Le leggi di Burgos. Sette parole chiave per il futuro del vino
Talvolta è utile guardare le cose da lontano e osservare come un altro popolo affronta i medesimi problemi. Come nel meccanismo teatrale dell’immedesimazione, ci appassioniamo ma non troppo, senza quella partecipazione religiosa ai limiti del fanatismo con cui – specie in Italia – viviamo questioni che invece dovremmo affrontare con sano laicismo.
Dei tanti viaggi recenti, quello a Burgos per il Duero International Wine Fest è stato particolarmente fertile, dal punto di vista culturale. A parte il fascino del luogo, gioiello medievale con cattedrale gotica riconosciuta quale Patrimonio dell’umanità Unesco, il congresso organizzato dalla regione di Castiglia e Leon è stato ricco di spunti di riflessione, che vanno ben oltre le specificità particolari dei pur grandi vini della Ribera del Duero (e di altre 11 denominazioni che beneficiano del corso del fiume) e si elevano a considerazioni universali per il nostro mondo enoico. Abbiamo raccolto un’antologia di dichiarazioni pronunciate da alcuni relatori che, da sole, basterebbero non per uno, ma per sette articoli. Che siano state espresse con tono ironico o serio, tutte si riferiscono a temi caldi, non solo localmente.
Il mondo del vino visto dalla Spagna
Abbiamo appuntato sette punti che chiameremo le “leggi di Burgos“, in memoria delle prime ordinanze – firmate qui nel 1512 – con cui i conquistadores del Vecchio Mondo pensarono di disciplinare i rapporti con gli indigeni del Nuovo. In realtà non furono mai applicate, mentre noi auspichiamo che alcune delle idee qui raccolte possano germogliare, portando a felici risoluzioni di antichi conflitti che potrebbero rivelarsi solo errori di prospettiva. Riportiamo tra parentesi l’autore delle citazioni e un breve commento.
#1 uomo
Il vino è vivo? Non ho mai visto bottiglie accoppiarsi (Ferran Centelles)
Il celebre sommelier di El Bulli (ristorante di Ferran Adrià) ironizza sulla moda dei vini “naturali”. La considerazione evoca un assunto importante: dovremmo mantenere l’uomo, il produttore, al centro del discorso.
#2 hippy
Il Rodano è hippy (Fernando Mora MW)
Il Master of Wine spagnolo ha sintetizzato con efficaci definizioni le principali aree di produzione di grandi rossi. Colpisce quella del Rodano. Perché hippy? Forse perché è una zona in cui si accettano errori, sperimentazioni e filosofie diverse: uso dei raspi o meno, apporto di uve bianche nella vinificazione di rossi (Syrah e Viognier), blend di svariati vitigni (lo Châteauneuf-du-Pape ne ammette sino a 18).
#3 periferia
Rivalutiamo il concetto “periferia”. Significa diversità, specificità, stili tradizionali, recupero delle varietà (Amaya Cervera, wine writer)
È la cultura della biodiversità, il rifiuto dei totalitarismi della globalizzazione.
#4 linguaggio
Sarebbe necessario un “Concilio Vaticano II” del vino. Per abbandonare il latino (ossia l’oscuro linguaggio dei sommelier) e farsi capire dalla gente (Agusti Peris, sommelier del ristorante Etxebarri)
Parole sante, per restare nella metafora.
#5 onestà
Questo settore punisce la mancanza di onestà (José Manuel Pérez Ovejas, Pérez Pascuas, produttore in Ribera)
Purtroppo l’impressione è che l’istanza di trasparenza sia predicata e poco praticata. Onore al vignaiolo che ci crede veramente.
#6 brand
La Spagna ha due brand: Vega Sicilia e Torres (Pilar Molestina, giornalista El País)
Questa dichiarazione, che sia o meno vera, sembra che abbia poco a che fare con noi. Ma poniamoci la medesima domanda: quali e quanti sono i brand italiani del vino? Quelli veri, per definizione riconoscibili dalla popolazione (non solo dagli appassionati) e identitari.
#7 frutto
I vini fruttati non mi interessano (Raúl Peréz, enologo nel Bierzo Do)
Bang! Una dichiarazione forte da un enologo/vigneron tutto d’un pezzo, che evidentemente segue la lezione francese. Gli italiani che ne pensano? Il tema è grosso: se scaviamo, arriviamo al nucleo della contrapposizione tra Vecchio e Nuovo Mondo del vino.
Tag: Burgos, Duero International Wine Fest, Ribera del DueroL’editoriale di Alessandro Torcoli è tratto da Civiltà del bere 5/2018. Se sei un abbonato digitale, puoi leggere e scaricare la rivista effettuando il login. Altrimenti puoi abbonarti o acquistare la rivista su store.civiltadelbere.com (l’ultimo numero è anche in edicola). Per info: store@civiltadelbere.com
© Riproduzione riservata - 12/10/2018