Piemme e Le Pupille: la Maremma secondo Elisabetta Geppetti e i figli Clara e Ettore
Il 27 gennaio la Fattoria Le Pupille ha presentato l’annata 2016 del suo iconico Syrah, che non a caso porta il nome aziendale. Debutto assoluto, invece, per il Petit Manseng Piemme (vendemmia 2018), bianco da invecchiamento orgogliosamente maremmano. Il racconto su come vengono prodotti e le nostre note di degustazione.
Se c’è una qualità che non manca alla viticoltura della Maremma è la sua varietà. II Sangiovese, declinato nella versione Morellino di Scansano, resta l’asso nella manica; ma sempre più Cantine scelgono di giocare la carta degli internazionali e cresce il numero delle proposte in purezza.
La visione di Elisabetta Geppetti
Elisabetta Geppetti, titolare di Fattoria Le Pupille, è stata tra le prime a scommettere (giovanissima, a inizio anni ’80) su quest’angolo di Toscana quando la consacrazione nell’alta società vinicola italiana doveva ancora arrivare. Nel 1992 è stata la prima donna presidente di un Consorzio, il neo costituitosi Consorzio del Morellino di Scansano; ruolo che è tornata a ricoprire tra il 2011 e 2013. Da ricordare anche il 1987, quando con l’aiuto dell’indimenticato enologo Giacomo Tachis, la produttrice lanciò il Saffredi, considerato il capostipite dei SuperTuscan di Maremma (nato come Cabernet Sauvignon, oggi include anche Merlot e Petit Verdot). L’obiettivo? Dimostrare che tra le colline di Grosseto era possibile fare vini dall’appeal mondiale.
Il Petit Manseng Piemme e il Syrah Le Pupille
Trent’anni dopo, la missione di Fattoria Le Pupille resta la stessa. Oggi Elisabetta Geppetti è affiancata nella gestione della Cantina dai figli Clara ed Ettore, con i quali sta mettendo a punto altre due preziose etichette dal dna maremmano, ma con un animo internazionale. Si tratta del Syrah Le Pupille e del bianco Piemme, 100% Petit Manseng, presentati alla stampa durante una degustazione telematica lo scorso 27 gennaio. Per Piemme si tratta di un debutto assoluto, con l’annata 2018. Il Syrah invece è alla sua seconda uscita: dopo l’annata 2015, presentata nel gennaio 2019, oggi vede la luce la vendemmia 2016.
Un Syrah all’insegna del dualismo
«Le Pupille è il primo vino nato in tandem con la mia primogenita Clara», racconta Elisabetta Geppetti. «Un vino gioiello, che nel nome esprime la sua essenza: è prezioso come le pupille degli occhi e duplice sotto molti aspetti. Sono due, infatti, le generazioni impegnate nel progetto, madre e figlia. Due gli appezzamenti da cui selezioniamo le uve, Vigna del Palo e Vigna di Pian di Flora. E, infine, due i metodi di vinificazione, in tonneau e in orci di terracotta».
Vigna del Palo e di Pian di Flora
«Vigna del Palo è un ettaro e mezzo impiantato nel 2000 su un terreno sciolto che deriva dalla disgregazione di roccia arenaria»., precisa Clara Gentili. «L’esposizione ad est permette alle piante di beneficiare delle ore più fresche del mattino mentre in quelle più calde risultano maggiormente protette. E poi c’è Vigna di Pian di Flora, impiantata nel 2002 e caratterizzata da terreni tufacei e ricchi di alabastro, con buona presenza di scheletro e tracce di gesso. Le correnti provenienti dal fondovalle rendono il clima particolarmente fresco».
Vinificazione in tonneau aperti e orci di terracotta
Le uve provenienti dai due vigneti di Fattoria Le Pupille vengono schiccolate a mano con una piccola percentuale di grappoli interi, circa il 5%. «La selezione di Vigna del Palo fermenta in tonneau aperti per 25 giorni con una leggera follatura manuale 1-2 volte al giorno. Dopo la svinatura, la maturazione procede per ulteriori 15 mesi in tonneau. Il Syrah che arriva da Pian di Flora, invece, è vinificato in orci di terracotta da 500 l prodotti localmente e artigianalmente dall’azienda Manetti. A seguire, 5 mesi di macerazione e svinatura a basse temperature. Dopo l’assemblaggio, il vino resta in piccoli legni francesi da 300 l di I e II passaggio per un anno». L’imbottigliamento è avvenuto a marzo 2018, poi tanto riposo in bottiglia.
La vendemmia 2016 all’assaggio
Come ripetono spesso Elisabetta Geppetti e i suoi figli, Le Pupille è un vino con cui loro si complicano la vita in cantina. Massima attenzione e cura nei particolari per sole 4.700 bottiglie. Il prezzo finale al pubblico è di circa 100-110 euro. L’annata 2016 si sta dimostrando una delle più belle degli ultimi 10 anni (per molti se la gioca con la 2019). Nel calice un vino dal manto rubino intenso, con un bouquet sfaccettato ed elegantissimo. Pepe nero, liquirizia, erbe officinali, cacao, ricordi di cuoio. In bocca l’attacco è fresco e misurato, poi si apre crescendo in morbidezza, suadenza e profondità. Non ammicca, non strafà, come spesso capita ai rossi locali. Frutto e spezia si corrispondono con misura.
Petit Manseng in purezza e pensato per essere longevo
E poi c’è Piemme, ultimo ma solo in ordine di creazione. E a ben guardare non è neanche proprio così. «Piemme è la trascrizione della pronuncia italiana di Petit Manseng, che qui vinifichiamo in purezza con l’obiettivo di produrre un grande bianco da invecchiamento», racconta Elisabetta Geppetti. «Se il Syrah Le Pupille segna l’ingresso in azienda di Clara, Piemme è un’intuizione di Ettore, che ho subito appoggiato con entusiasmo. Nel 2015 è stato lui a ritrovare in Cantina un tonneau francese vinificato l’anno precedente con l’enologo Luca D’Attoma e poi dimenticato». Come tale, non era stato colmato e risultava un po’ ossidato. Ma il giovane Ettore si accorse subito che c’era una grande materia su cui lavorare.
Tonneau di leggera tostatura per la fermentazione e la maturazione
«Il Petit Manseng è un’uva fenomenale, dalla prorompente acidità», spiega Ettore Rizzi. «In vigna, sembra non arrivare mai alla piena maturazione; il che qui in Maremma è una grande fortuna visto il clima caldo». Dopo una serie di sperimentazioni, si decide di vinificare l’annata 2018. «Le uve sono situate nella Vigna Pian di Flora: 3 ettari di arenaria su uno strato superficiale gessoso». La maggior parte del Petit Manseng confluisce nel blend Poggio Argentato, storico bianco della Fattoria Le Pupille. «I grappoli selezionati per il Piemme vengono raccolti a mano in piccole cassette da 10 kg. La vendemmia avviene leggermente più tardi; in questo caso il 6 settembre, di fatto quando iniziamo a raccogliere il Sangiovese. In cantina procediamo con la macerazione pre-fermentativa in pressa, così da estrarre solo materia soffice e il mosto fiore. Il tutto passa in tonneau da 500 l di leggera tostatura. Dopo la fermentazione, il vino resta sulle fecce fini per 2 mesi con batonnage quando necessario. A seguire il travaso, 15 mesi in tonneau e circa 1 anno in bottiglia». La malolattica non viene svolta.
Petit Manseng 2018, buona la prima
La limited edition è di sole 1200 bottiglie, vendute al pubblico a 80 euro. L’annata 2018 è ricordata per la sua regolarità, con una tipica estate maremmana. La sfida, come ricorda Ettore Rizzi è stata quella di trovare il punto di equilibrio della maturazione (l’etichetta segna 15% vol.) per dar vita a un vino piacevole, vibrante, capace di restituire il suo terroir. «Nel Piemme c’è esattamente la nostra idea di vino bianco della Maremma. Fuori dagli schemi, pensato per l’invecchiamento, di grande struttura e intensità aromatica». L’assaggio è intrigante, l’acidità sostiene la possanza mediterranea (note di camomilla, eucalipto, miele, zafferano), la bevibilità non viene mai meno. Ma, come dicono gli inglesi, the best is yet to come. Sarà soprattutto il futuro a decretarne il potenziale.
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