In questo articolo di commento, che trova spazio anche sul prossimo numero cartaceo (n.3/2025), il giornalista Luciano Ferraro riflette sulla distanza tra i principi e la realtà, tra quel che dovrebbe essere e ciò che accade de facto, con conseguenze spesso ingiuste quando non tragiche
Si vola sentendo parlare di vino e cultura Carlo Petrini, presidente dell’Università di Pollenzo e fondatore di Slow Food. Al congresso di Assoenologi ad Agrigento e al conferimento della laurea honoris causa a Messina pochi giorni dopo, Petrini ha spiegato che il vino «non è solo prodotto interno lordo ma anche cultura, paesaggio, economia sostenibile: deve essere un simbolo che valorizza il territorio e garantisce dignità e giusta retribuzione a chi lavora nei campi… Dobbiamo riconoscere il piacere come diritto: il piacere di mangiare bene, di condividere, di vivere con dignità. È un concetto che può sembrare rivoluzionario, ma è semplicemente umano». Splendidi concetti.
Il gender (pay) gap
Poi, negli stessi giorni, altre parole riportano con durezza alla realtà. Nel mondo del vino la parola diritti ha talvolta un sapore amaro. È giusto riflettere e tutelare chi lavora in campagna, come chiede Petrini, con stipendi bassi, e in alcune zone anche sotto il giogo del caporalato. Ma questo non deve far dimenticare quello che succede in tutta filiera, dalle donne sottopagate rispetto agli uomini nelle divisioni marketing e commerciali nelle Cantine, ai sommelier che vengono a gettone, come accade ai medici nei pronto soccorso, perché per una parte dei ristoratori è meno impegnativo assumere e rispettare il contratto collettivo di lavoro.
Una vecchia campagna pubblicitaria
Alle sommelier non è facile conquistare la pari dignità con i colleghi maschi. Non solo per la retribuzione. Nel 2012, la campagna pubblicitaria per arruolare nuovi iscritti di una associazione di sommellerie, mostrava una ragazza con mini tubino nero, gambe scoperte e tacco 12, un bicchiere di bianco afferrato per il calice e non per lo stelo, una collanina al posto del tastevin. La campagna è stata poi cancellata, anche perché proponeva altre immagini altrettante sessiste: un uomo stringeva una bambola gonfiabile (con il messaggio: “Certi abbinamenti ti cambiano la vita”) e una coppia nuda tra le lenzuola con la scritta: “Dedicato a chi pensa che il tastevin sia una tenera toccatina”.
Un terribile caso di cronaca
Eppure le sommelier, in tutte le associazioni, sono sempre in prima linea, preparate, capaci di raccontare il vino e il paesaggio. In prima linea come Mara Severin, morta nel luglio scorso a Terracina mentre stappava una bottiglia nel ristorante del cugino Simone Nardoni. Il tetto del locale le è crollato addosso. Lo chef ha scavato a mani nude per trovarla tra le macerie. Era viva quando i vigili del fuoco sono riusciti a portarla alla luce. Ma non ce l’ha fatta. Aveva 31 anni. Nel suo ultimo messaggio era riuscita a trasmettere l’entusiasmo di una ragazza appassionata del suo lavoro: “Un percorso lungo, fatto di tanti momenti, pieno di emozioni, che non si ferma ma continua su quella strada, arricchendo la mia curiosità su questo mondo che si chiama Vino e Ristorazione”. Un errore nei lavori di ristrutturazione, o chissà cosa, un’inchiesta lo stabilirà. Intanto la sommelier Mara è morta in un incidente sul lavoro che ha cancellato ogni diritto.
Si colpisce l’indipendenza femminile
Quando Marisa Leo, responsabile marketing e comunicazione di una Cantina siciliana, è stata uccisa dal suo ex con tre colpi di fucile all’addome, come era successo anni prima alla sommelier pescarese Donatella Briosi, sono state create associazioni e avviate raccolte di fondi per contrastare la violenza di genere, dentro e fuori il mondo del vino. Donatella Cinelli Colombini, produttrice toscana, si era chiesta come mai una percentuale alta di professioniste del vino venga colpita. La risposta è stata: si tratta di donne indipendenti, spesso in carriera, che non accettano le imposizioni di mariti e fidanzati.
Parole di un altro pianeta
La strada da fare in uffici, cantine e ristoranti è ancora lunga per la pari dignità di uomini e donne che lavorano. A raccontarlo è anche un fatto di cronaca scovato a luglio dal Financial Times, la Bibbia dei mercati: una vicenda di denunce incrociate per sessismo e bullismo in una delle Maison più famose dello Champagne. Di fronte a tutto ciò le parole di Petrini sembrano purtroppo arrivare da un altro pianeta.