Tre annate di Montiano a confronto per capire la svolta delle sorelle Cotarella
L’assaggio comparato della vendemmia 2015, 2016 e 2017 è l’occasione per cogliere appieno il passaggio generazionale che sta vivendo la Cantina. Il Montiano si fa più elegante, definito, teso. Perde in opulenza e guadagna in freschezza.
Quando un vino entra nel mito? Quando crea un nuovo paradigma e si fa modello di una “categoria” che prima non c’era? Se è così, allora non c’è dubbio che il Montiano sia un vino “mitico”.
Come cambia il Montiano
La pluripremiata etichetta della Famiglia Cotarella (prima annata 1993) è al centro di una svolta produttiva e stilistica che s’inserisce nel solco del passaggio di consegne tra i padri Riccardo e Renzo, e le figlie Dominga, Marta ed Enrica. Le quali, anche e soprattutto nella (ri)definizione di questo vino emblematico, hanno voluto imprimere la loro firma, facendo tesoro degli insegnamenti di chi le ha precedute. Una degustazione verticale delle vendemmie 2015, 2016 e 2017 di Montiano ci aiuta a cogliere il senso di questa trasformazione.
L’intuizione dopo un viaggio a Bordeaux
Prima però è d’obbligo un breve inquadramento, e nessuno meglio di Riccardo Cotarella può fornircelo. «L’azienda è nata nel 1979 nell’Alto Viterbese, al confine con l’Umbria e la Toscana. Una zona certamente non facile dal punto di vista enologico, specialmente a quel tempo. A un certo punto della mia carriera ho avuto la fortuna di conoscere il grande Robert Parker che nel 1988 organizzò per me un viaggio a Bordeaux. Per me fu una rivelazione. Da lì nacque l’idea di creare un grande rosso del Lazio, esattamente tra le colline di Montefiascone e Monterubiaglio, un territorio tradizionalmente dedicato alle uve bianche».
La parabola del Montiano
I due fratelli decidono così di innestare delle marze provenienti dalla Francia su delle vecchie viti di Trebbiano. «Inutile dire che all’inizio avemmo tutti contro, dal prete al sindaco passando per l’ispettore agrario», sorride Riccardo Cotarella. «La nostra impresa lì per lì venne considerata una pazzia, un’assurdità…». Il tempo, però, ha ribaltato la prospettiva e oggi il Montiano è il simbolo della Cantina e un’icona enologica del Centrosud, oltre ad aver segnato in modo profondo tutta l’esperienza del grande enologo consulente Riccardo Cotarella.
Con il 2016 il cambio di rotta
«Il Montiano è la nostra punta di diamante, un vino su cui abbiamo lavorato fin dagli anni Novanta, che ci ha portato a scoprire le grandi doti di vocazione dei nostri territori che nessuno prima di noi aveva mai provato a conoscere», continua Dominga Cotarella, direttore marketing e commerciale. «Dietro ci sono tanti studi, tante sperimentazioni, tanta selezione dei suoli e delle uve Merlot, ma anche tanta ricerca e differenziazione delle tecnologie di cantina». L’annata 2016 segna il cambio di rotta: l’interpretazione da parte delle “Cotarella sisters”, come sono ormai state ribattezzate, ma senza rinnegare il passato. «Ricerchiamo modelli orientati verso una dimensione più verticale, con più nervosità – non in senso aggressivo – ma intesa come vivacità. La vivacità di un vino, nel caso specifico di Montiano, è fortemente legata alle emozioni che ci evoca e che ogni anno cerchiamo di conquistare».
Tutte le novità in vigna
A Pier Paolo Chiasso, enologo dell’azienda che dal 2016 gestisce in prima persona la creazione del Montiano, il compito di raccontare le novità apportate in vigna e in cantina. «Sul fronte agronomico, ci siamo concentrati sulla gestione del verde e dei livelli di maturazione, dotandoci di una tecnologia di ultima generazione. Penso in particolare alla nostra linea di selezione delle uve, molto veloce ed performante».
Macerazioni più veloce, temperature più basse
E in cantina? «Abbiamo adottato tempi di macerazione più corti e lo stesso discorso vale per quelli di montaggio e rimontaggio. I serbatoi per le fermentazioni sono un po’ più piccoli del passato e di tipo troncoconico. Le temperature di fermentazione sono più basse, siamo passati dai 27-28 °C ai 25 °C». Non meno importante la gestione del legno. «Non acquistiamo più le botti prima della vendemmia, ma solo a seguire, in funzione del tipo di prodotto che abbiamo a disposizione. Prediligiamo botti di tostatura media con almeno 36 mesi di stagionatura (prima erano 24) e abbiamo optato per barrique di diverse provenienze, il che comporta anche una lavorazione in lotti più piccoli, alla francese. Non tutti finiscono a comporre il Montiano, ma solo le partite più adatte».
Nuova anima, nuova grafica
Dominga, Marta ed Enrica hanno scelto di dare un’anima a ciascuna annata, una parola che la definisca. La 2016 rappresenta così l’identità, mentre la 2017 la coerenza. «Il concetto di identità è evidente non solo nel calice ma anche nel packaging», racconta Dominga. «La grafica e l’etichetta sono state coordinate da Enrica: dall’etichetta al tappo, dalla serigrafia della bottiglia alla carta velina personalizzata in cui il vino viene avvolto, dal cofanetto di legno alla capsula innovativa. Tutto è stato concepito per essere unico nel suo genere». Il valore della coerenza, incarnato dal Montiano 2017, conferma invece la strada intrapresa l’anno prima, sia a livello di immagine che di filosofia produttiva, pur con tutte le differenze legate all’annata.
Note di degustazione
Montiano, Merlot Lazio Igt 2015
Rosso ampio, ricco nel frutto, morbido ma senza essere eccessivamente opulente. Al palato note di cacao, vaniglia, cannella, sandalo, ma anche pietra focaia legata ai terreni vulcanici di Montefiascone. Per certi aspetti più orizzontale che verticale, con un tannino nobile e sontuoso. Una bella evoluzione.
Montiano, Merlot Lazio Igt 2016
Già al naso il cambio di passo è evidente. Bouquet più leggiadro, con note fruttate di maggiore freschezza. Il sorso è più teso, vibrante, il tannino setoso. Si avvertono una maggiore definizione e finezza. L’annata ancora giovane, ma già equilibrata. Il merito è anche dell’andamento climatico favorevole: il 2016 è stato caratterizzato da un iter stagionale regolare che ha permesso alle uve di maturare lentamente, senza stress idrici. Il trascorrere degli anni accrescerà l’eleganza e la classe.
Montiano, Merlot Lazio Igt 2017
Diverso il caso della 2017, annata decisamente più calda e altalenante sotto il profilo delle precipitazioni. Per la famiglia Cotarella la grande sfida è stata quella di tenere fede al nuovo stile – o meglio, alla coerenza – alla luce di queste condizioni climatiche complesse. La missione può dirsi compita. Senza dubbio nel calice si percepisce una certa “forza”, un volume e un’intensità maggiore della 2016. Il tutto però risulta ben gestito, non c’è traccia di pesantezza, al contrario. Una sosta più lunga in cantina può solo giovare e non a caso si è deciso di spostare di un anno la messa in commercio. Il tempo darà i suoi frutti.
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