Il luogo ideale per piantare una vigna

Il luogo ideale per piantare una vigna

Dove vorresti piantare una vigna?

Rispondono Alberto Antonini (enologo e consulente di fama mondiale), Paolo Basso (miglior sommelier del mondo Asi 2013) e Attilio Scienza (studioso e professore di Viticoltura ed enologia all’Università degli Studi di Milano).

Torniamo a proporre un quesito tratto dall’esame Master of Wine (“Paper 5 – Contemporary issues”) del 2002, ma sempre valido; anche se forse le risposte dei candidati oggi, vent’anni dopo, sarebbero probabilmente molto diverse da allora. Noi ci siamo rivolti, come sempre, a tre opinion leader italiani di fama mondiale per capire come interpreterebbero la domanda.

luogo ideale vigna

Alberto Antonini

Sono convinto che quello che stiamo bevendo oggi non è più del 20% di quello che la natura ci potrebbe offrire in termini di luoghi e varietà e questo mi porta al desiderio di piantare vigne in luoghi ancora sconosciuti alla viticultura. O forse dove la viticultura è nata ed esiste da millenni, ma dove, per varie ragioni di carattere economico, politico, religioso… si è persa in gran parte.

Le esperienze nella Patagonia argentina e in Armenia

Ho avuto esperienze molto belle in tal senso, come il progetto Otronia nella Patagonia argentina estrema (il vigneto più “australe” del mondo) con risultati che sentivo di poter raggiungere e che comunque mi hanno sorpreso per il carattere e le personalità straordinarie dei vini che ne sono nati. Stessa emozione in Armenia con il progetto Zorah dove c’è veramente poco di nuovo perché in quella regione del mondo è nata la viticultura diversi millenni fa. In questo caso ritrovare varietà straordinarie, completamente dimenticate, è stato emozionante.

Il cambiamento climatico

Certamente non possiamo dimenticare ciò che stiamo vivendo a causa del cambiamento climatico, che anche per noi viticoltori significa ripensare molte cose e fare un passo indietro, in particolare alla convinzione che con le tecnologie a disposizione possiamo piantare tutto e ovunque.

Una nuova filosofia nel fare vino

Oggi desidero piantare la vite con questo in mente e con l’obiettivo di offrire un piccolo contributo affinché il mondo possa diventare più ampio, più vario e più interessante. Chi beve vino, oggi, ha il desiderio di fare un’esperienza; noi possiamo assecondarlo nutrendo la curiosità ed emozionando con vini che provengono da luoghi ad alto potenziale, ma sconosciuti o nel corso dei secoli dimenticati.

Foto di C. Venturi

Paolo Basso

Partendo dal principio che quando si pianta una vigna è per almeno cinquant’anni, direi in Canton Ticino, Svizzera, dove abito.
Un tempo piantata con i tipici vitigni prealpini è oggi terra incontrastata del Merlot che si esprime come in nessun’altra parte in Svizzera. Grazie, o a causa, del riscaldamento globale, anche il Cabernet Sauvignon ed il Cabernet Franc danno oggi risultati eccellenti, offrendo la possibilità di creare eleganti assemblaggi in stile bordolese. Dal punto di vista enologico, le competenze sono di altissimo livello e dal punto di vista del potenziale viticolo c’è ancora margine di miglioramento nel processo di valorizzazione del terroir che è tuttora parzialmente inespresso.

Il punto di vista economico

Grazie alla stabilità della politica svizzera l’investimento sarebbe al sicuro ed al riparo da fluttuazioni inaspettate. Rimane poi la fase oggi più delicata, che chi opera nel settore conosce bene: vendere questo vino.
Fortunatamente il Ticino si avvale dell’immagine di regione più soleggiata e mediterranea della Svizzera, vocata alla produzione di vini di qualità. Sul mercato della Svizzera interna i vini del Ticino godono di una solida reputazione e possono competere con i vini stranieri di pari prezzo, senza paura.

Per i vini svizzeri, ampi margini di crescita

Nella fascia “super premium” e “ultra premium” i vini ticinesi sono sicuramente molto competitivi. Mancano certamente di notorietà, ma c’è margine di miglioramento. Se poi anche i comaschi e i varesini si accorgessero che i tanto acclamati vini “local”, di tendenza in questo momento, sono proprio quelli ticinesi, tanto meglio.

La risorsa del turismo

Inoltre il Ticino beneficia dello statuto di Cantone turistico, ritornato di attualità ora che il turismo si sta rivolgendo a destinazioni più vicine e sicure. È meta di turisti di medio e alto livello che oltre ad approfittare delle bellezze del paesaggio, della calma rigenerante e della qualità dell’accoglienza, si lasciano sedurre dalla gastronomia e dai vini del territorio. Il ritorno futuro del vigneto che piantiamo oggi è quindi garantito.

Attilio Scienza

È questo il tempo per sognare. Condizionati nello spazio, liberiamo l’immaginazione per uscire dal non-luogo, un luogo che non esiste, imposto dalla condizione distopica della pandemia. Nel ricordo dei tanti viaggi durante i quali ho visitato molte zone viticole e ne ho assaggiato i vini, ripenso allo schema fenomenologico di Christian Norberg-Schulz con il quale possono essere classificati e descritti i paesaggi viticoli attraverso i loro genius loci: i paesaggi romantici della viticoltura del Reno, quelli cosmici e labirintici delle distese vitate della Nuova Zelanda, i paesaggi compositi della viticoltura padana disegnati dai filari di viti e dalle colture estensive e non ultimi quelli classici delle colline toscane.

In Grecia, alla ricerca delle tracce del passato

Queste viticolture si identificano nella metafora eloquente dell’equilibrio e del dinamismo, ma rappresentano anche il conflitto tra modernità ed ambiente, dove la parte invisibile, come scrive Calvino in Le città invisibili è scomparsa. Non si intravede più in questi paesaggi l’intreccio tra passato e presente, le tracce di chi ha operato in altri tempi, uomini curvi nella fatica del lavoro ai quali dobbiamo ciò che oggi ammiriamo. Per questo penso a una piccola e sassosa isola greca, lontana dal turismo, a un vecchio vigneto con viti senza nome allevate ad alberello strisciante e ad un palmento in pietra.

Un vino da godere con chi si ama

Ed il poco vino, prodotto per non essere venduto, da gustare con gli amici, evocando i miti, gli dei, gli eroi. Solo così sarà possibile confrontarsi con il genius loci di un vigneto per risalire alle forze naturali del luogo, alle sue vocazioni e ricostruire i modi e le storie secondo cui sono state reinterpretate dagli interventi dell’uomo che le ha per primo immaginate, e passare così dal genius loci al genius seculi, lo spirito del tempo che ci consente di narrare e di pensare. Dare finalmente continuità a quel rapporto primordiale tra uomo e natura che le leggi dell’economia nelle viticolture più “avanzate” hanno ormai tagliato. Lontano dai social, dalla realtà aumentata, una prigione della mente, per non aver paura di immaginare.

Foto di apertura di Pirod4D per Pixabay

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© Riproduzione riservata - 19/03/2021

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