L'altro bere L'altro bere Marco Santini

Infinite suggestioni davanti a un Porto

Infinite suggestioni davanti a un Porto

José è stato il mio maestro in fatto di Porto. È lui che mi ha guidato alla scoperta del territorio, delle sue Cantine, dei suoi sapori e misteri, al tempo del mio primo viaggio in questa regione bellissima e ricca di storia. Figlio d’arte, la sua famiglia possiede una delle ultime Quinte indipendenti dove si produce ancora il vino di Porto in una dimensione “domestica”. Oggi è lui, insieme agli altri giovani della dinastia Serpa Pimentel, a guidare Quinta da Pacheca, una bella realtà situata vicino a Lamego, nel settore più occidentale della zona di produzione di questo vino. Davanti a un bicchiere di Porto vecchio di 80 anni imbottigliato da suo nonno, José comincia a raccontare la magia di questa regione.

Fra tutti i posti che l’uomo poteva scegliere per piantare viti, la valle del Douro è uno dei più difficili. È stato necessario un lavoro titanico per addomesticare questa terra selvaggia e spettacolare. Lungo un dislivello di centinaia di metri seguendo il corso tortuoso del fiume e dei suoi affluenti, col passare dei secoli, l’uomo ha ricavato un mondo di terrazzamenti, conquistando col sudore una terra dura e povera. Divisa in tre sottoregioni chiamate Baixo Corgo, Cima Corgo e Alto Douro, la zona di produzione parte da Régua, a occidente, per risalire fino al confine con la Spagna. Le varietà selezionate nel corso dei secoli, che oggi contribuiscono alla nascita del vino di Porto sono: Touriga Nacional, Touriga Francesa, Tinta Roriz, Tinto Cão, Tinta Barroca e Tinta Amarela.

Il centro della regione si può individuare nella cittadina di Pinhão, base ideale per muoversi alla scoperta di questa realtà complessa quanto affascinante. Proprio a Pinhão, José ha organizzato l’apertura di una vecchia bottiglia, un Vintage del 1977, con il rito della tenaz. Alla bottiglia, rimasta in piedi almeno 24 ore, si stringe il collo con una tenaglia, tenaz, arroventata sul fuoco. Quando il vetro si fa incandescente, lo si tocca con un cubetto di ghiaccio facendolo spezzare con taglio netto, senza schegge. A quel punto non resta che decantare lentamente in modo da separare il prezioso liquido dal suo fondo. Il contesto è quello della Vintage House, uno dei migliori indirizzi della zona sia per qualità della lista del vino sia come hotellerie.

Il rituale della tenaz è sintesi delle atmosfere che orbitano intorno a questo vino che deve il suo successo all’embargo tra Francia e Inghilterra in atto alla fine del XVII secolo. In seguito alla difficoltà di reperire vino francese, due commercianti londinesi arrivarono a Porto e cominciarono a risalire il corso del Douro in cerca di produttori di vino. Arrivati al santuario di Nossa Senhora dos Remédios di Lamego, assaggiarono il vino dei frati e scoprirono che era fortificato con l’aggiunta di aguardiente (acquavite), una pratica vitale per l’essenza e lo spirito del Porto, che oggi viene fatta direttamente nel mosto. Oltre a definirne il carattere, l’alcol rendeva possibile preservarne la qualità durante le traversate per mare. Il successo di questo vino fu immediato (nel 1728 ne furono spedite più di un milione e mezzo di casse, che nel 1799 superarono i tre milioni) al punto che molti commercianti dalla Gran Bretagna decisero di trasferirsi nella città di Porto. Questo spiega perché molti dei marchi di oggi recano nomi inglesi. Sull’onda del successo, nel 1756 si decise di delimitare la regione che produceva i migliori vini con dei massi di granito, i marcos de feitoria, e vennero introdotte una serie di leggi che regolavano la produzione, il trasporto e i prezzi. Nacque così la prima regione a denominazione di origine controllata con quasi due secoli di anticipo rispetto alle francesi.

Per capire come nasce il Porto bisogna cercare le quinta, le aziende agricole sparse sul territorio, dove si trovano le vigne, dove avvengono la vendemmia e la vinificazione (la maturazione in legno di solito si fa a valle, a Vila Nova de Gaia). Imprescindibile la visita di Quinta do Noval, a Casal de Loivos quasi a picco su Pinhão, che possiede uno dei pochissimi appezzamenti di vigna in Europa non distrutto dalla fillossera, due ettari e mezzo in cui si producono dalle 2 alle 300 casse di Nacional negli anni dichiarati Vintage. Nata nel 1715, Quinta do Noval rappresenta una delle icone più classiche e riconosciute del Porto. In controtendenza con i maggiori marchi in questa Cantina tutto il processo di vinificazione e maturazione si svolge in sede, nell’Alto Douro, la pigiatura si fa ancora con i piedi e la fermentazione avviene ancora nei lagares (ampie vasche in cemento a cielo aperto). Questa procedura, insieme alla particolare composizione del terreno, garantisce l’ottenimento di vini tipicamente minerali e meno dolci rispetto agli altri Porto. Oltre al leggendario Nacional (che può superare i due mila euro a bottiglia, sei mila euro nel caso del 1931), sono da provare: il sorprendente 10 anni che coniuga la classica palette sensoriale dei tawny invecchiati senza rinunciare al frutto e alla freschezza, unico; e LBV unfiltered, single vineyard, dal carattere spiccato, realizzato come un Vintage con la differenza che matura in caschi di legno per quattro, qualche volta cinque, anni.

Situata a soli 45 chilometri dal confine spagnolo, Quinta do Vesuvio è un’altra Cantina leggendaria che produce solo Vintage ottenuti in modo totalmente tradizionale: dalla vendemmia manuale, alla pigiatura con i piedi. Il Vintage 2009 è un chiaro esempio dello spessore dei vini di casa Vesuvio. Darà probabilmente il suo meglio fra 50 o 60 anni, ma già ora è capace di regalare sensazioni sublimi: dal naso, che rivela note erbacee, floreali e d’inchiostro, fino al gusto, potente, concentrato, molto persistente, con abbondanza di frutti di bosco e ricordi di cioccolato fondente. Dal 1989, Quinta do Vesuvio è di proprietà dei Symington: una famiglia che nel corso dell’ultimo secolo ha acquisito ben cinque delle maggiori case di produzione di Porto, tra cui spicca il marchio Graham’s, uno dei maggiori e più conosciuti. Il gioiello di casa Graham’s è la Quinta dos Malvedos, situata nell’Alto Douro alla confluenza fra i fiumi Tua e Douro. Le uve provenienti da questa proprietà divengono la struttura portante per i grandi Vintage. Strepitoso il Vintage 2007, con il suo carattere elegante e potente al contempo. Al naso regala inconsuete note di violetta e eucalipto, mentre in bocca rivela la confettura di mora, prima che i ricordi di cioccolato e caffè. Di grande equilibrio è un vino capace di sedurre oggi, ma certamente destinato a lunga vita. The Tawny è un riuscitissimo esercizio di stile da parte dei maestri cantinieri di casa Graham’s: si tratta di un blend ottenuto da vini invecchiati in legno fra i sette e i nove anni che si presenta con un bel colore ambrato con riflessi d’oro rosso. È un vino di notevole struttura e complessità che regala profumi di mandorla tostata, spezie e scorza d’arancio. Il gusto è pieno, corposo, quasi secco, con seducenti sentori di albicocca secca e uva passa. È un vino capace di accompagnare la pasticceria secca come il sigaro.

Terrazzamenti di vite lungo il corso del fiume Douro

Altro marchio storico nella storia del Porto è Taylor’s, fondata nel 1692 è tutt’ora nelle mani della famiglia che per lungo tempo si è dedicata alla produzione di alcuni dei migliori vini della regione. A questo marchio si deve la nascita degli LBV (Late Bottled Vintage – ovvero vini che passano 4-5 anni in botti di legno e poi vengono imbottigliati). In casa Taylor’s vale la pena provare il 10 e il 40 anni, ancora meravigliosamente fresco, senza contare l’LBV, in questo caso il 2005, un vero e proprio tributo alla storia di questo vino. Sempre di Taylor’s, vorrei citare l’inconsueto Chip Dry, un porto bianco, ideale come aperitivo, che trascende le mode. Nato oltre 60 anni fa, in tempi decisamente non sospetti, è un prodotto di qualità con un carattere unico: splendido ghiacciato, in estate, magari accompagnato da gamberi freddi e rafano. La proprietà più vocata di Taylor’s è senz’ombra di dubbio la Quinta de Vargellas, situata nel settore orientale della valle del Douro, da cui provengono i Vintage più importanti.

Spostandosi verso ovest, scendendo il corso del Douro, con brevi deviazioni lungo affluenti minori, percorrendo strade tortuose e spettacolari, a tratti sterrate, si possono raggiungere quinte meno note, come la Quinta do Convento de São Pedro das Aguias. Poco lontano da Távora, è da molti considerata la più antica della regione. Annessa all’abbazia cistercense, le prime vigne furono piantate nell’XI secolo dai monaci che qui avevano fondato il loro monastero. Abbandonata nel 1834, venne acquistata nel 1986 da Paul Vranken e con i suoi 130 ettari di vigna è divenuta uno dei gioielli del Douro. Da non perdere il 10 anni, il Vintage 2000, dal carattere vigoroso e concentrato, ma è il Mais de 40 Anos con il suo colore ambrato dai riflessi smeraldo a stregare. Al naso risulta intenso, con aromi di spezie e frutta secca tostata; il gusto è potente ma vellutato, di notevole corpo, con un lungo finale sorprendentemente fresco. Si tratta di un vino dal carattere unico, da bere da solo, nelle grandi occasioni. Prima di lasciare Pinhão verso occidente e scendere il corso del Douro fino all’Atlantico va citata la splendida Quinta do Bom Retiro, perla nella corona Ramos Pinto, dove nasce l’indimenticabile 20 anni. Un Old Tawny dai riflessi ambrati vellutato e sensuale. Fra i 20 anni che ho assaggiato rimane uno dei più ricchi di carattere. Sempre di Ramos Pinto bisogna citare il LBV (in questo caso il 2005), davvero esplosivo. Per la visita delle Cantine di questo marchio, come in molti altri casi bisognerà aspettare l’arrivo a Vila Nova de Gaia.

Scendendo verso Peso da Régua, la strada costeggia il corso sinuoso del fiume e disegna il suo percorso tagliando vigneti spettacolari. È qui che si coglie l’essenza di questo viaggio. Soprattutto la mattina quando i raggi radenti del sole tingono d’oro la foschia che si leva dall’acqua e fa brillare la rugiada sui grappoli maturi. Sulla destra orografica del fiume, circondata da poderosi terrazzamenti, s’incontra la Quinta do Crasto, altra realtà a conduzione familiare con oltre un secolo di storia. Anche qui, a fronte del moderno impianto di vinificazione frutto del recente rinnovamento della cantina, la tradizione viene rispettata in pieno e la pigiatura avviene ancora con i piedi nei classici lagares di cemento. Fra i vini più interessanti, i Vintage che spiccano per potenza e concentrazione e invecchiano due anni in barrique di rovere americano e francese, e gli LBV che trascorrono quattro anni in botti di rovere portoghese da nove mila litri prima di essere imbottigliati senza filtrazione.

Imboccando la strada per il santuario di Lamego si raggiunge la Quinta da Pacheca, una delle più antiche del Paese. Qui vale la pena fermarsi a dormire nel delizioso Wine House Hotel che la famiglia Serpa Pimentel ha ricavato ristrutturando uno degli edifici ottocenteschi della Quinta. Fra i vini brillano il Vintage 2000, potente e strutturato, un bell’esempio di quel grande millesimo, l’LBV 2001, ancora fresco e concentrato, e il Tawny 8 anni, bella interpretazione di Tawny con equilibrio fra frutto e legno.

Il viaggio prosegue lungo le rive del Douro percorrendo lo stesso itinerario che facevano le rabelos, imbarcazioni a vela che fino a pochi decenni fa trasportavano le botti del porto giovane nelle grandi Cantine di Vila Nova de Gaia. Nel tempo il percorso è rimasto invariato, ma le colorate imbarcazioni hanno lasciato il posto ai camion e alla ferrovia. Le rabelos rimangono, ma solo ormeggiate sulla riva sinistra del fiume, che divide Vila Nova de Gaia da Porto.

Una barca rabelo decora gli azulejos (tipiche decorazioni in ceramica) della stazione ferroviaria di Pinhão

Proprio a Vila Nova si trovano i Lodges, i grandi magazzini da invecchiamento dove riposano milioni di litri di Porto in botti di legno di ogni forma e fattura. Alcune di queste Cantine sono davvero spettacolari: basti pensare a quella di Sandeman (che produce, oltre ai vini più commerciali, anche dei prodotti d’eccellenza come il 40 anni e il Vau Vintage). Visite da non perdere anche quelle presso Graham’s, Taylor’s, Cockburn’s e Burmester dove, nella bella sala di degustazione bisogna provare l’insuperabile Tordiz 40 anni, superlativo esempio di Tawny invecchiato di enorme struttura e infinita complessità. Burmester, casa di antica storia, nata a Londra e specializzata nel commercio di cereali, aprì i battenti a Vila Nova per esportare il vino di Porto in Inghilterra già nel 1750. Dispone di un’importante collezione di annate Colheita: fra queste merita di essere ricordata quella del Duemila. Tradizione e innovazione: concetto caro all’etichetta Fonseca, ultimo appuntamento a Vila Nova. Fondata nel 1822 è tutt’ora guidata dalla 6° generazione della medesima famiglia, i Guimaraens. Nota per i Vintage di spiccata personalità e longevità (da provare il Vintage 1985 e il Quinta do Panascal 1998), Fonseca propone anche un 20 anni fra i più interessanti in assoluto e (finalmente) una novità nel mondo (alquanto statico ancorché affascinante) del Porto: il Terra Prima, Porto Riserva da agricoltura biologica. Si tratta di un vino intrigante, con un buon rapporto qualità-prezzo, contraddistinto dal carattere fruttato dove spiccano le more, le prugne e le ciliegie, ma è, soprattutto, l’aspetto innovativo legato alle tecniche di agricoltura che lo rendono interessante.

Il Douro finisce qui la sua corsa, le acque del Duero, così si chiama in Spagna, prima di attraversare il confine, si lasciano attrarre dall’abbraccio gelido dell’Oceano Atlantico. Per concludere degnamente il viaggio, non rimane che attraversare l’imponente ponte Dom Luis I, disegnato da Gustave Eiffel, visitare la bella città di Porto (Oporto non esiste e non è mai esistita) e assaggiare un piatto di bacalhau, preparato secondo una delle 365 ricette tradizionali portoghesi.

 

Qualche dettaglio tecnico per capirne di più

Il mondo del Porto è complesso e non è facile orientarsi nel labirinto di definizioni, etichette, blend, annate, famiglie e colori. Ecco una sintetica guida sugli otto tipi fondamentali:

Bianco: miscela di vini con l’aggiunta di brandy, invecchiati pochi anni in barile. Ideale come aperitivo.

– ROSSI NON MILLESIMATI:

Ruby: un blend giovane e fruttato, è il meno pregiato. Va bene come vino da dessert.

Vintage Character: una miscela di Porto giovani invecchiata tre o quattro anni, complessa e corposa. Va bene come aperitivo, con formaggi di media stagionatura o come vino da dessert.

Tawny: miscela color ambra di vini invecchiati qualche anno in botti di quercia. Accompagna perfettamente la pasticceria secca.

Aged Tawny: un blend di diverse annate che riposano 10, 20, 30, 40 anni o più in botti di legno, la cui età media è descritta dalle etichette. Da abbinare a formaggi molto stagionati.

– ROSSI MILLESIMATI:

LBV (Late Bottled Vintage): come il vintage si produce solo in annate eccezionali, ma rimane in botte 4-5 anni. Da abbinare a formaggi erborinati o anche come vini da meditazione.

Vintage: deve stare in botte due anni prima dell’imbottigliamento. Raggiunge la sua massima espressione fra i 50 e i 100 anni. Si dichiara annata vintage quando il raccolto ha caratteristiche superbe. Perfetto con formaggi erborinati, al cioccolato o anche come vini da meditazione.

Colheita: deriva da un solo raccolto e rimane in botte per un minimo di sette anni e da quel momento viene imbottigliato quando il mercato lo richiede. Gli abbinamenti dipendono dalle annate e dall’invecchiamento.
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© Riproduzione riservata - 24/04/2012

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