Le Cantine che hanno fatto l’Italia (2): Cecchi

Le Cantine che hanno fatto l’Italia (2): Cecchi

Un rimprovero più che salutare fu quello che il cavalier Luigi Cecchi, personaggio di spicco del mondo vinicolo chiantigiano, con una storia aziendale ultracentenaria alle spalle, fece un giorno del 1978 al figlio maggiore Cesare, ventiquattrenne, per gli scarsi risultati nello studio della Giurisprudenza. E lo fece alla presenza di un agente che l’azienda aveva negli Stati Uniti. Al che, quest’ultimo, rivolgendosi al cavaliere, gli disse: «Ma perché non lo mandi in America a imparare bene l’inglese e a conoscere la realtà vinicola e commerciale di quel Paese?».

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Una delle prime pubblicità del Chianti della Cantina lungo la linea ferroviaria a Poggibonsi

«Era un mercoledì, lo ricordo ancora come se fosse ieri», ci dice sorridendo Cesare Cecchi, oggi general manager della Casa vinicola Cecchi che guida insieme al fratello Andrea. «Ebbene, la domenica ero già su un aereo per gli Stati Uniti con destinazione la prestigiosa Columbia University. Ci rimasi addirittura sei mesi. Fu un’esperienza sconvolgente anche per il solo fatto di passare in pochi giorni da realtà paesane come quelle di Poggibonsi e Castellina a una megalopoli come New York. Fortunatamente, lo ammetto, ci andai con dei soldini in tasca, e tutto fu più facile».

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Luigi Cecchi e la moglie Anita a bordo di un volo per gli Stati Uniti

Il soggiorno americano di Cesare può essere considerato una tappa importante nell’evoluzione della casa vinicola chiantigiana poiché con il suo successivo ingresso in azienda, quattro anni dopo, anche l’aspetto della commercializzazione estera subiva un’accelerazione in avanti.
Già mezzo secolo prima, tuttavia, il Chianti della famiglia Cecchi era esportato in vari Paesi. Conferma Cesare: «Negli anni Trenta eravamo soprattutto in Brasile, anche se in maniera discontinua e grazie alla conoscenza degli emigranti italiani, e nel dopoguerra anche nelle ex colonie d’Africa. Personalmente ricordo, quando ero bambino, di aver visto le grandi casse di legno che racchiudevano i fi aschi impagliati. Mio padre fu il primo in famiglia, negli anni Settanta, a porsi l’obiettivo dell’internazionalizzazione dell’azienda. Purtroppo non conosceva alcuna lingua straniera e quindi per i contatti doveva affidarsi ai vari agenti e conoscenti. Chiaramente a quei tempi le occasioni d’incontro con gli importatori e distributori erano le fiere, a cominciare proprio dal Vinitaly. Anche i mezzi di comunicazione non erano rapidi come oggi. Tuttavia riuscì ad aprire numerosi mercati: principalmente in Europa (Svizzera, Germania e Inghilterra) e qualcosa negli Stati Uniti e in Sud America».

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Luigi Cecchi a Düsseldorf nei primi anni Ottanta con il senatore Desana e il sommelier Marchi

Grazie all’acquisita conoscenza dell’inglese durante lo stage a New York, Cesare affianca il padre Luigi sul fronte dell’export. «Il mio primo viaggio di lavoro all’estero da solo risale al settembre 1982, con risultati a dir poco sconcertanti. Ero andato a Bruxelles per partecipare a una piccola fi era, ma di fronte a me trovai un muro, nel senso che la considerazione per i vini italiani era veramente bassa e ne tornai sconsolato, anche se per la verità il Chianti Classico era visto come un prodotto di qualità rispetto ai vini italiani nei bottiglioni da due litri».
Agli inizi degli anni Ottanta, comunque, Cecchi era già presente sui mercati principali, in particolare Germania, Inghilterra, Svizzera e Stati Uniti. «Gli altri mercati, almeno per noi, non esistevano. Era il tempo in cui staccavamo sì e no 70 fatture all’anno per vendite all’estero. Lo sviluppo vero e proprio si è avuto nel decennio 1985-1995, quando siamo arrivati a superare i 50 Paesi di esportazione e i due terzi del fatturato. In quel periodo, francamente, il commercio italiano era stato un po’ messo da parte a vantaggio di quello straniero; oggi, invece, l’Italia ha un’importanza diversa e la percentuale è risalita al 45% con l’estero al 55%».
Un contributo allo sviluppo e alla valorizzazione delle produzioni della Cecchi, che ha inciso positivamente anche sul fronte dell’export, è venuto con la politica di acquisizione negli ultimi vent’anni di nuove proprietà in Toscana e in Umbria. Oltre alla storica Casa vinicola con sede a Poggibonsi (fondata da Luigi Cecchi nel 1893) e alla bella azienda agricola Villa Cerna di Castellina in Chianti, acquistata nel 1961, la famiglia Cecchi ha voluto ampliare la gamma dei suoi vini producendo in proprio alcune bottiglie di alta qualità come la Vernaccia di San Gimignano, il Morellino di Scansano e il Sagrantino di Montefalco. Vini prodotti, insieme ad altre referenze, sia a Denominazione di origine sia a Igt, nelle rispettive aziende Castello di Montaùto, Val delle Rose e Tenuta Alzatura. Oggi il “vigneto Cecchi” supera i 300 ettari di superficie con una produzione annua di circa 8 milioni di bottiglie suddivise in 27 diverse etichette.
Personaggio simpatico e dai modi semplici, la battuta sempre pronta dei toscani, Cesare Cecchi è un uomo concreto e quando gli chiediamo di parlarci dei premi o dei riconoscimenti ricevuti dai suoi vini, ci risponde sorridendo che «non ci hanno mai cambiato la vita».
«Il nostro interesse», aggiunge, «è sempre stato quello di valorizzare il territorio e sono orgoglioso di dire che siamo stati tra i primi a dare importanza alle Denominazioni di origine, così come all’export. Con mio fratello Andrea, agronomo che si occupa della parte tecnica, c’è una bella sintonia, e insieme siamo riusciti finalmente a far capire all’estero ciò che di buono c’era nella nostra azienda. Non sempre in passato, purtroppo, questo è avvenuto per un difetto di comunicazione. Adesso ce l’abbiamo fatta!».

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Uno dei primi mezzi di trasporto usati da Cecchi

1893 Luigi Cecchi fonda a Poggibonsi la Casa vinicola omonima.

1930 Iniziano le esportazioni di vini Chianti in Brasile.

1961 È l’anno dell’acquisto di Villa Cerna nel comune di Castellina in Chianti.

1982 Fa il suo ingresso in azienda Cesare Cecchi, figlio del cavalier Luigi. Quattro anni dopo, entra a far parte dell’impresa di famiglia anche il secondogenito Andrea, agronomo.

1989 La famiglia Cecchi compra a San Gimignano il Castello di Montaùto.

1993 Si festeggia per il primo centenario della Cantina.

1996 Alle tenute toscane si aggiunge in Maremma Val delle Rose per la produzione del Morellino di Scansano.

2000 Cecchi guarda all’Umbria e fa sua la Tenuta Alzatura nel comune di Montefalco.

OGGI Export: 52% – Bottiglie più esportate: Chianti, Chianti Classico, Morellino di Scansano, Vernaccia di San Gimignano (per un totale di 3 milioni di bottiglie) – Primi mercati: Germania, Stati Uniti, Inghilterra, Austria e Svezia.

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© Riproduzione riservata - 07/06/2011

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