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Il Pinot nero secondo i Lunelli

16 Febbraio 2012 Alessandro Torcoli
Un amore viscerale di Mauro Lunelli per il Pinot nero ha portato la famiglia trentina a cimentarsi con plurimi vini basati sulla varietà più capricciosa del globo. Una sfida affrontata con la consueta serietà dalle Cantine Ferrari, che a Identità golose, il congressi di chef che si è svolto a Milano dal 5 al 7 febbraio, ha presentato tutte le sue versioni di vini da Pinot noir, più un distillato della "collegata" distilleria Segnana. Dopo lo Chardonnay, vitigno ben più "semplice" protagonista di un'iniziativa analoga nel 2011, quest'anno dunque i riflettori sono stati puntati sulla "bestia nera" degli enologi, capace di grandi emozioni o cocenti delusioni. UNO SPUMANTE CHE SEMBRA UN ROSSO Risultato? Il pubblico di ristoratori, operatori e giornalisti, sotto la guida del sempre più impeccabile Marcello Lunelli e del cugino Matteo, energico amministratore del Gruppo, ha apprezzato il possente e composto Perlé nero, bollicine da tutto pasto, anzi da tavola importante, nelle annate 2005 e 2004. "Azzarderei di dire che si percepiscono sentori di piccoli frutti rossi", ha commentato Marcello Lunelli, l'enologo di famiglia succeduto a Mauro, ora prezioso consigliere. Profumi "da rosso" dunque? Certamente quest'uva conferisce una forza ben diversa rispetto allo Chardonnay. Il dosaggio è basso, come si conviene agli spumanti di notevole fattura, che non necessitano di maquillage per ammantare i difetti di morbidezze esogene. IL ROSE' PRIMA DELLE MODE A seguire, il Perlé rosé 2001 e 2006, un rosato nato né per moda né per caso, ma per esprimere lo stile Ferrari con un vino importante, da Chardonnay e Pinot nero. Anch'esso poco dosato (5 o 6 g/l) è un prodotto di struttura, ma capace di gradevoli finezze. In una parole: elegante. L'AMANTE DI MAURO LUNELLI Quindi siamo passati all'assaggio del vero amore - o meglio dell'amante "oltre Giulio"- di Mauro Lunelli, cioè il Pinot nero alla borgognona, Maso Montalto, 2007 e 2004, il rosso di famiglia creato per l'instancabile spirito di ricerca dell'enologo di casa. Ovviamente, stante anche la sensibilità del vitigno, non si possono paragonare un Borgogna e un Pinot nero trentino, ma le note balsamiche e la pulizia del finale in bocca, senza l'ombra del temuto "finale amaro" che guasta la festa di tanti Pinot, classificano il Montalto tra i numeri uno della tipologia. Finale ad alta gradazione con la grappa monovitigno Pinot nero della Distilleria Segnana.Gli assaggi, che hanno affermato ancora una volta gli standard della famiglia Lunelli, sono stati accompagnati da un piatto eccellente ("coniglio alla trentina") di Alfio Ghezzi, chef della Locanda Margon. Ora si pensa a quale possa essere il tema del 2013, esauriti i "confronti varietali" principali. Gli argomenti non possono certo mancare e mal che vada, si stappino vecchie annate di Giulio Ferrari. Nessuno si dispiacerebbe.

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