Scienze Scienze Riccardo Oldani

Le bevande funzionali cambieranno il vino?

Le bevande funzionali cambieranno il vino?

Caratterizzate dall’aggiunta di sostanze con effetti positivi sull’organismo, come adattogeni, nootropi, probiotici e perfino cannabinoidi, le bevande funzionali alimentano un mercato globale da 120 miliardi di dollari. Con possibili impatti anche sui consumi di vino, specialmente tra un pubblico giovane e salutista. Al punto che qualche produttore sta iniziando a sperimentare prodotti di questo tipo.

Le chiamano bevande funzionali e abbiamo cominciato a conoscerle già da un po’ di tempo. Anzi, da un bel po’ di tempo. Si pensi che il marchio probabilmente più famoso della categoria, Red Bull, è stato fondato nel 1984 e ha iniziato a distribuire il suo primo prodotto nel 1987. All’epoca pochi in Italia si accorsero di quel drink dal sapore di BigBabol, che prometteva di infondere un “boost” di energia a chi lo avesse bevuto. Oggi il marchio austriaco vanta quasi 16 mila addetti in tutto il mondo e ha venduto nel 2022 11 miliardi e mezzo di lattine.

Moltissime proposte

Sulla spinta di esempi di successo del genere il mercato ora è invaso da una quantità infinita di brand che propongono bevande “funzionali”; dotate cioè, secondo quanto dichiarano i produttori, di qualità che vanno oltre al semplice gusto e alla capacità di idratare. Parliamo soprattutto di acque aromatizzate e bibite gassate addizionate secondo le varie ricette con sostanze in grado di calmare, eccitare o influire sul “mood” e sulla salute del consumatore.

Dai farmaci alle bibite

Le bevande funzionali contengono per esempio “adattogeni”. Sono sostanze, presenti in particolare in erbe officinali, che aumentano la resistenza dell’organismo a stress di tipo fisico o psichico. Oppure sono addizionate con “nootropi”, che aumentano le capacità cognitive delle persone agendo a livello del sistema nervoso centrale. Si tratta in entrambi i casi di principi sfruttati anche nei medicinali, ma dosati nelle bevande funzionali in modo da ottenere un effetto blando, ben diverso da quello terapeutico.

C’entra anche la cannabis

Tra i trend più recenti, soprattutto sul mercato nordamericano, il più pronto a recepire innovazioni nel settore beverage, si registra anche l’impiego di principi attivi contenuti nella cannabis, come il THC o il CBD, cannabinoide ad azione molto più blanda, che ha effetti benefici sull’organismo senza provocare alterazioni psicofisiche. E non potevano certo mancare i probiotici, microrganismi in grado di rafforzare le difese dell’organismo agendo a livello intestinale sulla flora batterica.

Mercato gigante

La ricerca e lo sviluppo di bevande funzionali è in pieno fermento. Il mercato viene dato in grande crescita. Analisi di marketing condotte sempre in Nord America segnalano come tre quarti dei consumatori scelgano bibite in grado di fornire benefici funzionali. Stimare il valore complessivo di settori così ampi è sempre complesso. Più studi di settore concordano però nel valutare intorno ai 120 miliardi di dollari il volume di vendite a livello globale previsto per il 2023, con un trend di crescita previsto nel prossimo quinquennio di quasi il 5% annuo.

Effetti sui consumi di vino

Per quanto le bevande funzionali siano essenzialmente analcoliche sembrano intaccare in qualche misura i consumi di vino, soprattutto tra le categorie più giovani e più orientate a stili di vita salutari. I functional drink sono anche entrati di prepotenza nel mondo della mixability, spingendo alla nascita di nuovi cocktail che, anche in questo caso, drenano il consumo di vino tra i più giovani.

Primi esperimenti

È probabilmente anche per questo motivo che anche il mondo del vino sta provando a esplorare prodotti “funzionali”, partendo dalla valorizzazione delle caratteristiche naturali e intrinseche del prodotto, che derivano dalle sostanze benefiche contenute nell’uva. La prima è il resveratrolo, ormai notissimo a chiunque si occupi di vino, polifenolo con comprovati effetti positivi sul cuore e sul sistema cardiovascolare. Studi hanno evidenziato come sia presente soprattutto nei vini rossi e, in particolare in vitigni come Malbec, Petite Syrah, Pinot nero, Saint Laurent. Si registrano soprattutto tra i produttori statunitensi iniziative per enfatizzare il contenuto in resveratrolo e proporre  i loro prodotti come funzionali.

Uno studio pionieristico

E non mancano studi, come quello pubblicato nel 2020 sulla rivista scientifica “Food and Chemical Toxicology” per valutare l’aggiunta di trans-resveratrolo, un additivo alimentare ricco in resveratrolo, nel vino Blaufränkisch, vitigno molto apprezzato coltivato tra Austria e Slovenia (Civiltà del bere ne ha parlato qui). Realizzata da ricercatori dell’Università di Lubiana, questa ricerca ha evidenziato come anche aggiunte consistenti di trans-resveratrolo, fino a 200 mg/l, non hanno modificato il gradimento del prodotto, contribuendo anzi a enfatizzare profumi e aromi.

Nascerà un nuovo mercato?

Che cosa porteranno studi di questo genere? Avremo presto un’ondata di vini funzionali? Difficilmente nel Vecchio Mondo. Qui l’importanza dei disciplinari è ancora tale da rendere improbabile la possibilità di additivare i vini con sostanze che non hanno nulla a che fare con l’uva o con il processo di produzione. Ma non si può escludere che in altri mercati, come Usa, Sud Africa, Australia o Regno Unito, i vini funzionali possano trovare una loro nicchia di mercato. Del resto c’è già qualcuno che ascrive a questa categoria i vini biologici, biodinamici o “naturali”. I puristi storceranno il naso. Ma di questi tempi qualsiasi azione intesa a qualificare il vino come un prodotto benefico, di fronte a tante spinte neoproibizioniste, potrebbe non essere poi così negativa.

Foto di apertura: lattine di Positive Beverage, produttore di drink funzionali distribuito negli Stati Uniti e nel Regno Unito. Il mercato di questo tipo di bevande è destinato a toccare i 120 miliardi di dollari nel 2023 © T. Nix – Unsplash

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© Riproduzione riservata - 30/03/2023

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