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Nel 2026 si berrà sempre più vino nel mondo. Si aprono nuove prospettive per la distribuzione italiana

Nel 2026 si berrà sempre più vino nel mondo. Si aprono nuove prospettive per la distribuzione italiana

Una ricerca di PricewaterhouseCoopers, in collaborazione con il Gruppo Meregalli, analizza i trend del mercato enologico fino al 2026. Aumentano i consumi, soprattutto in Usa, e domina il vino fermo. Le preferenze del consumatore digitale. Il futuro è dei premium: ne parlano i player della distribuzione nazionale.

Da qui (2022) al 2026, il valore del consumo mondiale di vino continuerà a crescere, passando da 292,2 a 343,3 miliardi di euro. È quanto afferma una ricerca di PricewaterhouseCoopers Italia, in collaborazione con il Gruppo di distribuzione Meregalli. Anche se i livelli pre-pandemia ancora non sono stati recuperati (siamo a -2,8% sul 2019), si prevede di virare in positivo dal 2023, con un tasso di crescita fino al 2026 del 4,1% (fonte Euromonitor).

Consumi: Usa in testa, Cina in calo

«Il Paese che ha maggiormente sperimentato un calo di consumi è la Cina», dichiara Elena Borghi di PwC Italia, «che seppur tornerà a crescere, passando da 40,7 a 45,3 miliardi di euro (2022-2026), rimane comunque lontana dai 58,2 del 2018». Mercati trainanti continuano a essere gli Usa, che vantano il più alto consumo di vino al mondo e che passeranno da 47,1 a 50,3 miliardi, la Francia, da 25,3 a 28,6 e il Regno Unito, da 18,7 a 20,5. L’Italia, secondo mercato Ue e quinto a livello mondiale, da 16,9 andrà a 20,9, recuperando già nel 2023 gli effetti Covid e superando nel quinquennio l’Uk. Numeri alla mano, «il nostro Paese si rivela un mercato attrattivo per gli investitori: è il maggior produttore di vino al mondo, anche se solo in quantità (50,7 milioni di hl nel 2021) ed esporta 1/5 del vino totale».

Meregalli
I ricercatori di PwC Italia hanno partecipato a una tavola rotonda sui trend del vino con i player della distribuzione nazionale

Piace di più il vino fermo

A livello globale il mercato è dominato dal consumo di vino fermo, con una quota del 72% nel 2022, ma con un tasso di crescita prospettico (2022-2026) inferiore a quello del vino frizzante (3,8% vs 5,7%). In Italia il trend è il medesimo con il vino fermo al 76% e un tasso previsto del 4,6% (2022-2026). L’import enologico nel nostro Paese è aumentato, registrando nel 2021 il +20% rispetto al 2019. «Il principale fornitore rimane la Francia», spiega Marco Malinverno di PwC Italia, «che nel biennio ha avuto un exploit, passando da 234,9 a 262 milioni di euro. Il che significa che il nostro mercato è sempre più orientato ai vini di fascia premium». Infine, a seguito dello switch di canale (a favore dell’off-trade) nel 20020 legato al Covid, ora si assiste a un riequilibrio, con un tasso di crescita 2022-2026 di 7,2% per l’Italia e di 2,7% nel mondo.

Il mercato è in crescita

Marcello Meregalli conferma l’attenzione per i vini premium: «Stiamo vivendo un trend molto positivo, soprattutto nella fascia alta di gamma. I distributori stanno crescendo a tassi compresi tra il 20 e il 30% in una situazione di mercato in mutamento. A breve anche i produttori di vino più piccoli non potranno più sostenere una rete propria e dovranno rivolgersi ad aziende strutturate come noi». Gli spazi di crescita sono enormi per Luca Cuzziol, presidente del Società Excellence, che riunisce 18 distributori e importatori di vini e distillati d’eccellenza in Italia. «Abbiamo delle autostrade che si aprono davanti a noi. Come Club Excellence fatturiamo 300 milioni di euro a fronte di un mercato miliardario. Purtroppo in Italia bisogna ancora lavorare sul prezzo medio, che è troppo basso, e sul percepito dei nostri vini, che non è all’altezza della qualità espressa, creando una maggior cultura del vino».

Uniti per creare valore

«Sarebbe importante avere un soggetto unico per la promozione, come avviene in Francia e in altri Paesi (Spagna, Usa, Portogallo, ecc.)», dice Guido Folonari di Philarmonica, che è anche produttore, «e non la miriade di sigle che abbiamo qui in Italia, che confonde il consumatore, soprattutto quello straniero».
«Sono cambiate abitudini del consumatore», aggiunge Thierry Bertrand-Souleau, nuovo AD di Tannico, «che passa con facilità da un canale all’altro. Ma è la strada della premiumizzazione quella da percorrere per creare valore. Inoltre è importante anche stringere un rapporto emozionale con il cliente».

Il consumatore digitale

Attraverso un’analisi di 39.000 post condivisi dagli utenti di social network in Italia, PwC ha tratteggiato anche gli identikit dei consumatori. Gli utenti che discutono di vino sono per la maggior parte uomini, Millennials e sono collocati nell’area del centro-nord Italia (56%). Le conversazioni riguardano al 60% il vino rosso e al 38% quello bianco. Le caratteristiche maggiormente apprezzate del vino sono: territorialità, senso di convivialità, sostenibilità, qualità e abbinamenti ai piatti. Il 61% degli utenti consuma il vino a casa, mentre per quanto riguarda l’acquisto il 70% menziona i canali tradizionali e il restante 30% l’online. Chi compra dai siti dei produttori lo fa per una migliore esperienza d’acquisto e per la possibilità di accedere ai programmi di fidelizzazione.

Foto di apertura: 343,3 miliardi di euro sarà il valore del consumo mondiale di vino nel 2026. Lo dice una ricerca di PricewaterhouseCoopers, in collaborazione con il Gruppo Meregalli © M. Mucha – Unsplash

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© Riproduzione riservata - 19/03/2023

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