Messaggi sulla salute in etichetta? L’effetto non è garantito

Messaggi sulla salute in etichetta? L’effetto non è garantito

Si è dibattuto molto negli ultimi anni sull’opportunità di indicare gli ingredienti del vino (si, no, quali?) o altre informazioni al consumatore, comprese quelle deterrenti.

In questo interessante articolo il nostro collaboratore Riccardo Oldani fa il punto sulle “health warning labels” e riporta gli interessanti risultati di una ricerca svizzera.

Servono le etichette deterrenti?

Nell’eterno dibattito sugli effetti che l’alcol, e il vino in particolare, ha sulla salute, in Europa si registra un’ampia gamma di posizioni. Si va da coloro che minimizzano il problema agli allarmisti, che invece ritengono dannoso il semplice consumo, e non soltanto l’abuso. Lo scorso febbraio, per esempio, il piano d’azione contro il cancro della Commissione Europea ha raccomandato l’introduzione di claim allarmistici sulle bottiglie, come già avviene per i pacchetti di sigarette.
Non è ancora chiaro se e quando verrà introdotto un obbligo del genere; in un modo o nell’altro però la direzione verso ulteriori obblighi nella composizione delle etichette sembra segnata.

Sempre più diffuse

Le cosiddette HWL (Health Warning Labels), etichette con messaggi di avvertimento per la salute, sono già molto diffuse nel mondo. Negli Stati Uniti è prevista una dicitura, contrassegnata come “Avvertimento del Governo” (Government Warning), che mette in guardia le donne incinte e avverte che le bevande alcoliche possono limitare la capacità di condurre mezzi pesanti e possono causare problemi di salute. In Francia va messo in etichetta un pittogramma con una donna incinta inserita in un cerchio sbarrato.

La dicitura d’obbligo in etichetta sui vini commercializzati negli Usa. Avverte sui rischi per le donne incinte e sugli effetti del consumo sulla guida di auto e mezzi pesanti

In Oceania, Russia ed ex-Urss

Dal 2022 una soluzione simile dovrebbe diventare obbligatoria in Australia e in Nuova Zelanda, così come in molti stati nati dalla dissoluzione dell’Unione Sovietica, come Russia, Armenia, Turkmenistan, Uzbekistan o Kazakistan. In molti Paesi del mondo, inoltre, deve essere indicato chiaramente che il vino non può essere venduto a minori di 18 anni. Un elenco delle prescrizioni di questo tipo sulle etichette può essere trovato qui, sul sito della Iard (International Alliance for Responsible Drinking, alleanza internazionale per il bere responsabile).

Misura che piace perché costa poco

L’adozione di messaggi di avvertimento in etichetta è una misura che piace per una serie di motivi. Nel caso delle sigarette, per esempio, è dimostrato da studi scientifici che hanno contribuito a cambiare la percezione nel consumatore. Inoltre è una misura deterrente a basso costo, perché non comporta investimenti pubblici, campagne di sensibilizzazione o particolare impegno da parte dell’amministrazione pubblica. Tutto è demandato al produttore. Tanto è vero che, in Paesi abitualmente proibizionisti ma comunque aperti al mercato e alle regole della libera concorrenza, inizialmente si è deciso di introdurre diciture per la salute su base volontaria. Come in Nuova Zelanda, dove uno studio del 2017, però, ha dimostrato la scarsa efficacia di questo approccio, raccomandando l’imposizione di un obbligo cogente.

Packaging ipotetici proposti a un campione di consumatori francesi e italiani in uno studio sulle HWL del 2018.

Uno studio sui consumatori svizzeri

Di fronte all’eventualità di un’imposizione a livello europeo delle HWL si sono mossi negli ultimi anni gruppi di studiosi, per capire la reale efficacia di questa misura. Ultimo in ordine di tempo un team del Politecnico Federale di Zurigo (ETH), in Svizzera, afferenti all’Istituto per le Decisioni Ambientali e il Comportamento dei Consumatori. In un’indagine online su circa 500 consumatori della Svizzera tedesca hanno proposto l’alternativa di tre diverse bottiglie, una senza messaggi, l’altra con un breve testo che ricordava gli effetti negativi a breve termine del consumo, come il rischio più alto di incidenti stradali, e la terza, accompagnata anche dall’immagine di un fegato danneggiato, sugli effetti a lungo termine.

Effetto deterrente minimo

Gli autori hanno concluso che l’effetto di queste etichette «è stato minimo. Questi messaggi possono anche non aumentare la percezione del rischio nei consumatori se questi non considerano di correrlo in prima persona». Gli avvertimenti accompagnati dall’immagine sono poi stati considerati «meno accettabili. In particolare, la convinzione che il consumo di vino abbia anche effetti benefici sulla salute riduce la percezione del rischio e l’accettazione delle HWL». Ci sarebbe insomma un bias culturale, di cui occorre tenere conto nell’introdurre queste segnalazioni, perché è alta la probabilità di ottenere un effetto contrario a quello voluto, soprattutto in un pubblico di consumatori affezionati alle tradizioni.

Vino non vuol dire trasgressione

Conclusioni simili erano già scaturite nel 2018 da una ricerca condotta da studiosi delle università di Napoli Parthenope e Federico II e dell’Università di Borgogna e di Franca Contea, su un campione di consumatori italiani e francesi appartenenti alla generazione Y (i nati negli anni Ottanta del Novecento, oggi quarantenni). La conclusione di quel lavoro è che le politiche di informazione sui rischi connessi all’abuso di alcol non possono basarsi esclusivamente sulle etichette, perché gli avvertimenti riportati sulle bottiglie ricevono un’attenzione minima da parte dei consumatori. In particolare questo vale per consumatori di Paesi come l’Italia e la Francia, dove, affermano i ricercatori, «la tradizione del consumi di vino entra nelle consuetudini della vita familiare e non si connette a uno stile di vita trasgressivo come invece è evidente per altre bevande alcoliche». Questo anche in una generazione particolarmente attenta agli effetti sulla salute delle proprie scelte alimentari.

Foto di apertura: le tre diverse etichette ipotetiche utilizzate nello studio sui consumatori della Svizzera tedesca da parte dei ricercatori del Politecnico Federale di Zurigo nella loro indagine sugli effetti delle Health Warning Labels

Questo articolo fa parte de La Terza Pagina, newsletter a cura di Alessandro Torcoli dedicata alla cultura del vino. Ogni settimana ospita opinioni di uno o più esperti su temi di ampio respiro o d’attualità. L’obiettivo è stimolare il confronto: anche tu puoi prendere parte al dibattito, scrivendoci le tue riflessioni qui+
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© Riproduzione riservata - 05/11/2021

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