L'altro bere L'altro bere Anna Rainoldi

Puro, Acholado o Mosto Verde… ¡Que viva el Pisco!

Puro, Acholado o Mosto Verde… ¡Que viva el Pisco!

Pisco es Perù. Possiamo ben dirlo: con oltre quattro secoli di storia e un disciplinare nato 25 anni fa, la prima Denominazione d’origine peruviana è fra i prodotti simbolo della nazione. Per chi non lo conoscesse, il Pisco (“uccello” in lingua Inca) è un distillato di mosto d’uva fermentato, intenso ma equilibrato, dagli aromi fruttati e floreali. Solo otto varietà sono ammesse dalle regole di produzione: le non aromatiche Quebrenta, Negra Criolla, Mollar, Uvina, e le aromatiche Uva Italia (ovvero il Moscato d’Alessandria) Albilla, Moscatel e Torontel. La scelta delle uve e del grado di fermentazione, invece, ne determina la tipologia: Puro (quando ottenuto da una sola varietà d’uva), Acholado (varietà differenti, ma anche uva pigiata, mosto, vini freschi, diversi Pisco) e Mosto Verde (si distilla il mosto d’uva parzialmente fermentato, prima che tutti gli zuccheri siano trasformati in alcol). Se per le prime due (Puro e Acholado) ogni bottiglia corrisponde a circa 7-8 chili d’uva, il Pisco Verde, data la particolare tecnica, richiede il 60-80% di materia prima in più.

Il tasting dei Pisco in purezza. L'ordine d'assaggio è da sinistra a destra

Il tasting dei Pisco in purezza. L’ordine d’assaggio è da sinistra a destra

QUALCHE CIFRA – Johann Spitzer, past president di Conapisco (Consorzio nazionale del Pisco), ci spiega che le 414 bodegas dei produttori certificati sono distribuite su un territorio di oltre 7.000 ettari, che comprende le valli costiere intorno a Lima, Ica, Arequipa, Moquegua e Tacna. Il distillato è noto dal periodo coloniale (il primo documento che lo attesta risale al 1574), ma oggi sta registrando un notevole incremento: dai 16.400 ettolitri prodotti nel 2002 si è passati nel 2013 a 72.000 ettolitri. In valore, da 78.000 a 5,51 milioni di dollari. Al di là del consumo interno, il 25% della produzione è destinato all’export, anche questo in espansione: le principali mete sono l’America Latina (soprattutto il Cile, primo importatore mondiale), gli Usa e l’Europa (in Spagna, Inghilterra, Francia, Germania). L’Italia è ancora fuori dai giochi, ma per poco: mercoledì scorso (15 ottobre) il Four Seasons Hotel di Milano ha ospitato la prima presentazione ufficiale del Pisco, grazie all’Ufficio Economico Commerciale del Perù e alla sua direttrice Amora Carbajal.

COME NASCE IL PISCO – Il disciplinare regola tutta la produzione, a partire dalla legatura delle piante in vigna. Roberto d’Alessandro, international bartender e bar consultant, ce la racconta passo dopo passo: a una prima potatura invernale e un successivo diradamento vegetativo, per eliminare i grappoli in eccesso, segue la vendemmia fra marzo e aprile, con ceste o casse dalla portata massima di 20 kg (perché i grappoli non si rovinino). Dopo la diraspatura, l’uva è pigiata con presse a torchio, più antiche, o pneumatiche. La fermentazione (alcolica e malolattica) avviene in acciaio o nei tradizionali vasi di terracotta piskos per circa 15 giorni; poi il mosto viene pulito, separato e analizzato, controllando gli zuccheri e il grado di acidità. Infine, è sottoposto un solo ciclo di distillazione in alambicchi di rame, che consente di conservarne i profumi. Così nasce il Pisco: non è previsto affinamento, solo tre mesi di sosta per equilibrare il distillato.

Work in progress. Dom Costa prepara i cocktail a base di Pisco

Work in progress. Dom Costa prepara i cocktail a base di Pisco

L’ASSAGGIO IN PUREZZA – Partiamo dall’aspetto visivo. Il Pisco, non essendo invecchiato, dev’essere incolore e brillante, cristallino, senza impurità e parti oleose. Il naso va stuzzicato, non infilato nel bicchiere (il rischio è quello di un crack olfattivo!): a seconda del grado di aromaticità dell’uva, i profumi sono intensamente fruttati e floreali, o più sobri e complessi. Infine in bocca, a piccoli sorsi, si percepisce la morbidezza, il corpo e l’equilibrio del distillato. Proviamo, in sequenza: Tabernero, Pisco Puro da Uva Italia (Tabernero), molto fruttato e vellutato; Queirolo, Puro di Quebrenta, più secco e complesso, con sensazione alcolica maggiore e sentori di mandorla; il terzo è Barsol, Acholado di uve Quebrenta, Italia e Torontel, dai profumi ampi di fiori e frutta matura, mentre in bocca spicca l’equilibrio; l’ultimo, ancor più interessante dal punto di vista organolettico, è Porton, Mosto Verde di uve Torontel: la ricchezza dei profumi del mosto ancora in parte zuccherino si trasmette nel distillato (sebbene sia completamente secco), che guadagna in armonia, morbidezza e aromaticità. Sensazioni confermate da un fuori-programma, un altro Mosto Verde (di Uva Italia), di cui è presente il produttore: Las Once de Azpitia.

E IN VERSIONE COCKTAIL – Il bartender Dom Costa ci spiega la storia dei cocktail a base di Pisco, cominciata nell’Ottocento fra il Perù e San Francisco. E, in conclusione, ci fa provare quattro drink esemplari: Chilcano (con succo di lime e Ginger Ale), Pisco Punch (con polpa d’ananas e lime, nato al saloon Bank Exchange & Billiard di San Francisco), El Capitan (una reinterpretazione del Manhattan, con Pisco e Vermouth) e con lo storico Pisco Sour (con lime, zucchero e albume d’uovo), inventato al Morris Bar di Lima nel 1903. Ci ha convinto. Non resta che segnare in calendario il 26 luglio 2015, per festeggiare anche in Italia il Día del Pisco!

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© Riproduzione riservata - 21/10/2014

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