I 10 errori da evitare (e che ho commesso) per diventare Master of Wine

I 10 errori da evitare (e che ho commesso) per diventare Master of Wine

Per una volta scriverò in prima persona, ma è inevitabile. Non che ritenga degne di pubblicità le mie vicende personali, ma devo una nota conclusiva ai lettori e a chi ha seguito talvolta con affetto il mio percorso all’Institute of Masters of Wine. Dodici anni fa intrapresi questa strada, tra i primi in Italia, accendendo una luce nel nostro Paese su questo titolo molto inglese sul quale circolavano (e circolano) più miti che realtà.

Sono orgoglioso di averlo fatto, anche contro alcuni pareri forti (ma forse avevano ragione?). I miei primi passi a Londra nel 2012 all’Institute of Masters of Wine (IMW) stimolarono la curiosità di molti connazionali, alcuni dei quali hanno infine conseguito il prestigioso titolo MW: Gabriele Gorelli, Andrea Lonardi, Pietro Russo e, questione di tempo, la prima donna Cristina Mercuri. Invece io sono sceso dal treno. Avevo passato l’esame teorico (4 giorni di domande scritte su ogni aspetto dell’enologia), ma non la pratica (3 giorni di degustazioni alla cieca con svariati quesiti sui vini in degustazione).
Questo articolo si pone l’obiettivo di lasciare una testimonianza conclusiva, ma anche di condividere le lezioni imparate sull’Istituto londinese, con una riflessione sui suoi pregi e i suoi difetti. Mi sono interrogato a lungo sull’opportunità di esplicitare anche le perplessità, perché – mi domandavo – se fossi diventato MW l’avrei fatto? Credo di no. E farlo ora, quando esco dal giro, potrebbe essere visto come un gesto di stizza, da “rosicone” come direbbero a Roma.

La preparazione (anche fisica) necessaria

Quindi, diciamolo subito: ho giocato e ho perso. E so perché: non ho avuto la disposizione mentale necessaria per superare l’esame, che è una specie di maratona, una sfida che richiede la massima preparazione fisica e piscologica, un approccio competitivo che non mi sono potuto permettere e questa è forse l’unica giustificazione seria. Chiedete ai nostri MWs come hanno fatto a raggiungere l’obiettivo, al netto della loro indiscutibile preparazione: periodi di clausura, giornate intere di studio e assaggi, partecipazione a gruppi di lavoro con scambi di note e appunti, successioni di fine settimana dedicati alla causa.
Lo rifarei? Forse sì, ma se partissi con la consapevolezza attuale probabilmente andrebbe meglio e seguirei un percorso diverso. Ad esempio non sprecherei i primi anni a studiare i vini del mondo. Quindi, prima cercherei di ottenere il diploma WSET, o titoli comparabili. Dico “forse” lo rifarei, perché se mi trovassi (come allora) a dover guidare un’azienda tra crisi finanziarie ed editoriali e sciagure varie, compresa pandemia… forse rimanderei l’impresa.
Quello che posso fare, di utile per chi mi legge e magari sogna di conquistare il titolo, è raccontare cosa non si deve fare per diventare Master of Wine. Comunque, sono felice di averci provato, ed è stato un grande privilegio (primo punto critico, lo anticipo) avendo speso una cifra non lontana dai 100 mila euro. Ma non hanno prezzo gli amici incontrati lungo il cammino. Sono molto soddisfatto delle conoscenze professionali, degli approfondimenti su tematiche e zone geografiche che altrimenti avrei ignorato e che invece ora sono un bagaglio solido di conoscenze. E, cari amici che sognate di provarci, vi rassereno: potrebbe costarvi meno. Stimo attorno ai 30 mila euro se andate spediti e non avete bisogno o voglia di visitare mezzo mondo del vino.

Un decalogo per l’aspirante MW

Quindi, alcuni consigli su cosa non fare.

  1. Non cominciate il percorso senza una buona conoscenza di tutte le principali aree viticole del mondo. Se non sapete, ad esempio, che in Spagna esista il vitigno Mencia nelle zone del Bierzo e della Ribeira Sacra, o non sapete riconoscere il Torrontes argentino.
  2. Non partite se non avete ancora studiato il metodo di produzione del Porto o non avete idea del livello di zuccheri di un Sauternes.
  3. Non pensate di cavarvela con il seminario annuale (una settimana) e un paio di viaggi a Londra, dovrete partecipare a diversi “mock exams” cioè simulazioni d’esame, che prendono l’intero weekend, raramente in Italia (se non avete un gruppo di amici-studenti, vedi punto 4).
  4. Non isolatevi. È un’impresa titanica e quindi doppio applauso a Cristina Mercuri, che a quanto mi risulta si è preparata per lo più da sola, con il prezioso aiuto di sua mamma organizzare le degustazioni. Per quanto allo studente sia assegnato un tutor (un Master of Wine), lui o lei danno consigli di massima, commentano parti del vostro lavoro, ma sono volontari e spesso molto impegnati. Per cui, si cresce davvero con il confronto continuo tra colleghi. Insieme si possono organizzare prove d’esame, magari nello stesso Paese, e si dividono le spese per l’acquisto dei vini, che non sono poche, almeno 600 euro per ogni prova d’esame (36 vini tra bianchi, rossi, spumanti, dolci, fortificati).
  5. Non crediate, almeno nell’anno in cui decidete di affrontare l’esame, di cavarvela impegnando due o tre weekend prima della performance finale. Immaginate di non esistere per amici e famiglia (dato che di norma non possiamo sparire anche sul lavoro) per 4-5 mesi. E se ci mettete, come capita spesso, qualche anno prima di passare: 4-5 mesi per 3-4 anni;
  6. Non è sufficiente conoscere bene il vino italiano e/o quello francese, per passare l’esame teorico servono esempi da tutto il mondo;
  7. Non basta sapere l’inglese sommariamente: potrete scrivere l’esame di teoria in italiano (ma molte cose le avrete studiate in inglese…) e l’esame pratico dev’essere scritto in lingua, con una buona precisione lessicale;
  8. Non basta conoscere i vini del mondo ed essere validi degustatori: l’esame richiede massima concentrazione, una preparazione atletica per essere altamente performanti per quattro giorni di seguito. Qualcuno si rivolge a un mental-coach; 
  9. Non c’è nulla di creativo in quello che state facendo. È tutto molto anglosassone, codificato, salvo poi ricevere risposte diverse da ogni Master of Wine di fronte a qualsiasi consiglio su “come passare”; ciascuno è passato a modo suo.
  10. Non sottovalutate nulla, nemmeno il contesto e la tecnologia: andare alla toilette durante l’esame può essere esiziale e se dimenticate il caricabatterie del portatile o il computer vi si inchioda… tornate pure a casa e riprovateci l’anno dopo.
Master of wine

Vero e parzialmente vero dell’essere Master of Wine

Dopo aver conosciuto molti Master of Wine, dopo aver capito cosa porta il titolo e come funziona l’istituto mi permetto alcune considerazioni per inquadrare correttamente queste figure nel panorama vinicolo. Le definizioni giornalistiche dell’IMW sono a volte fantasiose e si passa da “Gotha mondiale degli esperti di vino” al “club più esclusivo” a “massimi esperti internazionali di vino”. Tutte affermazioni vere solo parzialmente.
Intanto non è l’unico “club esclusivo, esiste anche la Court of Master Sommeliers, che conta meno di 300 membri, mentre i Masters of Wine sono 417. Un MW è un grande esperto, non c’è dubbio, ma (concetto che ho sentito più volte anche dall’interno dell’IMW) in senso orizzontale più che verticale, ovvero per passare l’esame pare sia necessario sapere bene un po’ di tutto, ma senza essere specialisti di nulla, perché l’approfondimento dipende dalla preparazione personale. Ad esempio, nell’IMW ci sono esperti di vino italiano (a parte i connazionali, penso a Susan Hulme ad esempio), di Borgogna (Jasper Morris), di Spagna (Sarah Jane Evans e Fernando Mora, rispettivamente giornalista e wine maker). C’è chi è agronomo o enologo e sa poco di commercio e comunicazione, e l’opposto. In questo senso, come scritto, la forza sta nel gruppo, quando ci si prepara, perché si possono scambiare conoscenze utili.

La favola del “Gotha”

Si dice che il titolo MW porti al centro del potere vinicolo mondiale, tant’è che molti produttori italiani auspicavano fortemente l’ingresso del Paese nel club. Per un periodo l’Istituto Grandi Marchi ha sponsorizzato l’IMW e ha agevolato gli studenti italiani, per esempio acquistando vini e organizzando una delle simulazioni d’esame. Ecco questa del “potere” è un’esagerazione, poiché diventare MW è un achievement, un successo personale, non è la cooptazione tra i Savi di Sion. Per fortuna. Non vi sono tavoli di lavoro o sessioni durante le quali i membri di questo Gotha si ritrovano per decidere le sorti del vino.
È un’associazione di professionisti che si riconoscono giustamente per l’enorme preparazione in materia certificata da un esame mostruosamente difficile. Ed è chiaro che essere MW, ma anche solamente studiare per diventare MW, ti consente di creare una rete di conoscenze di enorme valore, con esperti veri. Bisogna però anche considerare che molti MW che ricoprono davvero ruoli strategici, davvero influenti, come ad esempio Jancis Robinson, non frequentano l’Istituto assiduamente. Com’è intuibile, ai seminari, agli incontri di preparazione (i cosiddetti “course days”) partecipa chi ha più tempo libero.
Ed è bene ricordare che non tutti i MW, specialmente nel Regno Unito dove risiede la metà di loro (oltre 200), ricoprono posizioni lavorative rilevanti, molti sono consulenti che organizzano masterclass o compilano carte dei vini. Negli Usa sono circa 60. È evidente, al contrario, che laddove ve ne sono pochi, come in Italia (3) o in Grecia (2) la visibilità e la possibilità di essere ingaggiati per operazioni importanti è maggiore. Anche se, pensando all’Italia, solo Gabriele Gorelli attualmente è un libero professionista, e per questo giustamente gettonatissimo per condurre degustazioni o consulenze varie. In Francia sono 18, ma circa la metà sono di altre nazionalità e vivono in quel Paese per motivi di lavoro.

La scandalosa assenza dell’Italia

Infine, una risposta alla domanda più ricorrente: perché una delle massime istituzioni del vino ha sede in Inghilterra e non nei principali Paesi di tradizione viticola, in Italia ad esempio? La risposta è semplice: perché il commercio internazionale del vino passa (e ancor più passava) di lì, dove si comprano etichette da tutto il mondo. L’IMW nasce settant’anni fa da un esame riservato ai commercianti di vino, che compravano Bordeaux, Borgogna, Champagne ecc. e che di conseguenza dovevano saper scegliere, evitando fregature, in un’epoca in cui anche i vini pregiati si acquistavano direttamente dalle botti. Saper distinguere alla cieca, senza etichetta e confezione, le partite migliori era evidentemente un valore aggiunto.
Poi si è passati all’abilità di saper selezionare le migliori etichette, di saper discerne tra annate differenti. Ma non solo “etichette”, perché molti Masters of Wine, ad esempio i buyer della grande distribuzione, devono comprare partite di vino “in bulk”, sfuso, che attraversa gli oceani in flexitanks, serbatoi flessibili. Quindi, non è scandalosa la scarsa rappresentanza di Italia (o l’assenza del Portogallo ad esempio), perché i nostri sono Paesi esportatori, più che importatori. Per noi sapere come viene prodotto il Beaumes-de-Venise (vino fortificato della Valle del Rodano) o lo Sherry è poco più di una curiosità, per loro è fondamentale, considerato che gli inglesi lo amano, o lo hanno amato, molto.

Come cambia l’IMW

Questa è la domanda più difficile, e la rivolgeremo volentieri ai Masters of Wine, ma è chiaro che l’IMW non è più un club di commercianti di vino. Vi sono rappresentate tutte le professioni del vino, la rete è cresciuta, è sempre più internazionale, ma ricordarne le origini aiuta a spiegare le cose. È soprattutto una rete di conoscenze qualificate, un’occasione per entrare nel mondo del vino dalla porta principale, perché se un MW chiama la Romanée Conti per visitare la cantina (non per comprare una bottiglia, per quello serve un’investitura divina) probabilmente gli aprono la porta.
Battute a parte, queste due lettere sono ancora la garanzia di una solida, seria, ampia conoscenza in materia. Per parte mia, torno a casa arricchito, forse un po’ spoetizzato, perché un certo modo di assaggiare il vino alla lunga sfibra, ma non credo esistano esperienze paragonabili. Ho provato a condividere gli errori da evitare per diventare MW, per sapere come passare l’esame naturalmente dovete chiedere a un MW. Ma non lamentatevi se riceverete una risposta diversa da ciascuno di loro, perché siete stati avvisati.

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© Riproduzione riservata - 08/03/2024

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