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Ossidazione del vino e riduzione: come evitare brutte sorprese

Ossidazione del vino e riduzione: come evitare brutte sorprese

«Il fenomeno di ossidazione del vino è naturale. Ogni bottiglia ha la sua durata caratteristica». Così Luigino Bortolazzi, presidente di Assoenologi Veneto occidentale, introduce il tema della shelf life, la “vita sullo scaffale” dei prodotti enologici. L’importante è che la bottiglia non tradisca la shelf life attesa. Ovvero il periodo di tempo in cui il prodotto mantiene le caratteristiche qualitative, in normali condizioni di conservazione. Ma come far durare un vino nel tempo in modo corretto, rispetto al suo posizionamento di mercato?

Ossidazione del vino e “shelf life”

È una domanda che si pongono molti enologi. L’obiettivo è soddisfare le aspettative di un consumatore sempre più attento alla qualità e alle caratteristiche identitarie di bianchi e rossi. Danno una prima, articolata risposta le ultime ricerche scientifiche presentate il 21 febbraio al dipartimento di biotecnologie dell’Università di Verona, a San Floriano. Un vero e proprio incontro sulla shelf-life, organizzato da Assoenologi in collaborazione con Vinventions.

Per evitare brutte sorprese

Riduzione e ossidazione del vino, cioè la scarsità o l’eccesso di ossigeno, sono molto temute nelle fasi di vinificazione e di imbottigliamento. Possono cospirare contro la shelf life, che è il punto d’incontro tra le migliori intenzioni del produttore, l’evoluzione che ci si attende dal vino e la soddisfazione di chi lo compra. I fattori critici da monitorare per evitare brutte sorprese sono la concentrazione di antiossidanti indigeni nelle uve o durante la vinificazione. Ma anche l’esposizione all’ossigeno nelle fasi critiche, temperatura e tempo.

Attenzione all’ossigeno e ai polifenoli

Lo ha chiarito Stephane Vidal (Vice President Enology & Wine Quality Solutions di Nomacorc). «L’ossigeno può essere disciolto nel vino ma molto spesso si sottostima quello che si introduce nel collo della bottiglia nelle corso dell’imbottigliamento e attraverso il tappo. La chiave di volta è contare sulla giusta quantità di polifenoli, creare un pool di precursori aromatici e misurare l’ossigeno. Gestendo i precursori di ossidazione e riduzione, nell’ottica di evitare una shelf life insoddisfacente e possibili difetti».

Gli indici di misurazione

«A questo scopo» ha anticipato la ricercatrice enologica Cristine Pascal, riferendosi a una nuova tecnologia in via di sviluppo, «in grandi realtà è stata adottata la voltometria. Per ricavare indici di misurazione per i polifenoli – i principali attori dei fenomeni di ossidazione e riduzione – e valutare l’efficacia di eventuali elementi chiarificanti introdotti».

Micro e nano-ossigenazione sui rossi

La prof. Angelita Gambuti, dell’università di Napoli Federico II, ha quindi analizzato i processi ossidativi per i vini rossi durante l’invecchiamento. Citando due sperimentazioni: una di micro-ossigenazione su Cabernet Sauvignon 2013, l’altra di nano-ossigenazione su vini rossi campani ricchi di tannini. «La micro-ossigenazione può accelerare la migliore evoluzione per un vino. Questo grazie anche all’apporto di anidride solforosa e di glutatione. Ma vanno accuratamente monitorati l’ossigeno disciolto nel vino, l’anidride solforosa libera e l’acetaldeide», ha detto l’esperta. Gambuti ha anche sottolineato il ruolo chiave degli antociani. Se ben gestiti, possono conferire grande longevità al vino.

L’imbottigliamento è la fase più critica

Il prof. Maurizio Ugliano dell’università di Verona invita a non considerare il rame come una panacea da usare a tutto campo. Anche per prevenire sentori di ridotto. «Se è vero infatti che è specifico per i mercaptani, non lo è per tutte le molecole di riduzione. Spesso così ci si giocano gli aromi fruttati». Attenzione, infine, ai tappi, che possono fare penetrare da 0,5 a 3 mg di ossigeno all’anno. E anche l’imbottigliamento è da controllare con estrema attenzione: «In media in questa fase si introducono fino a 3 mg di ossigeno», ha concluso Vidal. «Teniamo presente che se miglioriamo le condizioni dell’imbottigliamento, ad esempio riducendo da 3 a 2 mg di ossigeno in bottiglia, risparmiamo almeno un anno di ossidazione».

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© Riproduzione riservata - 24/02/2017

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