Nomi insoliti (3). Alla scoperta delle uve dai nomi bizzarri
Terza e ultima puntata dedicata agli appellativi più originali delle nostre cultivar (seguiranno due approfondimenti sui nomi curiosi delle sottozone Doc e Docg). La ricchezza del patrimonio ampelografico italiano passa anche dalla sua colorita nomenclatura.
Prosegue la nostra analisi dei nomi più curiosi delle uve autoctone italiane. Cominciamo dalle isole, e in particolare dalla Sardegna, per poi spostarci nelle Marche, e da lì in Puglia, Campania, Trentino, Liguria, Friuli e Calabria. Il viaggio è lungo e ogni tappa ha i suoi grappoli e le sue spiegazioni.
Dal Nuragus all’Occhio nero (ma il pugilato non c’entra)
Il Nuragus è uno dei vitigni più antichi della Sardegna. Alcuni studiosi ritengono sia comparso sull’isola verso il XII secolo a.C., per opera dei Fenici: Nur significa fuoco, in lingua semitica. Altri, basandosi sull’analogia con il nome delle famose costruzioni in pietra dell’età neolitica (Nuraghi), ritengono sia una cultivar autoctona dell’alta Marmilla, ai confini con la provincia di Nuoro. Si sarebbe poi diffusa nella Trexenta, sulle colline del Parteolla, nelle pianure di Oristano, infine nel Sulcis-Iglesiente. Resistente e produttiva, è per tali ragioni conosciuta anche coi nomi: Abbondosa, Axina Scacciadeppidus (uva scacciadebiti) e Preni Tineddus (riempi tini).
L’Occhio nero è un rarissimo vitigno a bacca bianca (a dispetto del nome), diffuso nelle Marche, soprattutto nella provincia di Macerata. Se ne ignorano le origini, ma pare assodato che il suo curioso nome derivi dal fatto che i suoi acini, piuttosto piccoli, presentino un ombelico molto evidente; il che li rende assai simili a degli occhi umani.
Ottavianello, l’alter ego del Cinsault
Pare che l’Ottavianello debba il suo nome al comune di Ottaviano (Na), da dove la varietà sarebbe stata importata nella zona di Brindisi, precisamente a San Vito dei Normanni, per opera del marchese di Bugnano, a fine Ottocento. Venendo a oggi, si può affermare con certezza che questo vitigno è conosciuto nel Sud della Francia e soprattutto in Corsica con il nome di Cinsaut o Cinsault. In Sudafrica prende il nome di Hermitage, che, incrociato col Pinot nero, ha dato origine al Pinotage.
Pepella, Peverella e Scimixâ
Di origini pressoché sconosciute, la Pepella – coltivata sulla Costiera Amalfitana – deve il suo nome ai problemi che la affliggono in fase di fioritura e che provocano una difformità di dimensione degli acini, cosicché lo stesso grappolo ne porterà alcuni normali e altre della grandezza di un granello di pepe.
Per secoli la Peverella è stata considerata “uva di confine” tra il fondovalle dell’Adige e le colline di Salorno, Faedo e della Valle di Cembra. Intorno all’origine del nome due sono le ipotesi: la prima vuole il termine derivare dalla pungenza data dalla sua acidità, che ricorda il pepe (pevero in dialetto); l’altra sostiene il suo etimo essere legato a “vino della pieve”, per l’antica consuetudine di coltivarla nei poderi attigui alle chiesette alpine.
Lo Scimixâ è un vitigno sicuramente ligure, molto diffuso un tempo nell’entroterra di Chiavari e nella Val Fontanabuona. Il suo particolare nome sembra derivare dal fatto che la punteggiatura presente sull’acino ricorda la forma delle cimici, chiamate in dialetto scimiscià. Altre versioni fanno risalire il nome al fatto che tale insetto par esser ghiotto di quest’uva.
Dall’acida Vitovska alla dolcezza di Zucchero e Cannella
La Vitovska è un vitigno autoctono a bacca bianca presente in tutta la zona del Carso, sia nel Friuli-Venezia Giulia che nel versante sloveno. Il suo nome sembra provenire dalla località di Vipacco, oggi in Slovenia (Vitovlje), Al di là del confine è conosciuto come Vitovska Gargania, ed è presente in questo areale da tempo immemore. Nel registro nazionale varietà di vite, così come nei riferimenti ufficiali dei disciplinari, è presente col sinonimo Vitouska. La Vitovska è vitigno di confine, che spesso in passato veniva vinificato in assemblaggio con altre uve, soprattutto con la Malvasia Istriana, ma che sempre più spesso è proposto vinificato da sola, grazie alla tendenza alla riscoperta dei vitigni autoctoni dimenticati e alle qualità enologiche di questa varietà che hanno fatto si che sempre più produttori la propongano vinificata in purezza.
Zucchero e Cannella è sicuramente un nome assai particolare da dare a un vitigno, così chiamato nella tradizione contadina calabrese, ma assolutamente evocativo delle caratteristiche di questa bacca, che di solito produce mosti estremamente zuccherini, molto colorati e da gradevolissimi aromi speziati. Alcuni studiosi lo considerano geneticamente identico al Castiglione.
Foto di apertura: la Vitovska è vitigno di confine, che spesso in passato veniva vinificato in assemblaggio con altre uve. Ora è spesso proposta in purezza
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© Riproduzione riservata - 24/01/2023