In Italia In Italia Alessandro Torcoli

Presentiamo in anteprima la nuova geografia del Marsala Florio

Presentiamo in anteprima la nuova geografia del Marsala Florio

La storica azienda siciliana Florio propone un modo alternativo di raccontare il Marsala, legato all’interpretazione dell’uomo che seleziona i vini in base al loro carattere determinato da radici di aria, di terra e di mare. E in etichetta ci sarà tutto, compresa l’angel’s share.

L’articolo fa parte della Monografia Marsala
(Civiltà del bere 4/2021)

Non capita spesso di essere testimoni di una rivoluzione. È una bellissima esperienza, se incruenta, come quella in corso alla Florio di Marsala. D’altronde, tra l’epopea della famiglia, mai così attuale grazie ai due volumi di Stefania Auci, e lo sbarco di Garibaldi, l’aria da queste parti è sempre stata frizzante, nonostante la placida presenza dello stagnone e delle sue saline. Aria di mare, per meglio dire. E al mare ci riporta anche l’origine british del Marsala, quando il blocco navale imposto da Napoleone costrinse i mercanti inglesi a fare scorte di derrate alimentari (tra cui il vino). Un vino che, una volta portato in Inghilterra con aggiunta di alcol per farlo resistere meglio al viaggio per mare, piacque così tanto da dare avvio a un commercio fiorente.

Un nuovo modo di comunicare il Marsala

Il mare è sempre il punto focale, tutto arriva e riparte dal mare per i Florio allora, per la Florio adesso. La Cantina, ad esempio, dista dal mare 95,5 m ed è la prima cosa che ci fa notare il direttore Roberto Magnisi, che ha preso personalmente la misura dotato di rullina metrica: dalla punta del pontile all’ingresso. Perché questo dettaglio? Perché, come ci ha detto con un’immagine suggestiva: «Le distanze, come le radici, sono importanti».
Poche ore più tardi avremmo capito il senso di queste parole. Sta nascendo una “nuova geografia” del Marsala Florio, un nuovo modo di interpretare e comunicare questo vino. Se le bottiglie che vi presentiamo sono davvero inedite, lo spirito che contengono è eterno. E non parliamo solo dell’invecchiamento dei vini, in alcuni casi trentennale, con parti che affondano le radici anche oltre. È un comune sentire. Tutti alla Florio riconoscono che questi elementi sono i pilastri del Marsala: espressività dell’uva, posizione delle botti, materiale e dimensione delle stesse, temperatura, umidità e sapiente orchestrazione dell’enologo. Solo che nessuno sinora aveva mai pensato di scriverlo in etichetta e di andare oltre le categorie classiche.

L’agronomo Francesco Pizzo ci ha parlato della sua concezione di “agronomia marina”

In vigna

Il nostro viaggio comincia nelle vigne, come per ogni vino che si rispetti. L’agronomo Francesco Pizzo ci porta sul lungomare, con vista sull’Isola lunga, Mozia, Santa Maria e
Le Scole, le isolette che proteggono lo stagnone. Il mare a sinistra, la strada, il vigneto a destra: spalliera bassa, fittezza d’impianto, una media vigoria. Solo Grillo, l’unica varietà che utilizzano alla Florio per il Marsala. «Mantiene il pH basso, con 6 g/l di acidità totale e 15,5% vol. di alcol», piuttosto unico come risultato, ci spiega Pizzo. Credevamo non ci fosse bisogno di riservare tanta attenzione alle uve da destinare al Marsala. Che ingenuità. L’agronomo conosce ogni filare e cita i cru del Marsala, come la zona “spagnola”, dove le uve prendono caratteristiche particolari di sapidità e croccantezza. E così anche l’enologo, Tommaso Maggio, che seleziona le partite. Qui si sente il sale, che resta impigliato sull’acino, ricordi di alga. Anche il momento della raccolta è importante; quest’anno è cominciata il 29 agosto. I grappoli devono essere perfettamente maturi. «Il raspo è parte integrante del Marsala, ha molti tannini che arricchiscono il prodotto». Pizzo e Maggio ci parlano di agronomia marina, perché anche nelle vigne come in cantina, la distanza dall’acqua è importante. «C’è un mondo vino e un mondo Marsala», precisa Maggio. «La concezione agronomica è simile, ma poi le strade si separano».

In cantina

Entriamo nel baglio della Florio, un castello che magnifica la potenza della famiglia nell’Ottocento. Seguendo il processo produttivo ci rechiamo dove arrivano le uve. Sin dal torchio comprendiamo che il Marsala prende una strada diversa rispetto agli altri vini. E l’enologo Tommaso Maggio sintetizza con un’efficace immagine quello che succede: «Si ruba l’anima all’acino. Si tratta di un’enologia hard, ma governata».
Le pompe portano il mosto nella cantina di vinificazione, dove si svolge un’enologia vintage, anni Ottanta, caratterizzata da vasche di cemento costruite nella metà del XIX secolo.
La fermentazione si svolge ad opera di lieviti neutri di ceppo Bayanus. Nel contenitore di cemento – a differenza dell’acciaio – non dominano le forze elettrostatiche e non c’è “interruzione” nella lisi dei lieviti.
«Accogliamo le energie continue che costruiranno il Marsala», suggerisce Maggio, che si muove in cantina con atteggiamento di artigiano più che di tecnico: ascolta, sceglie, osserva, assaggia. Chi avesse dubbi sul fatto che l’uomo è una componente imprescindibile del terroir, come il suolo, il clima, le uve, dovrebbe essere qui ora. La temperatura è controllata manualmente. L’enologo usa uno scambiatore esterno, fa girare il vino, ritmando così anche il rimontaggio: ossigena e fa girare i lieviti. È solo questione di giorni, durante la fermentazione, poi il contenitore manterrà la temperatura in maniera statica.

Quel che conta alla Florio è il lavoro di squadra: qui l’enologo Tommaso Maggio e il direttore Roberto Magnisi spillano da una botte i nostri assaggi

La fortificazione? L’innamoramento

La peculiarità del Marsala, come noto, è la fortificazione, l’aggiunta di una minima parte di alcol (Vergine) e, nel caso del Fine e del Superiore anche del sifone (mosto d’uva atto a dare Marsala Doc mutizzato, aggiunto di alcol etilico di origine viticola e/o di acquavite di vino, nda) e a volte di mosto cotto. Questa è una seconda stagione o se vogliamo “una nuova semina” per il Marsala come sostiene Roberto Magnisi, perché si decide il futuro del vino. In Florio lo chiamano “innamoramento”, per sottolineare l’intimità del passaggio.

La combinazione legno-posizione in etichetta

Segue l’affinamento, la terza stagione. «Creare Marsala significa realizzare un percorso organolettico intellettuale e godere nel poterlo condividere con il futuro più lontano», sostiene Magnisi. Per questo è tutto progetto, semina, raccolto… lo sguardo è quello del contadino, di chi non pensa solo all’oggi, ma soprattutto al domani. Passeggiamo nelle cantine, cattedrali gotiche coi loro archi a sesto acuto e vertiginose altezze, dove riposano 5,5 milioni (milioni!) di litri. Ogni navata parla una lingua diversa e porta un nome proprio: Donna Franca, Garibaldi, Florio, Ingham-Woodhouse. E ognuna ha lunghezze diverse (dai 60 ai 173 m) con distanze massime dal mare differenti (dai 235,5 ai 268,5 m). Qui respira una “foresta” di legni, botti dai 225 litri ai 645 ettolitri (64.500 litri), di tipo e età diverse. Non serve un enologo per capire quanto sarà diverso il risultato. Aggiungiamo alla variabile botte, quella dell’influenza marina, della temperatura e dell’umidità: ogni combinazione legno-posizione genera diversi livelli di evaporazione (angel’s share), avrà differenti valori d’alcol e acquisirà una palette organolettica differente, ad esempio con note più o meno iodate. È la nuova geografia del Marsala: ogni botte ha le sue coordinate, che le nuove bottiglie Florio “single barrel” riporteranno in etichetta. Un’etichetta che sarà il racconto di una vita, unica e irripetibile. Una straordinaria complessità, di quelle che fanno impazzire i cultori della materia che possono cogliere risultati estetici diversi.

Degustando il Marsala Vergine Riserva – VR1898. Annata 1997 (fortificazione 1998)

Abbiamo “assaggiato” alcuni di questi racconti, spillando non solo dalle botti che daranno i Marsala più prestigiosi, ma anche dalle basi destinate a quelli più immediati. È fantastica la palette di colori a disposizione dell’enologo. Per tutti, tra i nuovi Florio in arrivo, vi raccontiamo il Marsala Vergine Riserva – VR1898. Annata 1997 (fortificazione 1998), affinamento di 23 anni in fusto in rovere N.41FL da 25,5 hl custodito in Cantina Florio a 147 metri dal mare, 19% vol., angel’s share del 41%, 800 bottiglie prodotte.
Ha un colore oro rosso brillante, al naso esprime note di tè nero, fico, mandorla, porcino, mentolo, liquirizia. Al palato si presenta con una struttura importante, ma colpiscono soprattutto il sapore della caramella mou, l’untuosità dell’arachide e il miele, la tostatura del chicco di caffè con un finale limpido ed equilibrio di freschezza.
Un’esperienza emozionante. Nel taccuino rileggo le note di assaggio di altre botti, Marsala così diversi, dalla personalità così varia che sembrano usciti da città diverse di questo mondo che per noi oggi sono le cantine Florio. Ognuno con la sua carta d’identità, le sue radici, non solo di terra, ma anche di legni e di mare. Sembra tutto normale, pur essendo una rivoluzione.

Foto di apertura: la posizione delle botti in cantina e la loro distanza dal mare generano diversi livelli di evaporazione (angel’s share) e differenti caratteristiche organolettiche

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© Riproduzione riservata - 21/01/2022

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