In Italia In Italia Aldo Fiordelli

La verità, vi prego, sul biologico nel 2023

La verità, vi prego, sul biologico nel 2023

In un’annata come questa, complicata dal flagello della peronospera, le aziende che operano in regime di agricoltura convenzionale hanno effettuato mediamente meno trattamenti delle Cantine biologiche e biodinamiche, impattando meno sull’ambiente. È il caso di ripensare il modello?

Nell’annata 2023 ha “inquinato” di più l’agricoltura convenzionale o quella biologica? L’assunto da cui partire per una domanda solo apparentemente provocatoria è il seguente. Quello in corso sarà ricordato come l’anno record della peronospora. A causa delle forti piogge di maggio e giugno abbinate a un clima mite, il fungo ha proliferato in tutta la Penisola, dalla Val d’Aosta alla Sicilia.

Numeri da non sottovalutare

I produttori convenzionali si sono difesi dalla peronospera con preparati di sintesi, fitofarmaci che si comportano come una pillola. La pianta assorbe i principi attivi e si protegge attraverso la propria linfa. Ciò consente di entrare nel vigneto un numero relativo di volte. Al contrario i viticoltori biologici e biodinamici possono utilizzare soltanto il solfato di rame, un prodotto che viene distribuito su foglie e grappoli proteggendo entrambi solo per contatto, come una crema sulla pelle. Ciò significa che a ogni pioggia il rame deve essere spruzzato nuovamente perché ne sia mantenuta l’efficacia. Se in annate calde e asciutte come la 2021 o la 2022 il numero di trattamenti è stato equivalente tra i due sistemi, nel 2023 un’azienda biologica ha trattato mediamente il doppio della media. Se il dato di 30 trattamenti pure circolato su fonti di informazione sembra stimato per eccesso ai limiti della realtà, quello intorno a 15 è riferito da molte aziende lungo tutta la Penisola.

Le conseguenze dei molteplici passaggi in campo

Un numero di trattamenti comunque molto elevato che si porta dietro diverse conseguenze. Oltre a un aumento del quantitativo di rame (da tenere nel biologico entro 5 chili di rame metallo a ettaro per anno), problemi di compattamento del terreno per i numerosi passaggi col trattore, e quindi di meno ossigeno per la vitalità dei suoli a rischio asfissia e il gasolio dei trattori stessi. «La 2023 è stata un’annata difficile, squilibrata, estrema. Un’aggressività così della peronospora non l’avevo mai vista», ha ammesso Elisabetta Foradori, nota viticoltrice trentina e consigliera Demeter per l’Italia.

Guardare il fenomeno nel suo complesso

«Le vigne in regime convenzionale quest’anno erano senza dubbio più belle a vedersi», prosegue la produttrice biodinamica. «In Trentino la quantità c’è comunque, una produzione consona all’annata, siamo forse più abituati a queste piogge rispetto alla Sicilia. Sulla qualità siamo di fronte a un’annata squilibrata. I rossi sono finalmente maturati, ma abbiamo sicuramente lavorato di più e siamo dovuti entrare in campo più volte rispetto alla media». Detto ciò occorre fare anzitutto una precisazione. «Biodinamico, ma anche biologico, è un approccio alla pianta diverso che esula dal semplice “tolgo la chimica”. Qui si tratta di vedere le cose in maniera più ampia, non focalizziamo tutto su un’annata e la terra non va a giorni ma a milioni di anni. Entrando nel merito, il rame ha comunque limiti molto ridotti nel biologico rispetto al convenzionale. Basta guardare l’etichetta di un qualsiasi prodotto Bayer».

Compattamento del terreno e approccio a lungo termine

Alla Cantina Foradori hanno usato 3 chili di rame metallo a ettaro quest’anno contro i 2 di un’annata media. «Puntare il dito contro il rame, è riduttivo. A parte che i nostri terreni dopo anni di biodinamica hanno ridotto il quantitativo di rame presente, lo dicono le analisi. Ne usiamo quantità diverse rispetto ai nostri nonni. Il convenzionale invece utilizza prodotti come Roundup (l’erbicida sistemico a base di glifosato) di cui si sta prolungando l’uso». Sul compattamento del terreno la Foradori ammette che sulla sabbia del Campo Rotaliano non ci sono criticità come se ne sono viste al contrario su certe argille della Toscana, ma il problema sussiste. «Resta centrale un approccio a lungo termine anche al di là della monocultura della vite».

Volumi più bassi nelle zone più bio

“Io avverto sempre i produttori che seguo dei rischi legati al biologico“, ha commentato il presidente Assoenologi e consulente di fama Riccardo Cotarella dalle righe del Sole 24 ore. “Tra le emissioni di CO2 nei vigneti e i residui di rame sui grappoli, non so davvero cosa ci sia di biologico in quei vini”. Qualche indicazione arriva dai numeri. A margine della presentazione delle stime Ismea, Assoenologi e Unione Italiana Vini sono emersi cali produttivi più significativi nelle regioni a maggiore propensione “bio”. La Sicilia perde il 30% di uve rispetto allo scorso anno, la Calabria il 32,5%, la Basilicata il 30%, le Marche il 25% e la Toscana il 20%.

Le regioni italiane più colpite

Guardando ai dati – perlopiù scarsi sull’organic – si scopre che la Sicilia con 37 mila ettari è la regione con più vigneti in biologico d’Italia. L’incidenza del bio sul totale è del 38,2% quindi prossima a quel 30 di perdita. Impressionante il dato della Calabria, dove l’incidenza della perdita è uguale a quella di incidenza del bio (32,5%). Tra i dati che si discostano la Basilicata dove il bio incide per il 21% e la Toscana dove è “green” il 37,7% del totale. Ne consegue che senza dubbio in zone meno abituate alla pioggia la peronospora ha colpito di più indipendentemente dal sistema di gestione, confermando quindi di fatto che nel lungo periodo il biologico sarà comunque auspicabile. Da segnalare che in Toscana la viticultura verde ha perso il 9% rispetto al 2022. Che il 2023 rappresenti un giro di boa per il biologico?

Foto di apertura: la vigna Giardino di Elisabetta Foradori

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© Riproduzione riservata - 11/10/2023

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