Lo stile come fattore di successo

Lo stile come fattore di successo

I viaggi degli ultimi mesi ci hanno sostenuto nella convinzione che la grande scommessa del futuro vinicolo sia racchiusa nel guscio della parola stile. Più che un guscio, in effetti, è una coperta grande e morbida, ma non adatta a tutte le stagioni, perché nel significato stesso del vocabolo è contenuto un limite.

Recita il dizionario Hoepli, ad esempio, riguardo allo stile in architettura: “Insieme dei caratteri, delle forme, degli elementi estetici che caratterizzano un’opera pittorica, architettonica, scultorea, di un artista, di una scuola, di una tendenza, di un’epoca”. Lo stile del vino, invece, in Italia interessa poco. Proponiamo una definizione: “Insieme dei vitigni, delle scelte di vinificazione, dell’espressione organolettica che caratterizzano il vino di una denominazione d’origine o di un produttore”.

A volte un grande vino identifica un territorio

Potremmo allora disquisire se debba essere preminente lo stile dell’azienda o quello della denominazione, e dipende dai casi. Se un territorio è vergine, ad esempio, senza storia, e c’è qualcuno che vi investe e realizza un grande prodotto, lo stile del produttore vince e si potrà anche imporre, se ha successo, come stile della zona. È accaduto nelle Langhe, a Montalcino, nel Collio… è un processo piuttosto normale. Ma quando una denominazione d’origine esiste già, e cerca maggiore visibilità, una via di successo, deve interrogarsi sullo stile dei propri vini, altrimenti il pubblico, specialmente all’estero, non ricorderà e facilmente tradirà, passando ad altro più riconoscibile prodotto.

Il coraggio di creare un progetto condiviso

Non è un caso che sul tema dello stile si stia dibattendo in Valpolicella, nella recente Doc delle Venezie, nel Pisano e in molti altri luoghi. L’Italia, per fortuna o purtroppo (direi per fortuna), è piena di zone vocate, ma per farle conoscere non basta la notorietà del territorio (quando c’è, come a Venezia o a Pisa, grazie alla torre pendente). Che dire della Val di Neto? Del Monferrato? Di Jesi? Eccetera. Una speranza è riposta nella creazione e condivisione di un grande progetto, un grande vino, riconducibile a uno stile.

Stile come tipicità e identità

Stile è una parola che racchiude almeno tre interessanti livelli d’interpretazione: tipicità, identità e STILE (tutto maiuscolo). Sull’importanza della tipicità è basata la competizione enologica WOW! The Italian Wine Competition che abbiamo lanciato l’anno scorso e che riproporremo in autunno, dove emergono vini eccellenti che la nostra qualificata giuria indica anche come “tipici”. Identità è termine più complesso, ma in sostanza potremmo vederla come i principi in cui ci riconosciamo, quando ci guardiamo allo specchio. È l’orgoglio dell’appartenenza. È quel valore aggiunto che rende lo stile convincente e di successo. Per rafforzarla è necessario cercare un elemento forte in cui trovare la propria differenza. Nel mondo del vino può essere una tipologia di suolo (calcareo, vulcanico, terra rossa…), un vitigno, una pratica di vinificazione. All’estero vi sono molti casi di aree viticole apparse improvvisamente sulle mappe del wine lover, grazie alla definizione e alla promozione di un’identità: ad esempio El Bierzo in Spagna, Jura in Francia, Stiria in Austria, ecc.

STILE come Socialità, Trasparenza, Immediatezza, Libertà, Esperienza

Infine, lo STILE, acronimo utile per ricordare alcuni valori fondamentali delle nuove generazioni, citato nel manuale Post Millennial Marketing. STILE sta per Socialità, Trasparenza, Immediatezza, Libertà, Esperienza. Sono tutti declinabili anche nella lingua del vino. Non solo, alcuni, come la Trasparenza, sono molto importanti per garantirsi un futuro stabile di successi, perché gli appassionati apprezzano un’onesta e dettagliata informazione sui prodotti. Socialità ed Esperienza sono alla base dell’enoturismo, fenomeno in crescita. L’Immediatezza riguarda la comprensibilità di un vino. Quanto alla Libertà possiamo vederla così: i giovani tradiscono, specie in termini di consumo, cambiano marca più facilmente dei genitori. Anche questo dato offre spunti di riflessione in termini di marketing, di creazione di brand e di prodotto.

Non possiamo sempre inseguire il mercato

“Ma come?!”, verrebbe da dire, “tanta fatica per costruire un’identità e poi il consumatore passa e va?”. La risposta sta nel tempo: non possiamo sempre inseguire “il mercato” e, accanto a prodotti marketing oriented, è possibile lavorare comunque per costruire e tutelare il patrimonio che resta, la nostra identità.

In apertura: gli ordini greci di architettura, da l’Encyclopédie vol. 18

Questo articolo è tratto da Civiltà del bere 3/2019. Se sei un abbonato digitale, puoi leggere e scaricare la rivista effettuando il login. Altrimenti puoi abbonarti o acquistare la rivista su store.civiltadelbere.com (l’ultimo numero è anche in edicola). Per info: store@civiltadelbere.com

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© Riproduzione riservata - 21/06/2019

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