Quando i tannini si aggiungono in cantina. Lo studio dell’Università di Torino e Logroño
Li chiamano tannini enologici e sono preparati, di composizione molto variabile, ormai assai diffusi sul mercato. Nel loro utilizzo i produttori si sono finora basati su procedimenti empirici. Ora un gruppo di ricercatori italiani ha provato a studiarli nel tentativo di definire qualche istruzione per il loro uso. Ecco i risultati.
Nel mondo del vino esistono tanti aspetti e sfaccettature al confine tra scienza ed empirismo. Rossi e bianchi sono oggetto di un numero incredibile di studi e di ricerche; eppure sono così complessi che enologi e cantinieri ancora oggi per produrli sposano alla conoscenza una buona dose di intuito. Del resto non sarà mai possibile trasformarli in ricette di ingredienti da unire in dosi prestabilite per ottenere un risultato sempre uguale, come avviene per esempio per le bibite.
Composti fondamentali
Tra i composti che contribuiscono a caratterizzare i vini, i tannini sono forse i più complessi da etichettare e da mappare. Intervengono, infatti, sul colore, sul sapore e anche sugli effetti sul nostro organismo. Sono naturalmente presenti nell’uva, in particolare nella buccia e nei semi, da cui si estraggono durante la macerazione. I produttori hanno però imparato nel tempo a intervenire sul contenuto dei tannini, aggiungendoli con diverse pratiche, dall’affinamento in botte o in barrique all’aggiunta di chips. Esistono anche composti che possono essere additivati durante il processo di vinificazione, definiti come tannini enologici. Il loro uso è autorizzato dal Codice Internazionale delle Pratiche Enologiche dell’Organizzazione Internazionale della Vite e del Vino (OIV).
Difficili da inquadrare
Esistono diversi tipi di tannini enologici di cui è difficile capire l’effetto sul prodotto finale. Per questo motivo un gruppo di scienziati italiani, del Dipartimento di Scienze agricole, forestali e alimentari dell’Università di Torino, ha provato a indagarli. Lo studio, realizzato in collaborazione con colleghi dell’Instituto de Ciencias del Vid y del Vino di Logroño, in Spagna, è stato pubblicato ad aprile sulla rivista scientifica “Food Research International”.
Puri o in formula
Nel dettaglio,si è monitorato l’effetto di tannini enologici puri o uniti in formulati su vini modello, creati in laboratorio, vini rossi e acqua. I prodotti presi in considerazione sono tannini idrolizzabili (gallotannini ed ellagitannini), proantocianidine estratte da buccia e vinaccioli, e altri composti ricavati da legni esotici. In totale sono stati controllati gli effetti di 17 soluzioni diverse dopo un mese di permanenza sul liquido analizzato. I parametri misurati dopo questo periodo sono stati il contenuto di polifenoli, la capacità ossidante e, soltanto per quanto riguarda vino e acqua, anche l’aroma, l’astringenza e il livello di amaro.
L’attendibilità dei vini modello
«I risultati», indicano gli autori dello studio, «hanno mostrato una grande variabilità in termini di contenuti fenolici che si sono rivelati strettamente correlati con la capacità antiossidante».
In particolare sono stati i tannini idrolizzabili a mostrare la maggiore efficacia sotto questo aspetto. Tra l’altro le misurazioni si sono rivelate, soprattutto per gli ellagitannini, assolutamente sovrapponibili sia nei vini modello che nei vini “veri”, dimostrando quindi che è possibile anticipare in laboratorio, con una soluzione di prova, quanto poi avviene nel prodotto destinato al consumo.
Nessun rischio di amaro
I tannini enologici che più influiscono sul gusto amaro e sull’astringenza sono quelli da legni tropicali, in particolare gli estratti di quebracho, di cui esistono diversi composti in commercio. Va detto però, come osservano gli studiosi, «che i descrittori aromatici in bocca individuati per questi prodotti in acqua non trovano correlazione con l’effetto che producono nel vino rosso». In altre parole, il vino in qualche misura neutralizza l’effetto amaricante di questi tannini enologici.
Le conclusioni che se ne possono trarre nella pratica enologica, quindi sono che si può determinare la formula e la quantità di tannini enologici da attivare sulla base dei contenuti di polifenoli e della capacità ossidante ottenuti in laboratorio su un vino modello, perché le caratteristiche organolettiche del vino successivamente non si alterano in modo sostanziale. Un altro effetto riscontrato è la capacità dei tannini idrolizzabili di favorire la formazione di pigmenti a lunga catena polimerica (LPP), la cui presenza, di solito, è indice di una più elevata capacità di evoluzione dei vini rossi durante l’invecchiamento.
Foto di apertura: i tannini enologici sono composti che possono essere additivati durante il processo di vinificazione © Apolo Photographer-Unsplash
Tag: tannini enologici© Riproduzione riservata - 16/05/2022