Glifosato, il tira e molla continua
Una lunga valutazione condotta in Francia, Paesi Bassi, Svezia e Ungheria sembra indicare che il glifosato, il diserbante più usato in agricoltura, e anche in vigna, non è cancerogeno. Un esito che potrebbe portare ad autorizzare il suo impiego anche oltre la scadenza attualmente prevista del 15 dicembre 2022. Anche i costi sono più alti per chi non lo usa. Ma le alternative esistono. Il punto su un tema scottante.
Fa male alla salute e all’ambiente oppure no? Serve davvero alla viticoltura? Esistono soluzioni alternative per sostituirlo? Il glifosato, il diserbante probabilmente più usato in agricoltura e viticoltura, dove viene impiegato soprattutto per tenere puliti gli interfilari, continua a far discutere. Questa sostanza, sviluppata dalla multinazionale Monsanto, il cui brevetto è però scaduto nel 2011, è impiegata in centinaia di prodotti per l’agricoltura in commercio. E fa bene il suo mestiere, perché è molto efficace nell’eliminare le piante infestanti e costa relativamente poco.
La posizione della Iarc
Da anni si dibatte sulla sua tossicità e, in particolare, sulla possibilità che possa favorire l’insorgere di tumori attraverso l’alimentazione. In particolare, la Iarc, l’Agenzia internazionale per la ricerca sul Cancro, che fa parte dell’Oms, l’Organizzazione mondiale della Sanità, ha classificato il glifosato come “probabile cancerogeno per l’uomo”, inserendolo nel gruppo 2A, che comprende anche, per citare qualche esempio, le carni rosse, i fumi da combustione di legna o da frittura, il mate e in generale tutte le bevande calde consumate oltre i 65 °C, e anche l’esposizione di parrucchieri e barbieri alle sostanze che utilizzano nella loro professione.
L’opinione delle agenzie europee
La posizione della Iarc non è però condivisa dall’Epa (l’agenzia per la protezione ambientale degli Stati Uniti) e dalle agenzie regolatorie europee come l’Efsa (per la sicurezza alimentare) e l’Echa (per le sostanze chimiche). Ora si è da poco conclusa una procedura di valutazione dell’Unione Europea condotta in quattro Paesi, Francia, Svezia, Paesi Bassi e Ungheria, che in un loro rapporto preliminare non segnalano situazioni tali da giustificare l’esclusione del glifosato dal mercato. Con una nota del 23 settembre l’Efsa ha avviato, insieme all’Echa, una serie di consultazioni, che dureranno 60 giorni, per raccogliere studi e dati scientifici sul diserbante. Lo scopo ultimo è decidere se la sostanza potrà essere autorizzata in Europa anche oltre l’attuale scadenza prevista, il 15 dicembre 2022.
Contrasti anche in Italia
Le agenzie europee considerano il glifosato tossico per la vita acquatica e in grado di causare danni seri agli occhi; ma non lo ritengono una sostanza mutagena, in grado cioè di indurre mutamenti del Dna, o carcinogena. Se il suo uso è consentito in Europa, ciò però non impedisce a organizzazioni locali di proibirlo; così ha fatto per esempio nel 2019 il Consorzio di tutela del Prosecco Conegliano Valdobbiadene Docg. Divieto ribadito da Luca Zaia, governatore del Veneto nel 2020 a cui però ha fatto eco, sempre nel 2020, la posizione del presidente di Coldiretti di Pordenone Matteo Zolin, il quale ha dichiarato che «al momento un’alternativa economica al glifosato non c’è. Abbiamo costituito un gruppo di studio interno all’associazione di categoria per valutare il superamento del prodotto, ma oggi tutte le altre strade possibili implicherebbero un aggravio delle spese». Nell’area di Pordenone operano decine di Cantine, molte delle quali, produttrici di Prosecco, continuano a usare il glifosato.
Uno studio francese
Ma davvero l’impiego di questo diserbante produce vantaggi economici così importanti per i produttori? Un recente studio condotto in Francia da ricercatori dell’Università di Montpellier e dell’Inrae, l’istituto di ricerca francese per l’Agricoltura, l’alimentare e l’ambiente, ha valutato tra un minimo di 12 e un massimo di 553 euro per ettaro di vigneto i sovraccosti rispetto all’uso del glifosato richiesti da altri sistemi di diserbimento, come quello meccanico. La ricerca è stata pubblicata lo scorso luglio sulla rivista scientifica “Crop Protection” (è consultabile qui) ed è stata realizzata in previsione di un bando della sostanza, che il governo francese sta comunque considerando tra le proprie opzioni con un suo “exit plan” presentato nel 2018.
Le alternative esistono
Le soluzioni alternative dunque esistono, e sono già utilizzate da molti produttori, soprattutto biologici. Si basano soprattutto su soluzioni meccanizzate, le cui controindicazioni sono la necessità di un’elevata forza lavoro e un grande consumo di carburante, con le relative emissioni. Mentre più conveniente pare l’adozione negli interfilari di colture “di copertura”, cioè di specie erbacee che contribuiscano alla fertilità del suolo e non interferiscano con la vigoria delle viti.
I fattori da considerare
Ovviamente nel considerare opzioni sostitutive del glifosato entrano in campo non soltanto fattori tecnologici, ma anche climatici o geomorfologici. Per esempio la pendenza dei vigneti e la consistenza del terreno, che possono rendere impraticabile l’uso di macchine o sconsigliabili le colture di copertura. Pensare a nuove soluzioni, però, può essere un’opzione interessante per molti produttori. Al di là di un possibile bando del glifosato, questa sostanza ormai fa discutere da troppo tempo. E anche la reputazione di una Cantina e il suo impegno per l’ambiente assumono una forte valenza a livello d’immagine.
Foto di apertura: un vigneto con interfilari non trattati con diserbanti come il glifosato ma con una coltura di copertura. Questa è una tra le soluzioni più praticate dai produttori che mirano a ridurre i trattamenti © K. Würth – Unsplash
Tag: Coldiretti, glifosato, Luca Zaia, Matteo Zolin© Riproduzione riservata - 19/10/2021