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L’Alto Adige riscopre il Pinot Bianco

14 Giugno 2013 Anna Rainoldi
A lungo in seconda fila nei vigneti altoatesini, il Pinot Bianco oggi torna a essere uno dei vitigni simbolo della provincia di Bolzano, dove risiede da 160 anni. Secondo le cronache, fu l’arciduca Giovanni d’Austria a introdurre questa varietà in Alto Adige nel 1852. Da allora, la perfetta adattabilità del Weißburgunder (così chiamato localmente) ai diversi contesti pedoclimatici del Südtirol ne ha consentito la diffusione in quasi tutte le zone di produzione, eccezion fatta per l’algida Valle Isarco, dove il clima si fa decisamente più alpino. NELLA PROVINCIA 503 ETTARI - Gli ultimi dati relativi al 2013 dicono che l’Alto Adige conta complessivamente 503 ettari condotti a Pinot Bianco, prevalentemente a pergola e a spalliera, che corrispondono al 16 per cento dell’area vitata “in bianco”; la varietà è presente soprattutto in Oltradige (Appiano), Val d’Adige (Terlano) e Bassa Atesina, fra 350 e 600 metri di altitudine. Sul versante normativo, il disciplinare della Doc Alto Adige distingue al suo interno il “semplice” Alto Adige Pinot Bianco (416 ettari) e la produzione nelle sottozone Terlano (81 ettari) e Val Venosta (6 ettari). IL PREGIO: LA VERSATILITÀ - L’amore dei vignaioli altoatesini per il Pinot Bianco si era offuscato negli anni Ottanta, quando scoppiò la moda internazionale degli Chardonnay in purezza: allora il Pinot, un tempo confuso e tagliato con lo Chardonnay (chiamato anche  “Pinot Giallo”), fu parzialmente abbandonato a favore del più famoso “falso fratello”. Oggi la versatilità di questo vitigno e il suo legame con il territorio ne hanno favorito la riscoperta. A seconda del clima, dell’altitudine, del terreno, questa varietà è in grado di esprimere caratteristiche diverse: dove prevalgono terre sabbiose, argillose o di origine alluvionale, che irradiano più facilmente il calore diurno, si producono vini generosi, pieni, fruttati. Nei suoli ricchi di porfido, invece, si ottengono etichette di grande capacità evolutiva, più sapide: ne sono esempio la zona di Terlano e la Val Venosta, dove «il clima asciutto in quota favorisce molto questo vitigno, che acquisisce marcate note minerali, fortemente settentrionali», secondo il vignaiolo Martin Aurich dell’azienda agricola Unterortl (Naturno). CURA DEL VIGNETO E BASSE RESE - In ogni caso, per produrre un buon Pinot Bianco occorrono «più impegno e cura nel vigneto che per altri vitigni analoghi», ricorda Hans Terzer, enologo della Cantina San Michele Appiano: «I requisiti di qualità dei frutti sono più severi, le quantità raccolte devono essere ridotte, l’uva deve maturare bene e la vite deve crescere alla giusta altitudine. Solo così emergono le vere caratteristiche di questo vitigno». IN CANTINA SIA ACCIAIO SIA LEGNO - In cantina, le scelte di vinificazione valorizzano i caratteri dettati dalla natura: la gamma di etichette che si possono ottenere dal Pinot Bianco spazia dal vino da tavola fresco e fruttato, a selezioni più caratteristiche, fino a bottiglie d’eccellenza, strutturate e longeve. Di norma si preferisce non ricorrere alle botti di piccolo formato, per preservare la delicatezza e la finezza varietale: secondo Peter Zemmer, dell’omonima Tenuta a Cortina sulla Strada del Vino, «il Pinot Bianco si adatta sia all’affinamento in acciaio inox, sia alle botti di grande formato». Anche Rudi Kofler, della Cantina di Terlano, preferisce utilizzare il legno grande, mentre Hans Terzer, convinto che sia «determinante il giusto mix tra fusti grandi e piccoli», ne fa affinare una parte in contenitori di quercia di dimensioni più ridotte. TANTE LE SFUMATURE GUSTO-OLFATTIVE - Nel calice, il Pinot Bianco si presenta come un vino elegante, quasi “riservato”, ma ai palati più fini rivela innumerevoli sfumature gusto-olfattive. «È una varietà che richiede un approccio attento, che ha personalità e rispecchia il territorio. Un vino per appassionati e intenditori», spiega Peter Zemmer. Sentori preziosi tra fiori e frutta, all’insegna della delicatezza, accompagnano la nota dominante di mela: verde e croccante se il vino proviene da territori più freddi, succosa e solare, come la gialla Golden, se il vigneto gode di un clima tiepido. Al palato la buona s­­truttura, sapida e minerale, si abbina a una freschezza vivace, che risalta e valorizza il gusto di ricette a base di pesce, di primi piatti leggeri, o dei tipici canederli altoatesini. PROTAGONISTA ALLA MOSTRA VINI DI BOLZANO - In tavola o assaporato da solo, il Pinot Bianco convince, stimola, semplicemente piace, alla critica come ai wine lovers. Ma questo vitigno deve ancora trovare una collocazione adeguata nel panorama enologico del Südtirol. «Oggi ci stiamo muovendo nella giusta direzione, ma manca ancora un vero e proprio exploit». Per Hans Terzer «il Pinot Bianco ha bisogno di cavalli di battaglia». Una prima risposta in questo senso è arrivata dalla Mostra Vini di Bolzano. Dal 24 al 26 maggio un Pinot Bianco in ottima forma è stato protagonista dell’esposizione, insieme alle varietà più famose dell’Alto Adige. La tre giorni era infatti dedicata all’annata 2012, «un’ottima vendemmia», precisa il presidente del Consorzio Anton Zublasing, «che ha regalato vini Schiava molto equilibrati e fruttati, di uno splendido colore. Si registrano buoni risultati anche per Lagrein e Pinot Nero. Ma i bianchi, che hanno sviluppato una grande aromaticità e spiccate caratteristiche varietali, nel 2012 rappresentano la nostra vera eccellenza». Leggi anche il report di Civiltà del bere sull’enologia regionale Speciale Alto Adige.

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