Quali vitigni entreranno nella Hall of fame?
Quattordici vitigni, oggi ancora poco conosciuti, hanno le caratteristiche giuste per diventare varietà fra le più note e diffuse al mondo. Lo studio di José Vouillamoz, genetista della vite e co-autore di Wine Grapes, individua le tipologie destinate a diventare i nuovi Cabernet e Chardonnay del futuro. Sembra strano, ma così è avvenuto per tante varietà oggi globalmente prodotte. Un esempio su tutti è L’autoctono croato Tribidrag, oggi noto come Primitivo di Puglia e Zinfandel californiano. Spesso il successo arriva in regioni lontane da quella originaria: come è successo per il Carmenère di Bordeaux, ampiamente diffuso in Cile e ora in Cina, dov’è chiamato Cabernet Gernischt (dapprima considerato erroneamente Cabernet Franc). Ecco i quattordici vitigni di Vouillamoz, nazione per nazione:
PORTOGALLO – Il bianco Rabingato, della regione del Douro, vanta un’ottima acidità ed evoluzione nel tempo, e il rosso Alfrocheiro, della zona centrale del Dao, in grado di mantenere freschezza anche nei climi più caldi (il consumo va in direzione di vini più leggeri e acidi).
SPAGNA – La Maturana Blanca (nella zona del Rioja), come il suo corrispettivo rosso (Tinta), è estremamente rara, ma si caratterizza per l’acidità e le note fruttate ed erbacee; da poco è utilizzata nella produzione del Rioja bianco, insieme a Sauvignon blanc, Chardonnay e Verdejo. Anche il Sumoll Blanc (solo a Tarragona e Penedès, in Catalogna) è raro ma si distingue per freschezza, mineralità e ottima tenuta nell’affinamento in legno. Infine il rosso Escursac (Maiorca), quasi estinto dalla fillossera, dona vini di alta qualità, fruttati e dal tannino non aggressivo.
FRANCIA – Originario di Châteauneuf-du-Pape e della Côtes du Rhône, il rosso Counoise si è già diffuso in California e a Washington. La Verdesse invece, bianca varietà della Savoia, è rara, ma si sta diffondendo nel sud-est del Paese grazie al potenziale aromatico e qualitativo.
ITALIA – Il Lagrein altoatesino, già impiantato in Australia, spicca per intensità del colore e freschezza. Mentre l’altro campione made in Italy arriva dalla Sardegna: il Nieddera, che genera vini corposi e molto complessi (il Nerello Mascalese siciliano non compare in classifica solo perché già troppo conosciuto secondo Vouillamoz).
GRECIA – La nazione rappresenta un ottimo playground per selezionare i vitigni del futuro. In particolare, emergono il bianco Kydonitsa, fruttata varietà del Peloponneso, e il rosso Mavrotragano, autoctono di Santorini, che allevato sui terreni vulcanici dell’isola genera aromi di ciliegia e spezie, e una spiccata freschezza.
TURCHIA – Come la Grecia, anche questa nazione vanta una produzione di vini freschi e fruttati, pur in un clima caldo come quello mediterraneo. Due bianchi in particolare: Vasilaki, originario dell’isola di Bozcaada, ed Emir, delicato e minerale, prodotto nella Turchia centrale.
ARMENIA – Il vitigno principe della nazione è l’Areni (in foto), un rosso di qualità straordinaria, che negli ultimi anni ha attirato in queste terre noti professionisti del vino come Alberto Antonini, Michel Rolland e Paul Hobbs. Probabilmente, sarà questo il Cabernet del futuro!
È fondamentale, comunque, difendere la produzione di varietà rare o poco note, perché rappresentano una fonte insostituibile di biodiversità. E qual è modo migliore per incentivarne la tutela? Innanzitutto berle.
Tag: Areni, Cabernet, Chardonnay, futuro, José Vouillamoz, vitigni© Riproduzione riservata - 21/07/2014