni, tranne che per Nebbiolo, Teroldego e Sangiovese. A livello di acidità titolabile spiccano vini con valori elevati, come Raboso Piave, Aglianico e Primitivo e altri meno acidi, come Cannonau, Corvina o Sagrantino.
Interessanti anche i dati sui contenuti dei composti fenolici, rilevati sia nella loro totalità che per singole famiglie di composti, come tannini, vanillina o antociani. Per quanto riguarda i tannini, per esempio, è il Sagrantino a mostrare i contenuti più elevati, mentre la Corvina è il rosso con i valori più bassi. Il Teroldego spicca invece ben al di sopra di tutti gli altri per la presenza di antociani.

Non una classifica ma un’analisi

Presi singolarmente questi dati attirano l’attenzione, ma il fine di tutto questo lavoro non era stabilire una sorta di classifica per ogni singolo parametro che caratterizza i nostri vini rossi. Per capire meglio le finalità di questo lavoro corale abbiamo quindi raggiunto il corresponding author dell’articolo, Luca Rolle, docente del Dipartimento di Scienze Agrarie, forestali e alimentari dell’Università di Torino.
«Il nostro scopo non era fare una valutazione di prodotti in commercio», spiega Rolle, «tant’è vero che abbiamo campionato i vini esaminati presso produttori che ci davano garanzia al 100% della purezza, cioè dell’utilizzo di un unico vitigno. Inoltre i campioni sono stati prelevati subito dopo la fermentazione malolattica o appena dopo lo stoccaggio nei tini d’acciaio, quindi prima di qualsiasi intervento di cantina che avrebbe potuto influire sulla composizione chimica».

Carte d’identità dettagliate

Da questi campioni, i ricercatori hanno voluto definire undici carte d’identità degli altrettanti vini rossi monovarietali con lo scopo di definire punti di riferimento, di fissare caratteristiche tipo, pur con tutta la variabilità indotta da diversi territori e pratiche, utili anche per i produttori per capire meglio certi sottili equilibri che definiscono la qualità dei loro prodotti finali. Del resto i vitigni considerati entrano in una percentuale tra il 60% e il 70% di tutte le denominazioni italiane, quindi questo lavoro può rivelarsi davvero molto utile per moltissime Cantine. Un dettaglio particolare è inoltre stato riservato al Sangiovese, conducendo analisi separate per il rosso prodotto in Romagna e per quello della Toscana, al fine di verificare eventuali differenze, che in effetti in una certa misura sono emerse.

I dati ottenuti dai ricercatori sul contenuto totale di fenoli e su singoli gruppi di sostanze ascrivibili a questa categoria

Arrivare ai produttori

«Volevamo dare un’identità chimico-fisica a questi vini», osserva Rolle, «per esempio cercando di individuare la correlazione tra determinate caratteristiche, come gli aromi o l’astringenza, e la presenza di specifici composti nei vini. Questo anche allo scopo di determinare in modo scientifico le basi della tipicità di queste produzioni enologiche, che costituiscono un orgoglio per il made in Italy».
Non una semplice curiosità accademica, ma un’insieme di conoscenze che potrebbero realmente essere utili per chi produce in prima persona i vini, per capirne i punti di forza e di criticità. «L’unica difficoltà», ammette Rolle, «risiede forse nella capacità di far pervenire il reale significato di questo lavoro ai produttori. I nostri paper sono stati pubblicati su diverse pubblicazioni scientifiche, ma non sulle riviste di divulgazione».

Dati analitici e sensazioni

Pensate però all’utilità di un lavoro che prende in esame tutti i parametri fondamentali degli 11 rossi monovarietali prodotti in Italia e ne definisce le caratteristiche di base come acidità, pH, colore contenuti di sostanze, che possono a loro volta essere messe in correlazione con aspetti organolettici come astringenza, sapidità, aromi. Una tavolozza che consente ai produttori di capire nel dettaglio che cosa dia ai loro vini determinate peculiarità e di individuare quindi i percorsi produttivi per enfatizzare determinati pregi o smussare eventuali difetti. Lo sforzo dei sette gruppi di ricerca impegnati in questo ampio studio costituisce la base scientifica di questa tavolozza.

Definire un linguaggio comune

«Ora però», dice Rolle, «dovremmo trovare un accordo sulle definizioni, arrivare a un lessico comune. Lavoro non facile, perché in Italia si fa tanta “degustazione” e forse troppo poca analisi sensoriale».
La difficoltà starà proprio nel creare una solida e condivisa corrispondenza tra i dati analitici che individuano un vino e la descrizione delle sue proprietà organolettiche. Nel frattempo, sull’onda dell’entusiasmo, il gruppo di ricerca si è aggiudicato un altro PRIN. Il suo scopo sarà indagare a fondo il mondo degli aromi, questa volta dei bianchi italiani.

Foto di apertura: il lavoro di sette gruppi di ricerca ha prodotto un’analisi unica di 110 vini rossi monovarietali da 11 vitigni rappresentativi della produzione italiana © apolo-photographer – Unsplash

I riferimenti agli altri articoli pubblicati dal gruppo di ricerca

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© Riproduzione riservata - 15/09/2021

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