Nasce alle pendici del Caliso, da cui il nome, in una posizione ideale per terreni, esposizione e anche per una storia antica. Per adesso assaggiamo due Chardonnay in purezza, la Riserva Montis Arcentarie 2017 e il giovane 2019, partiti col piede giusto, minerali ed eleganti.
È stata presentata a Milano, nel ristorante di Andrea Aprea con affaccio sul planetario del Portaluppi in corso Venezia, la nuova sfida di Karoline e Julia Walch, figlie di Elena, donna del vino altoatesino protagonista della moderna enologia regionale. Questa è la prima grande avventura tutta loro, dopo anni al fianco dell’intraprendente madre. Si chiama Moncalisse, una nuova cantina interamente dedicata alla produzione di Trentodoc. Una realtà che tecnicamente appartiene al gruppo familiare, ma che praticamente è una loro creatura e di loro gestione.
12 ettari alle pendici del Monte Calisio
Hanno avuto un mentore, certamente, perché la materia spumanti è delicata e necessita di competenze specifiche: Odilon de Varine-Bohan, chef de cave di Gosset e prima di Deutz e Henriot, per citare le collaborazioni più importanti. «Nel 2016 abbiamo notato questo terreno straordinario», racconta Karoline, «alle pendici del Monte Calisio (da cui Moncalisse) a Seregnano, nel comune di Civezzano (Trento). Dodici ettari in posizione privilegiata, su roccia metamorfica (porfido, filladi e terreno profondo), e in un luogo ricco di storia, dove sono state trovate incisioni dell’età del ferro e del bronzo, segnali di riti sacri ed esoterici, e alcune cosiddette coppelle, che venivano utilizzate per l’illuminazione».


Un progetto a sé e i lavori in cantina
Julia Walch tiene a ricordare «l’identità separata dei Moncalisse dalla casa madre. Un progetto che segue principi di artigianalità e vuole mantenere un forte legame col terroir».
Intanto le sorelle Walch stanno ultimando la cantina, dall’architettura sinuosa e dai colori chiari, con terrazza per le degustazioni con vista su questo luogo speciale. Alla presentazione era presente anche l’enologo Stefano Bolognani, che ha voluto sottolineare che «si tratta di un terreno particolare, minerale ma friabile, dove le radici affondano in profondità. Abbiamo installato stazioni meteo per intervenire solo quando e dove necessario con i rimedi contro gli agenti patogeni. Utilizzeremo la tecnica del sovescio con letame ed elementi vegetali, un compost aziendale. La cantina è ipogea, scavata nella roccia, buia e umida, sfrutteremo la gravità per le lavorazioni. Inoltre, per attenerci a principi di sostenibilità abbiamo scelto una bottiglia champagnotta leggera da 830 grammi e abbiamo un impianto fotovoltaico che da 60 kW».
L’assaggio dei primi due Blanc de blancs
Odilon de Varine-Bohan guida la famiglia e consiglia soprattutto su maturazioni e dosaggi. Il francese, cresciuto tra Borgogna e Champagne, dove il padre si era trasferito nel 1947 per lavoro, è un appassionato di Blanc de blancs e indirizza verso spumanti dotati di freschezza e bevibilità. Si nota anche nella Riserva 2017 Montis Arcentarie, da vecchie viti allevate a pergola, con il 20% di base elevato in barrique, che pure svolge interamente la fermentazione malolattica, e resta 8 anni sui lieviti. È ultra sapido e minerale, con un contrasto intrigante tra agrumi e spezie, strutturato ma sostenuto da un’acidità elettrica. In sala, tra giornalisti e sommelier, è stato particolarmente apprezzato anche il “giovane” 2019, sempre Blanc de blancs, dal profumo delicato di mela rossa, pietra, fiori bianchi. Al naso affascinante segue un sorso fresco, di lime, frutto a polpa bianca, mandarino, pulito e lineare.
Per adesso si tratta di 8.500 bottiglie dell’annata 2019 e 4.937 della Riserva 2017 Montis Arcentarie. Le prime annate sono stato vinificate in una cantina di amici, da quest’anno 2025 tutto si realizza nella nuova struttura.