Ok, la temperatura è giusta!
Dall’acqua al vino, passando per gli spirits: ogni bevanda deve essere servita al giusto grado per assaporarla al meglio. Spesso i ristoranti non prestano abbastanza attenzione a questo problema, che piccolo non è.
Premessa. Per millenni, tutti – ovviamente tutti quelli che potevano permetterselo, quindi una minoranza fino all’arrivo di frigoriferi e freezer casalinghi, avvenuto comunque solo dopo la Seconda guerra mondiale – amavano raffreddare ciò che bevevano con il ghiaccio. Le tecnologie, non tanto quelle su come raccoglierlo d’inverno, che è facile, ma su come conservarlo il più possibile in contenitori e ambienti coibentati, che fungevano anche da frigoriferi, ci sono sempre state e sono state implementate. A fine Ottocento i velieri portavano ghiaccio dal New England addirittura fino a Bombay, via Capo Horn! Comunque, poter bere freddo voleva dire poterselo permettere, quindi era uno status symbol, proprio come l’utilizzo delle spezie. Quando il freddo arrivò a casa, a lungo (e ancora oggi) si continuò a prediligere il bere molto freddo: stava ormai nel Dna degli esseri umani.
La lezione del sakè
Ma veniamo alle cose pratiche. Quanto incide la temperatura di servizio sul gusto di una bevanda? La risposta è senza dubbio alcuno: moltissimo, anzi di più. La più grande lezione in proposito me la diedero due simpatiche e anziane signore giapponesi che producevano uno dei migliori sakè del Sol Levante. Un importatore italiano voleva venderlo nel nostro Paese (alla fine non ce la fece, era troppo caro) e aveva portato le produttrici a Milano. Io le intervistai – parlavano solo giapponese, ma c’era una traduttrice – e onestamente non sapevo cosa chiedere. Alla fine, la mia domanda, l’unica che mi venne in mente, fu: «Ma a che temperatura bisogna bere il sakè, a volte nei ristoranti lo trovo caldo e altre freddo?».
La risposta: «Dipende. Se è buono, suggeriamo leggermente fresco, circa 16 °C. Se invece è cattivo, faccia lei, o molto caldo o molto freddo, così sente meno i difetti». Fu una grande lezione e da allora bevo il sakè alla temperatura indicatami.
L’acqua minerale, gassata e non
Ma, più che mai, da allora lotto, e molte volte litigo, nei ristoranti per bere a una temperatura corretta. Iniziamo dall’acqua, la più fondamentale accompagnatrice dei nostri piatti. Oggi vive una nuova giovinezza: le acque minerali, gassate e non, si differenziano sempre di più in funzione del tipo e della quantità di sali disciolti. Vanno molto di moda quelle che ne hanno pochi, ma continuano a prosperare anche quelle ricche di sali, assai saporite. Provate a comprare bottiglie di acque minerali differenti, mettete in una bottiglia anche l’acqua del rubinetto, spesso ottima, e poi assaggiatele una dopo l’altra, un cucchiaio alla volta: vedrete subito quanto sono diverse tra loro.
E come sia corretto abbinarle in modo differente ai cibi, in funzione del loro sapore. Bene, questo detto, ha senso berle a temperatura di frigorifero, cioè a 3-4 °C, quando diventano tutte uguali? A mio parere no di certo. E suggerisco sempre di gustarle a 12 °C circa, anche qualcosa di più, che considero ottimale.
Freddo e vino
La stessa cosa vale per birra, vino bianco e rosato. Berli freddi da frigorifero è una barbarie: non si sentono i sapori, solo l’alcol. Magari li abbiamo anche pagati cari, ha senso appiattirne o anche annullarne il gusto col freddo? Io dico di no, meglio optare per una temperatura uguale a quella che ho suggerito per l’acqua, 12 °C ma magari anche 14°, dipende dal gusto. Servite una bevanda a 3 °C solo se per disgrazia avete un vino o una birra pessimi, il freddo maschererà (in parte e per poco tempo, ma qualcosa si deve pur fare) la cattiveria. Sakè docet, vedi sopra.
Quanto ai vini rossi, qualcuno dice che vanno serviti a “temperatura ambiente”. È corretto, ma fuorviante. Fu suggerito nell’Ottocento nel Nord della Francia, ma nel senso di portare il vino dalla cantina, dove c’erano pochi gradi, alla sala da pranzo, dove ce n’erano 16; il riscaldamento, quando presente, funzionava solo nelle stanze da letto. Oggi tutto l’anno abbiamo in casa almeno 20 °C, spesso 22-24 o più, grazie al riscaldamento invernale (e al condizionamento estivo). Ma ha senso bere un vino rosso a 22 °C o più? Certamente no, meglio 16, massimo 18 °C per quelli di grandissimo corpo: così si godono al meglio.
Le regole con gli altri alcolici
Lo stesso vale per i cocktail. Perché shakerarli troppo? Perché mettere tanto ghiaccio? Gli unici che ne traggono vantaggio sono i bar poco seri che sanno che fra gli ingredienti il ghiaccio è quello che costa meno e pialla i sapori, quindi possono usare senza problemi prodotti diciamo “così così”.
Quanto ai distillati buoni, solo le peggiori vodka si meritano il freezer, ma tutti vanno serviti anche loro sui 16 °C; io preferisco 14 comunque.
Tutto questo detto, come si fa? A casa, per gustare le bevande alla corretta temperatura, soprattutto se si ha un frigorifero a 3 °C, bisogna levarle nel momento giusto, imparando con l’esperienza quanto tempo ci vuole perché si alzino di gradi. Cosa oramai facilissima da sapere, utilizzando i termometri a raggi infrarossi, che costano poco.
Sono poi molto utili le glacette a forma di copribottiglia che si tengono in freezer e si infilano sulle bottiglie per raffreddarle, ma anche le glacette dove si infilano le bottiglie per mantenerle fresche. Sono esteticamente orrende, ma funzionano bene.
I ristoranti possono tenere un frigorifero a 10 °C per bianchi, rosati e birre, e uno a 15 °C per i rossi e qualche distillato: fra il momento dell’apertura e quello del servizio aumentano di qualche grado. Esistono anche gli abbattitori di temperatura, sia quelli generici sia quelli per le bottiglie. L’unica controindicazione è che quelli generici sono sempre occupati e quelli specifici costano tanto. Benissimo le glacette, mentre il secchiello con il ghiaccio di fatto raffredda troppo, sempre. Sia chiaro, sono opinioni mie, se qualcuno non è d’accordo nessun problema.
Che clima c’è al ristorante?
A proposito di temperature nei ristoranti, possiamo parlare di quella del locale dove mangiamo? Facciamolo, anche se è un argomento delicato, che coinvolge il conto economico, seppur in maniera bizzarra.
Ma perché mai deve fare sempre troppo caldo d’inverno, quando si arriva col cappotto, ma con vestiti invernali? Ha senso una temperatura dei ristoranti che superi i 21 °C (+1 o -1), che è uno standard condiviso, ovviamente non da tutti? Beh, fa sempre più caldo, anche di molto.
Davvero i clienti sono felici di questo? Per me no. Sarà che sono corpulento, quindi ben coibentato, ma ho sempre caldo e i miei amici pure. Qualcuno direbbe: basta togliersi la giacca. Ma di fatto la giacca è sempre più rara, per le donne più che mai, ed essendo piena di portafogli, occhiali, telefonini e affini, non la metti di certo in un guardaroba, la sistemi sulle spalliere delle sedie. Sedie che sono comunque basse, soprattutto se impilabili: se ci appoggi la giacca il bordo inferiore tocca terra, cosa che non piace a nessuno. Questa è una mia mania da anni, l’ho risolta solo usando dei gilet leggerissimi e multitasche che tengo addosso, mentre la giacca, vuota, può stare senza problema nel guardaroba.
Capirei se fosse una scelta che facesse guadagnare o fosse a costo zero per i ristoranti. Invece il riscaldamento si paga, sempre di più. Non si possono comprare dei termostati ipersensibili, che garantiscono i 21 °C costanti e che magari modificano l’erogazione di calore quando il locale è pieno (e quindi più caldo) rispetto a quando è mezzo vuoto?
Anche d’estate fa sempre troppo caldo. Lo standard – di nuovo non so quanto condiviso – suggerisce 3 o 4 °C in meno rispetto alla temperatura esterna, quindi nessun estremismo. Invece troppi condizionatori balbettanti che lavorano (male) come vogliono loro, scarsa attenzione a quando si accendono, che se lo fai troppo tardi i -3 o -4 gradi te li sogni, caldo a volontà e se si aprono le finestre è peggio. Anche qui servono termostati ipersensibili, che alzano e abbassano l’erogazione di aria fredda. Lo so, costano e costa accenderli anzitempo. Ma se risparmi col riscaldamento in inverno, puoi spendere qualcosa di più nei giorni estivi in cui il caldo picchia.
Foto di apertura: come per il vino e gli alcolici, anche per l’acqua c’è una temperatura di servizio
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© Riproduzione riservata - 07/01/2025