La birra non è fatta di norma per essere invecchiata. Nella maggioranza dei casi va bevuta giovane e va comunque sempre conservata al fresco e al riparo dalla luce. Ma naturalmente ci sono molte eccezioni.
Solo per fare alcuni esempi: la trappista Orval non andrebbe mai stappata prima dei sei mesi dall’imbottigliamento (e al café del monastero non viene venduta se non dopo tale termine), alcune Gueuze belghe indicano in etichetta un best before superiore ai trent’anni e si possono assaggiare dei Barley wine inglesi degli anni ’80 ancora in straordinaria forma.
Quali birre possono invecchiare?
In generale, più salgono grado alcolico e complessità, più la birra diventa longeva; molte delle birre più strutturate migliorano con qualche mese di maturazione in bottiglia, ma in linea generale la birra è un prodotto abbastanza fragile, che evolve rapidamente e da trattare sempre con grande rispetto.
Queste, invece, vanno consumate subito
In particolare le birre in cui il luppolo gioca un ruolo protagonista – filone particolarmente florido in questo periodo – temono molto l’invecchiamento, la luce e le temperature alte. Bisogna quindi idealmente acquistarle direttamente dal produttore, tenerle in frigo e consumarle nel giro di pochi giorni.
Attenzione all’etichetta!
Sulle etichette è sempre presente la data di “preferibilmente entro”: è bene chiarire che non si tratta di una scadenza, ma soltanto di un’indicazione al consumatore ed è un parametro deciso arbitrariamente dal produttore (si possono dare tre mesi come due anni, non ci sono indicazioni di legge). La birra comunque non scade – cioè non diventa pericolosa per la salute – semplicemente è meno buona, nella maggioranza dei casi. Per questo, oltre alla data di “preferibilmente entro”, sarebbe molto utile fosse riportata anche quella di confezionamento, come fatto dai produttori più attenti.
La luce danneggia irreversibilmente il prodotto
La cosa è molto importante, perché la conservazione è un momento delicato, in grado di penalizzare irreversibilmente il lavoro del birraio. Bastano ad esempio pochi minuti all’esposizione di una luce intensa (naturale o artificiale) per rovinare una bottiglia, causando un off-flavour molto sgradevole, chiamato appunto “colpo di luce”.