Food Food Marianna Corte

Il giusto vino per l’insalata di rinforzo

Il giusto vino per l’insalata di rinforzo

Abbinamenti di Roberto Anesi

 

La domanda è: come sarebbe stata la cena a casa Cupiello se Nicolino e Vittorio non si fossero incontrati? A friggere sarebbe stato il baccalà o solo il capitone? E l’insalata di rinforzo avrebbe avuto o no anche i taralli al finocchietto, che nelle ricette più classiche mancano? Una risposta in sospeso e che ciascuno di noi, di fronte alla commedia Natale in casa Cupiello del grande Eduardo De Filippo, può solo immaginare dando spazio alla fantasia.

Ed è proprio quest’ultima l’ingrediente principale del piatto simbolo della tradizione culinaria delle festività napoletane, e non solo, oggi che i confini del gusto non sono più così definiti.

A Napoli dalla vigilia a San Silvestro

L’insalata di rinforzo è una delle regine gourmet del Natale italiano, una ricetta che trova un corrispettivo nell’insalata russa piemontese; ma se per il piatto piemontese l’abbinamento al calice è semplice, data la sua morbidezza, quando ci si trova di fronte alla versione napoletana anche i più esperti tra i degustatori vacillano, confusi dalla complessità aromatica di questa ricetta della vigilia. Dubbi dovuti certamente alle note acide predominanti, ma soprattutto all’incertezza che regna sulle regole di preparazione. Una libertà confermata proprio dalla moglie di Eduardo, Isabella Quarantotti, che ha raccolto in un volume le ricette dei piatti di De Filippo: Si cucine comme vogli’i’.

Il “pastrocchio” di Eduardo de Filippo

E questo non è solo il titolo del volume (Guido Tommasi Editore), ma è anche l’esortazione della signora Isabella a proposito dell’insalata di rinforzo che, da tradizione, prevede l’aggiunta di ingredienti, dalla sera della vigilia fino alla notte di San Silvestro, a una base di cavolfiore lessato. Da qui deriverebbe anche il nome stesso del piatto, se è vero che “rinforzo” starebbe a indicare l’abitudine di aggiungere ingredienti nuovi ogni giorno: “e il pastrocchio che resta sul fondo costituisce una base saporita per i nuovi arrivi e l’aceto impedisce che l’insalata vada a male”, come si legge nel testo.

L’altra versione

Un’altra versione vuole che questo piatto sia nato per sostenere la magra cena a base di pesce tipica della Vigilia, per cui bisognava creare una pietanza a sostegno del resto. E via di cavolo bollito, condito con acciughe salate, olive verdi e nere, peperoni rossi e verdi, piccanti o dolci, questi ultimi conosciuti a Napoli come papaccelle, giardiniera, il tutto sotto aceto.

Capitone o Baccalà?

La necessità di dover rinforzare una cena di magro, oggi che i parametri salutisti hanno avuto il sopravvento, fa sorridere, considerato il fatto che l’altro indiscusso protagonista della cena della vigilia è il baccalà fritto, in alcuni casi sostituito dal capitone: portata quest’ultima che dà adito a scontri generazionali, con i più giovani che guardano con diffidenza le zeppoline di baccalà unte e saporite e i più maturi che discutono di quanto il baccalà sia troppo salato quando non ha “spugnato” bene. Proprio qui sta il senso dell’insalata di rinforzo, che trova giustificazione nella frittura del pesce al quale viene associata, visto che sarebbe proprio la sua asprezza a fare da contraltare saporito all’untuosità del fritto.

Il vino per l’insalata di rinforzo

Un matrimonio ben riuscito che ha bisogno di un vino che regga la complessità dei gusti e l’importanza dell’occasione di festa. «Prendendo in esame le caratteristiche principali di questo contorno ricco e saporito», sottolinea Roberto Anesi, «possiamo mettere in evidenza due note gustative su tutte: una tendenza acida piuttosto percettibile al palato e una succulenza che induce una salivazione da non sottovalutare. Da segnalare anche la presenza di una buona aromaticità, data dall’uso delle verdure e soprattutto della papaccella, e di una sensazione di sapidità, arricchita e rinforzata grazie all’acciuga». Tutte componenti che sfidano il calice in abbinamento, in un gioco di equilibrio tra salato e acido, per raggiungere l’armonia gustativa attraverso un’etichetta «che faccia del “morbido” il suo biglietto da visita, andando quindi a compensare con la sua avvolgenza tutto il palato», afferma Anesi.

 

Questo articolo è tratto da Civiltà del bere 06/2016. Per continuare a leggere acquista il numero nel nostro store (anche in edizione digitale) o scrivi a store@civiltadelbere.com.
Buona lettura!

 

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© Riproduzione riservata - 30/12/2016

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