La piramide dei vini di qualità è utile al consumatore?

La piramide dei vini di qualità è utile al consumatore?

La classificazione Docg-Doc-Igt è funzionale alle attese del mercato?

Rispondono alla domanda Riccardo Ricci Curbastro (presidente di Federdoc), Pietro Rocchelli (Agenzia Maurizio Rocchelli, esperti di vendita Horeca e Gdo) ed Emma Dawson MW (Senior buyer Berkmann – Regno Unito).

Riccardo Ricci Curbastro

La piramide dei nostri vini di qualità ha sicuramente mostrato nel tempo la sua capacità di soddisfare il mercato, offrendo al consumatore l’opportunità di scegliere tra prodotti di pregio, frutto di pratiche enologiche diverse, e nel cammino verso la cima della piramide, progressivamente più restrittive. Tale evidenza non deve arrestare però il processo di miglioramento del nostro sistema; adagiarsi sui risultati ottenuti senza cogliere le nuove sfide e, soprattutto, senza prendere atto di ciò che le analisi di mercato evidenziano sarebbe un grave errore.

La nuova sfida: Docg di peso

È per questo che come Federdoc, unitamente alla filiera vino, stiamo valutando alcune modifiche da apportare all’attuale classificazione, che consentirebbero di distinguere più nettamente i livelli qualitativi della piramide, rendendo più rigido, in particolar modo, il passaggio dalle Doc alle Docg ed escludendo la possibilità di tramutare in Docg mere tipologie di una denominazione. Vogliamo frenare una tendenza che negli ultimi anni sta conducendo ad uno svilimento del concetto piramidale stesso, creando confusione nel consumatore rispetto alle sue scelte di acquisto. Per far ciò riteniamo importante che i prodotti da porre all’apice – le Docg – diano prova della loro rinomanza commerciale acquisita sul mercato, dimostrando di raggiungere determinate soglie di imbottigliato a riprova non solo della loro presenza sul mercato, ma del consolidamento della loro posizione. Tutto questo per legare definitivamente, ed in modo coerente, il concetto piramidale con la realtà concreta dei flussi commerciali.

Un freno a nuove Doc

Preso atto di ciò che può essere perfezionato del nostro sistema di classificazione delle denominazioni, dobbiamo lavorare per il buon uso di esso e risolvere così il problema, sempre più rilevante, del proliferare indiscriminato del numero di denominazioni. È fondamentale far comprendere agli operatori del settore che il ricorso a Docg, Doc o Igt deve essere frutto di politiche oculate che portino a identificare come Denominazioni solamente alcuni tra i prodotti esistenti, quelli più aderenti a condizioni qualitative riconoscibili dal mercato.

Il problema delle Doc minori

Alcune delle Denominazioni minori, che oggi soffrono dell’impossibilità di promuoversi ed essere visibili sui mercati, potrebbero viceversa diventare sottozone di DO limitrofe più grandi. Il vantaggio che ne deriverebbe è evidente a tutti: maggiori volumi sui mercati, maggiore visibilità ed opportunità di promozione senza rinunciare a sfumature e peculiarità che come tali però dovrebbero però essere presentate.

Pietro Rocchelli

In tempi di incertezza e paura il mercato si aspetta quattro cose: consolazione, rassicurazione, incoraggiamento, aiuto. Quale ruolo può avere una bottiglia di vino in questo contesto? Quale significato possono assumere le classificazioni di legge come Docg, Doc, Igt, Igp? Certo: la sicurezza della filiera di produzione, della sua salubrità e quindi le targhe e le sigle di Denominazione di origine che danno garanzie in questo senso sono utili e rispondono ad una attesa del mercato che c’è sempre stata.

Un mercato in cerca di solidarietà

Ora abbiamo anche la possibilità di giocare altre carte certamente più attuali e probabilmente più efficaci: le carte della consolazione, della rassicurazione, dell’incoraggiamento e dell’aiuto. Nella comunicazione di un brand e nella proposta di un vino e in generale di un prodotto sul mercato lavorerei in questa direzione. Si sono viste infatti iniziative di successo sugli scaffali dei supermercati di vini – e altri prodotti – la cui vendita ha finanziato le cure e la ricerca sul vaccino per il Covid19. Iniziative associate a messaggi partecipativi, rassicuranti e coinvolgenti. Viviamo tempi in cui la ricostruzione di empatia, partecipazione e condivisione può essere favorita anche in questo modo; facendo di un prodotto di consumo il medium di un messaggio di solidarietà, di rassicurazione e di incoraggiamento in modo meno freddo e criptico di una sigla di denominazione di origine. In questo modo si può incontrare più efficacemente le attese di mercato. 

Emma Dawson MW

Il Sistema di classificazione italiano ha più senso per gli operatori di settore che per il consumatore finale. Il consumatore medio ha una conoscenza molto basica dei vitigni e delle regioni di origine e non comprende il significato di tutti questi termini differenti stampigliati sull’etichetta.

Prevale la regione o il vitigno sulla classificazione

Di fatto, i consumatori prendono dimestichezza con in vini a Docg per la loro reputazione specifica come regioni d’origine, più che per la dicitura “Docg”. Per gli operatori di settore, e specialmente per i buyer, queste sigle sono influenti, forniscono ai vini credenziali qualitative importanti, comunicano la garanzia di aver raggiunto gli standard richiesti dalla loro classe di appartenenza.

Spesso Igt e Doc hanno una qualità molto (troppo) simile

La differenza più importante è quella tra Igt e Doc, perché un buyer si aspetterebbe una disparità evidente nella qualità del vino. In un periodo in cui assistiamo a un’attenzione sempre maggiore verso la tracciabilità e l’integrità della materia prima sui mercati, se queste categorie vogliono dimostrarsi significative, dovrebbero offrire queste rassicurazioni al settore e ai consumatori.

Foto di Bartlomiej Fornalczyk – Unsplash

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© Riproduzione riservata - 04/09/2020

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