In Italia In Italia Elena Erlicher

Il CampoFiorin al centro del XXXIII Seminario Masi

Il CampoFiorin al centro del XXXIII Seminario Masi

Fin dalla sua nascita, nel 1964, il CampoFiorin, l’iconico vino di Masi, ha portato una ventata di innovazione, che presto è diventata un successo planetario. Il “fenomeno” è stato analizzato al Seminario Masi di Vinitaly con l’assaggio delle annate 1985, 1995, 2007, 2014 e 2020 e l’intervento dei MW Sarah Heller e Konstantin Baum.

Chi segue assiduamente, come noi, il Seminario Masi a Vinitaly avrà trovato insolito quest’anno che il focus della XXXIII edizione «si staccasse dalla tecnica», come ha dichiarato Raffaele Boscaini, settima generazione alla guida della storica Cantina veneta, per concentrarsi, invece, su uno dei vini bandiera dell’azienda, il CampoFiorin. Ma il successo che questo Supervenetian ante litteram ha ottenuto in cinque decadi, volando in oltre 140 Paesi del mondo, l’ottimo rapporto qualità/prezzo, la versatilità di abbinamento e occasioni di consumo, unite alla trasversalità dei canali in cui è reperibile, ne fanno un vero e proprio fenomeno, che merita di essere analizzato in questo contesto. E tutto ciò attraverso l’assaggio di cinque annate di CampoFiorin (1985, 1995, 2007, 2014 e 2020), una per decade.

Un po’ di storia

Ma il CampoFiorin ha vita più lunga.
«Nasce, infatti, nel 1964 da un’intuizione di mio padre Guido», racconta Sandro Boscaini, presidente di Masi Agricola, «che portava avanti il progetto dal 1958, in pieno boom economico quando una produzione “normale” non bastava più. Sono gli anni in cui vengono lanciati prodotti iconici come la Fiat 500 o la Nutella. Anche la nostra azienda con CampoFiorin “mette il turbo” alla Valpolicella attraverso la ricerca tecnica per creare qualcosa di nuovo che in natura non c’era». Definito quasi come un “baby Amarone”, il vino è prodotto da uve autoctone veronesi (Corvina, Rondinella, Molinara) vinificate e poi rifermentate sulle vinacce semiappassite delle stesse varietà usate per l’Amarone. La prima annata è uscita nel 1967.

Testimonianze del successo del CampoFiorin

Riconosciuto da subito come innovativo e contemporaneo ma radicato nella tradizione, Il CampoFiorin nel corso dei suoi quasi 60 anni di vita – l’anno prossimo festeggerà le 60 vendemmie – è stato definito come “un verso di Omero” (Goffredo Parise), la “rinata autorevolezza del Valpolicella” (Luigi Veronelli), frutto di “ingenious technique” (Hugh Johnson), il “prototipo per un nuovo stile di rosso veronese” (Burton Anderson).

La parola ai Master of Wine

A testimoniare il successo internazionale del CampoFiorin, al Semiario Masi sono intervenuti due Master of Wine di fama. Sarah Heller ha individuato la capacità dell’azienda di aver costruito un marchio di successo globale che rivaleggia con alcuni dei prodotti commercialmente più abili di tutto il mondo.
«All’estero si può trovare al ristorante a prezzi che variano tra i 50 e i 100 dollari, prestandosi a diverse occasioni di consumo. È presente anche nei duty-free accanto ad altri articoli premium come Chanel e Montblanc». Konstantin Baum ha riconosciuto che «la variabilità di abbinamento è parte del successo di questo vino, complesso, ma non sofisticato. Un vino godibile, che ti fa sentire a casa, come abbracciato». E ne ha proposto l’assaggio insieme con mozzarella di bufala, prima, a ricordare una classica caprese, e una semplice oliva in salamoia, poi, dove il salato ne esalta il gusto.

Seminario Masi CampoFiorin
Al XXXIII Seminario Masi è stato protagonista il “fenomeno” CampoFiorin con cinque annate delle ultime cinque decadi, 1985, 1995, 2007, 2014 e 2020

Straordinari CampoFiorin 1985 e 1995 per intenditori

Nel calice abbiamo assaggiato un CampoFiorin 1985 per intenditori, con note di frutta macerata e aromi terziari, tabacco e pellame, «ma con un profilo ancora ampio», ha spiegato l’enologo Andrea Dal Cin, che ha condotto la degustazione. «Generoso e ben bilanciato in bocca, è il frutto di una stagione particolarmente secca». Trascorso letteralmente il primo decennio, la 1995 si è rivelata un’annata eccezionale per colore, concentrazione, complessità e gradazione alcolica. Un andamento stagionale bizzarro caratterizzato da grandi escursioni termiche ne ha favorito l’acidità, a 6,30 g/l. Dal profilo aperto, vinoso ed elegante, ha una struttura ancora presente e freschezza da vendere.

2007 a 5 stelle e 2014 dalle uve dell’Amarone

La prima annata bellissima del Nuovo Millennio è la 2007, altra stagione a cinque stelle. Bouquet di ciliegia sotto spirito, prugna fresca e cacao amaro; sorso pieno e completo con retrogusto delicato e fine grazie ai tannini sottili e nobili dovuti al semiappassimento. Difficile invece la 2014, una stagione piovosa che non ha consentito la produzione dell’Amarone, ma ha dato modo di effettuare una grande selezione d’uva per il CampoFiorin, tra l’altro nell’anno del suo cinquantesimo anniversario. Profumi di frutta rossa (ciliegia) matura, chiodo di garofano, cuoio e leggera vaniglia, per una bocca fresca con acidità esplosiva. Particolarmente secco, con solo lo 0,3 g/l di zuccheri residui.

Contemporaneo 2020

Nel 2020 aumenta la percentuale di Corvina a scapito della Rondinella, alla ricerca di una maggior contemporaneità. Annata è stata complessivamente buona, caratterizzata da sentori di ciliegia croccante, chiodo di garofano e cuoio; morbido e fresco al palato con note di cioccolato. Al banco di prova queste cinque annate di cinque decadi hanno dimostrato quasi la stessa capacità di invecchiamento di un Amarone, fino a 40 anni.

Foto di apertura: Andrea Dal Cin, enologo di Masi Agricola, Sandro e Raffaele Boscaini, presidente e direttore marketing, i MW Sarah Heller e Konstantin Baum

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© Riproduzione riservata - 03/05/2023

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