Impariamo a non stressare la vite. Lo dicono Simonit&Sirch
Primo piano sulla sostenibilità sia a livello ambientale sia agronomico, per valorizzare la produttività della vigna tenendo conto del suo benessere nel convegno “Vigna ricerca ambiente vino – Tutelare il saper fare e innovare nella produzione del vino” organizzato al Campus di Conegliano sabato scorso dai Preparatori d’uva Simonit & Sirch in collaborazione con il Cervim, l’Università degli Studi di Milano, l’Universitè de Bordeaux, l’ISVV (Institut des sciences de la vigne et du vin) e la Scuola italiana di potatura della vite.
Moderato dal giornalista Carlo Cambi e introdotto dal direttore del Cirve Vasco Boatto, l’evento ha visto una folta affluenza di pubblico e di esperti. Da Diego Tomasi, del CRAVIT di Conegliano, l’invito, dopo la presentazione di studi sui fattori pedoclimatici della provincia di Treviso, a considerare le forme di allevamento della vite nel più ampio contesto dell’interazione della vite con suoli e climi specifici: «Se stressiamo la vite con densità troppo fitte o interventi agronomici esasperate a farne le spese non è solo il grappolo ma lo sviluppo dell’intera pianta». Impianti a minor durata e proliferazione di malattie, in particolare quelle del legno (in netta crescita il tumore batterico), costituiscono alcuni dei problemi di maggiore attualità secondo Roberto Causin, del dipartimento del TESAF dell’Università di Padova. Partendo dalla evoluzione della vite – che circa 220 milioni di anni fa aveva forma di una liana – Attilio Scienza, presidente del corso di Laurea di Viticoltura ed Enologia dell’Università di Milano, ha sottolineato i danni di una viticoltura con potature troppo aggressive e interventi volti a massimizzare la produzione enologica a scapito del benessere delle piante: «Nel tempo abbiamo trasformato la vite in una pianta a crescita limitata; mantenere un patrimonio di viti longeve in vigneto è, invece, importante per mantenere elevata la qualità della produzione».
Marco Simonit, della Simonit & Sirch Preparatori d’Uva, ha sottolineato l’importanza di favorire forme ramificate per un corretto sviluppo della pianta; nei numerosi gli esempi forniti, Simonit ha quindi menzionato esperienze che hanno offerto qualità e rese costanti nel tempo: «Molto spesso abbiamo realizzato strutture troppo omogenee, è importante invece reintrodurre la ramificazione orizzontale e verticale». Ulteriori contributi sono stati forniti da Francois Murisier, vice presidente dell’OIV, Organisation International de la Vigne et du Vin e da Denis Dubourdieu, dell’ISVV dell’Università di Bordeaux, che hanno evidenziato il ruolo sempre più strategico della sostenibilità sia in chiave ambientale, sociale ed economica, sia per caratterizzare meglio e rendere più competitive le produzioni enologiche di qualità.
Tag: Attilio Scienza, Denis Dubourdieu, Diego Tomasi, Francois Murisier, Marco Simonit, Roberto Causin, Simonit & Sirch© Riproduzione riservata - 25/01/2012