Scienze Scienze Anna Rita Longo

L’epidemia degli olivi pugliesi: Xylella fa ancora paura?

L’epidemia degli olivi pugliesi: Xylella fa ancora paura?

La malattia che ha sterminato gli oliveti pugliesi risale e raggiunge la provincia di Bari, favorita dai ritardi nelle contromisure. Ma dalla scienza viene qualche speranza contro la Xylella.

Muoversi attraverso le campagne del Salento, da qualche anno, significa attraversare un paesaggio che senza retorica si può definire “spettrale”. Lì dove splendidi olivi secolari protendevano i loro rami carichi di frutti su tronchi dall’aspetto simile a colonne barocche oggi si vedono ceppi tagliati, piante spoglie e scheletrite e, soprattutto, una produzione di olive ridotta al lumicino.

Xylella, 80 mila ettari perduti

Secondo le stime fatte, sarebbero 80mila gli ettari di oliveto distrutti e ci sarebbe più di un miliardo e mezzo di euro di perdite patrimoniali per i proprietari e almeno 2 miliardi tra danni al paesaggio e perdita di reddito per le aziende agricole. Responsabile di questa vera e propria catastrofe ecologica ed economica è un batterio proveniente dal continente americano, Xylella fastidiosa, che con le sue diverse sottospecie era già noto per essere la causa di gravi malattie che colpiscono colture importanti per il settore agroalimentare.

Individuo adulto di Philaenus spumarius, l’insetto vettore del batterio Xylella, comunemente noto come sputacchina

Un batterio che arriva dall’America

È, per esempio, il caso della malattia di Pierce, che ha avuto un grande impatto sui vigneti della California e della clorosi variegata che ha colpito gli agrumi in Brasile. La pericolosità di questo batterio era, quindi, nota da tempo e, proprio perché gli esperti paventavano un suo arrivo in Europa, i regolamenti europei prevedevano opportuni controlli di sicurezza delle importazioni vegetali provenienti dall’America e una serie di severe norme di controllo nel caso in cui, per errore, si fosse introdotta una pianta infetta.

Qualcosa è andato storto

Evidentemente, però, le maglie di questi controlli non erano così impenetrabili se, come si è ricostruito, viaggiando probabilmente su una pianta di caffè ornamentale proveniente dalla Costa Rica e transitata attraverso l’Olanda, Xylella è giunta nel Salento, si pensa intorno al 2008. Si è, dovuto, però attendere l’ottobre del 2013 per dare un nome al killer degli olivi salentini: era noto che Xylella colpisse molte specie, ma non si era mai accanita prima sugli olivi. I sintomi provocati dall’infezione sono, all’inizio, piuttosto aspecifici e comuni alle tante malattie che colpiscono queste piante e perché la gravità della situazione emergesse in tutta la sua dirompenza è passato del tempo prezioso.

Il complottismo che non aiuta

Ma il fattore determinante è stato l’opposizione alle misure di contenimento prescritte dall’Unione Europea. Quando un patogeno di questa pericolosità arriva in un luogo, non si può fare altro che eliminare le piante colpite e quelle che le circondano. Si tratta di una misura di grande impatto psicologico (oltre che economico) per una coltura, quella dell’olivo, considerata di grande importanza anche culturale e identitaria nel Salento. L’opposizione agli abbattimenti delle piante è stata fortissima, favorita anche dal diffondersi di una serie di teorie del complotto che hanno contribuito a disorientare l’opinione pubblica.

Ormai è impossibile eliminare Xylella dal Salento

Poco importava se, al contrario dei fatti appurati dalla scienza, queste teorie si contraddicevano. In un crescendo di assurdità, alcuni presentano il batterio come innocuo e da altri come pericolosissimo; importato dall’estero o presente da sempre sul territorio pugliese; frutto di una macchinazione contro l’olio pugliese o di una losca trama per agevolare la costruzione del noto gasdotto TAP, che sarebbe ostacolata dagli oliveti. Il risultato dell’opposizione alle misure di contenimento è sotto gli occhi di tutti: nel Salento, infatti, non si spera più di poter eradicare il batterio, che è stato anche favorito dalle condizioni particolarmente favorevoli all’espansione dell’infezione.

Batteri di Xylella fastidiosa visti al microscopio

L’arrivo nel Barese

Ma Xylella è ormai arrivata in provincia di Bari e questa minaccia incombe su una zona che fornisce olio di grande qualità in tutta Italia e anche all’estero. «Per fortuna le condizioni epidemiologiche nel Barese sembrano essere meno favorevoli al batterio», ci ha detto Donato Boscia dell’Istituto per la Protezione Sostenibile delle Piante del CNR di Bari, che guida i più importanti progetti di lotta alla Xylella. «Le temperature in media un po’ più basse e una popolazione inferiore della sputacchina, l’insetto che trasporta il batterio, permettono di rallentarne l’avanzata; questo purché si attuino tempestivamente le misure di contenimento nella parte terminale della zona infetta e nell’adiacente zona cuscinetto, eliminando i focolai più settentrionali e con il costante controllo del vettore, anche con le lavorazioni del terreno nel momento giusto», aggiunge lo scienziato, che sottolinea l’importanza anche sul piano economico di rallentare l’infezione.

Le possibili vie d’uscita

Ma quali sono le strade più efficaci che la scienza ha messo in luce nella lotta al batterio? «Tra le più promettenti», ricorda Boscia, «c’è la ricerca sulle varietà di olivo resistenti alla malattia. Ne sono già note due, con interessanti caratteri di resistenza, sia pur parziale, e altre sono allo studio». Una varietà resistente non è immune al batterio, ma si spera che possa essere in grado, anche se infetta, di garantire nel tempo una buona produzione di olive e, quindi di olio.

Il ceppo pugliese di Xylella non attacca i vigneti

Un’altra strada potrebbe essere quella di sostituire gli oliveti con altre colture già tradizionalmente presenti sul territorio salentino. Gli studi del CNR si sono, per esempio, concentrati su mandorlo e ciliegio che, pur in grado di infettarsi, hanno evidenziato una suscettibilità relativamente scarsa al batterio. Tra le alternative all’olivo bisogna considerare anche un’altra tradizionale coltura salentina, come la vite, in una terra nota anche per i suoi vini, dal momento che il ceppo pugliese di Xylella non attacca i vigneti. La conversione degli oliveti in vigneti, però, si scontra con il sistema europeo delle quote destinate alla coltivazione di vite da vino, quindi al momento sarebbe, di fatto, limitata a porzioni modeste del territorio.

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© Riproduzione riservata - 13/10/2020

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