Il futuro dell’enoteca (contributi dei lettori)

Il futuro dell’enoteca  (contributi dei lettori)

A cosa serve l’enoteca?

Rispondono i lettori

Se lo è chiesto Alessandro Torcoli, direttore di Civiltà del bere, nell’editoriale diffuso sulla scorsa newsletter La Terza Pagina. La domanda ha sollecitato diversi interventi tra i nostri lettori, di cui pubblichiamo volentieri alcune interessanti risposte. Anche voi potete contribuire ad alimentare il dibattito scrivendoci qui.

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Enoteca Ombre Rosse

(Parma)

Caro Alessandro, il tuo articolo è stato molto interessante e ci ha sollecitato un grande momento di riflessione. Riflessione articolata, che passa per la nostra grande passione, lo sforzo continuo di rapportarci con i nostri clienti per servirli al meglio e si evolve con i lavori digitali intrapresi in queste ultime settimane – forti di non volerci arrendere allo status quo di semi-chiusura.
Abbiamo raccolto queste nostre riflessioni, citando te e la vostra redazione, e in generale rispondendo con una sorta di “lettera aperta”. Se avrai interesse a leggerla, a riprenderla, anche a dirci che ci stiamo sbagliando (dovessi ritenerlo opportuno), sarà comunque uno scambio di opinioni utile. L’abbiamo pubblicata sul nostro blog, perché crediamo sia importante condividerla quanto più possibile. Potete leggerla qui.

Bruno SteccaCasa del Vino

Nogara (Verona)

Vorrei rispondere ad Alessandro, in modo molto sintetico e certamente parziale. Non esiste l’enoteca, esiste una galassia di enoteche, mondi con geografie e atmosfere diverse. Porto la mia esperienza di sommelier e titolare di enoteca da 12 anni. Credo che nel nostro Paese vi sia una transizione nella cultura del bere a tavola. Abito e “tengo negozio” nella bassa provincia di Verona. Testimone della transizione dal “vino del contadino”, ovvero  beveraggio moderatamente alcolico al gusto di vino, incline a manifestare squilibrio e difetti, al veder passare mobilieri con tanti soldi fatti abbastanza in fretta, acquistare bottiglie d’immagine, etichette blasonate. Finito il boom del mobile, scomparsi tutti. C’è stata una fase transitoria, in cui i vini sfusi, ben fatti, ebbero larga diffusione, e la bottiglia semmai presa per fare il regalo.

La differenza tra enoteca di città e di paese

Questa è la realtà della bassa, lontana dagli stilemi dell’enoteca di città, che spesso è visitata dai turisti. Da me sono mosche bianche…. Qual è la conseguenza? Che l’enoteca, definiamola, rionale, di quartiere fatica a proporre la bottiglia importante, il vino d’immagine. La clientela è fatta da lavoratori in ditte, commesse e impiegati, pensionati. Utenti del vino, che preferiscono la concretezza, ancorché vogliono sapere il motivo per cui prendono quella bottiglia e non l’altra. Il compito del sommelier (gestore) è fondamentale. È un officiante, deve interpretare il bisogno del cliente, comunicare storia e passione del produttore, al prezzo che il cliente è disposto a spendere. L’etichetta nota non provoca fascinazione, desiderio in quanto tale. Il mio cliente vuol sapere cosa compra. È sempre vero che il gestore seleziona la clientela e io sostengo che un sommelier che proponga solo etichette famose si semplifica la vita.

Il ruolo del sommelier

Da me non trovi nomi noti, conosco e mi intrattengo con i produttori, io non vendo vino, lo racconto al cliente. È un libro da bere quello che vendo. Sono io che garantisco, non l’etichetta. Per far questo non si va al Vinitaly a far assaggi compulsivi, degustazioni seriali, trangugiamenti e simili. Si chiede del titolare, del perché quel vino a quel nome, dov’è il vigneto, perché proprio la botte di 2° passaggio per tot tempo, e via discorrendo. Non vendo on line, come potrei partendo da tali presupposti? A mio parere questo è il modo di dar senso ad una enoteca. Non può esser l’alternativa paritetica al market o alla rete. Per me così fallirebbe. Io non ho i cartellini segnaprezzi sulle bottiglie, la bottiglia da me non si acquista, io la vendo. Non è “questo o quello pari sono”. Ecco, questa la mia esperienza di enoteca di provincia. Grazie e saluti

Stefano Pistorio

(Milano)

Io credo che i consigli vostri e in generale di chi lavora in enoteca siano fondamentali. Questo periodo però ci ha insegnato che oltre alla spedizione a domicilio, sarebbe importante avere consigli a domicilio. Servizio attuabile attraverso video call con vari strumenti in cui ci si parla, si capiscono le esigenze di un cliente e si danno opportuni consigli, senza passare in negozio qualora non ci sia il tempo. Io utilizzerei sicuramente un tal servizio.

Carlo Giovanni PietrasantaEnonautilus

(Milano)

Oggi ho ricevuto la mail di Civiltà del bere – Terza Pagina con la riflessione di Alessandro Torcoli sul ruolo delle enoteche nel futuro del vino post-Covid. Sono davvero destinate al declino?
Suggerisco di leggere questo interessante articolo, concordo con Alessandro e aggiungo che la sinergia tra noi vignaioli e le enoteche deve aumentare per mettere in contatto i consumatori con i territori.

Alessandro Franceschini

(Milano)

Molto interessante l’articolo di Alessandro, in particolare il paragrafo “Accendere una scintilla di curiosità”. In un ormai lontano passato ho fatto anche questo mestiere, come Carlo ricorderà, e l’accensione della scintilla mi dava grandissima soddisfazione, più della vendita in sé (ecco perché ho smesso di fare anche quel mestiere ). Il punto è che ormai il concetto di “intermediazione” è diventato una parolaccia, quasi un insulto, in molti ambiti, anche più importanti del vino, e questo dovrebbe far riflettere sul perché sia successo. Sicuramente, pensando al mondo del vino, quel tecnicismo del quale si parla nell’articolo ha contribuito non poco.

Patrizia Marazzi

(Lonato, Brescia)

Grazie Carlo, letto con piacere. Io credo che, dato l’interesse che il vino riscuote nel mondo intero, il ruolo delle enoteche sarà sempre più conviviale e di confronto e dovrà assumere la forma del wine-club, un posto dove si impara sul campo assaggiando vini nuovi e diversi, magari facendo nuove conoscenze umane. Tutto quello che il digitale non può fare, infatti nella “seconda ondata” l’aperitivo in video ha perso appeal; il vino pretende la relazione e l’interazione autentica.

Lucrezia Pistolesi

(Bolgheri, Livorno)

Pienamente d’accordo. L’enoteca è ancora il luogo in cui il consumatore finale, semplice amatore o esperto che sia, vive il vino a tutto tondo: le parole scambiate con l’enotecaro sulla filosofia delle singole aziende, le bottiglie esposte, l’ambiente, le luci. L’enoteca garantisce la customer experience, facendo sì che il cliente, una volta effettuato l’acquisto, non valuti solo il contenuto della bottiglia ma, parallelamente a questo, tutto ciò che a quella bottiglia gira intorno, come la professionalità del personale dell’enoteca, la storia dell’azienda vitivinicola, dell’etichetta, le tecniche di cantina. Nonostante la digitalizzazione miri a creare una customer experience a 360 gradi anche per quanto riguarda gli shop online, certamente un sorriso da persona a persona continuerà a valere molto di più.

Stefano Cazzaro

(Venezia)

Buongiorno Carlo. Articolo molto interessante che sicuramente fa riflettere. Vero che tutti i cambiamenti più radicali capitano a seguito di una catastrofe naturale o una guerra… Il Covid-19 è tra queste. La digitalizzazione sarà, per ora e per contraccolpo, l’unica reazione tangibile ed inevitabile. Lo vediamo noi che siamo nel settore da oltre 30 anni. È un contraccolpo e tutto tornerà alla normalità ma con dei cambiamenti radicali sulla gestione operativa e soprattutto sul modo di porsi nel mercato. La digital transformation è uno strumento imprescindibile, come pure i luoghi (in questo caso cantine ed enoteche) dove si condividono i momenti e le relazioni tra le persone. Il “vino” ha una lunga storia e porta con se tradizione e cultura.

Nicola De TomaEnoteca De Toma

(Lodi)

Complimenti per la newsletter di Civiltà del bere sull’enoteca. L’enoteca, un luogo in cui raccontare il vino! E noi siamo qui apposta per questo servizio fondamentale, per trasmettere la cultura del vino. Dal 1908 lo facciamo, in modi diversi, ma con la stessa passione che i nostri nonni ci hanno tramandato.

Foto di apertura di C. Woods

La Terza Pagina è dedicata alla cultura del vino e ospita opinioni su temi di ampio respiro. Lo scopo è animare il dibattito attorno a questioni importanti o curiose, per cui, dopo aver letto che cosa ne pensano gli esperti coinvolti, potete contribuire ad alimentare il dibattito scrivendoci qui. Questa settimana continuiamo il dibattito lanciato dal direttore Alessandro Torcoli lo scorso venerdì, nel suo editoriale dal titolo “A cosa serve l’enoteca”.

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© Riproduzione riservata - 27/11/2020

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