Uno studio pubblicato su Science retrodata di 3 mila anni la storia della vite
Innovative tecniche di genomica hanno permesso di fissare a 11.000 anni fa il momento della domesticazione della vite selvatica: 3 millenni prima rispetto a quanto finora sostenuto dagli archeologi. L’uva potrebbe pertanto essere stata il primo frutto coltivato dall’uomo. Un primato che conferma il suo ruolo nella costruzione del patrimonio culturale del pianeta.
Finora tutti gli studi sulla storia del vino e sulle origini della coltivazione della vite sono stati affidati all’archeologia. È grazie a questa disciplina, infatti, che in Caucaso sono state scoperte le più antiche testimonianze della vinificazione; resti di recipienti di argilla che contenevano tracce di tannini dell’uva e vinaccioli. Oggetti datati circa 8.000 anni fa. Ora però il primato degli archeologi è messo in seria discussione dagli esperti di genomica. Uno studio pubblicato giovedì 2 marzo sulla rivista Science, infatti, descrive come lo studio del dna della vite abbia rivoluzionato le conoscenze storiche che avevamo sulla pianta, retrodatando di almeno 3.000 anni rispetto a quanto creduto finora il momento chiave della domesticazione di questa pianta.
Un team internazionale
Realizzata da un team di studiosi provenienti da 17 Paesi, la ricerca (la si può trovare qui) ha indagato antichi vitigni rinvenuti nell’area caucasica arrivando alla conclusione che le attuali uve per la vinificazione sono frutto di una doppia domesticazione, avvenuta in due aree distinte dell’Asia, separate da circa 600 km. In Caucaso, nella regione oggi compresa tra Armenia, Georgia e Azerbaijan, le popolazioni locali avrebbero iniziato a coltivare la vite per produrre vino. In una zona dell’Asia che oggi potremmo identificare con il Vicino Oriente, invece, la vite selvatica sarebbe diventata una coltura per produrre uva da mangiare, quella che oggi definiamo da tavola.
Un incrocio fatale
Le popolazioni responsabili di queste innovazioni tecnologiche, complesse per l’epoca, sarebbero entrate in contatto; dall’incrocio tra i due tipi di uve sarebbe derivata quella che oggi comunemente utilizziamo per produrre il vino. Il tutto, secondo gli studi genetici, che sono in grado di ricostruire gli incroci tra specie e di collocarli in un periodo storico ben preciso, sarebbe avvenuto 11.000 anni fa.
Cosa ci dice la genomica
Per arrivare a questo risultato gli studiosi hanno esaminato dal punto di vista genetico 2.448 diverse cultivar originarie dell’area eurasiatica e del Nord Africa. Oltre agli esemplari di Vitis vinifera, l’uva da vino, lo studio ha coinvolto anche piante di vite selvatica, Vitis sylvestris.
Le ricerche sul dna non sono in grado di stabilire quando l’uomo abbia iniziato a sviluppare le tecniche di vinificazione; indicano però con precisione quando ha iniziato a coltivare la vite, evidentemente per un motivo economico, non certo per divertimento. La vinificazione potrebbe pertanto essere stata messa a punto anche prima, utilizzando uva da vite selvatica, e avere riscosso un tale successo da indurre poi a iniziarne la coltura. Ma queste, al momento, sono supposizioni, che andrebbero confermate da evidenze archeologiche.
Impatto culturale
Da quel momento primordiale di selezione dell’uva da coltivare per produrre vino è nata poi un’epopea che ha fatto di questo prodotto una prelibatezza ricercata in tutto il mondo, al punto da diventare uno dei primi, se non il primo, alimento esportato e commercializzato. Un ruolo pionieristico, a cui può essere attribuita la nascita dei rapporti commerciali e dei contatti tra culture distanti tra loro. Un catalizzatore, in altre parole, di quel fenomeno di avvicinamento dei popoli alla base della cultura dell’umanità.
Lavoro di gruppo
Ad avere l’idea dello studio e a convincere colleghi di tutto il mondo a partecipare è stato uno scienziato cinese, Wei Chen, biologo evoluzionista dell’Università Agricola dello Yunnan. Chen, durante una conferenza stampa di presentazione della ricerca, ha sottolineato come “la nostra collaborazione mostra che possiamo arrivare a grandi risultati, proprio come gli antichi che commerciavano l’uva attraverso le frontiere”. La collaborazione ha consentito di superare le discrepanze che diversi studi genetici sulla domesticazione della vite avevano creato in precedenza.
Il seme della collaborazione
Si trattava di ricerche isolate tra loro, ha evidenziato lo scienziato, che avevano portato a risultati molto diversi; in alcuni casi facendo risalire l’inizio della coltivazione dell’uva addirittura a 15.000 anni fa. Ora però il lavoro congiunto è pervenuto a una conclusione condivisa.
Insomma, nel nome del vino si è realizzata una collaborazione costruttiva tra persone di differenti culture e di diverse provenienza. Chissà mai che possa essere un buon segnale per introdurre un nuovo seme della pace in un mondo che sembra impazzito.
Foto di apertura: un vigneto nei pressi dell’antico monastero di Khor Virap, in Armenia, ai piedi del monte Ararat. In quest’area sarebbe iniziata, 11 millenni fa, la coltura della vite per la produzione del vino © Makalu – Pixabay.
Tag: Dna, Science, vite© Riproduzione riservata - 08/03/2023